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«Come se un voto dato a Boston potesse aiutarci in qualche modo qui.»

«Ti ha davvero messo al comando della sua gente all’interno del laboratorio?»

Kevin sbadigliò. «Sai, quando la festa sarà finita, tu e io dovremo fare un discorsetto molto serio. Nel frattempo, devi mangiare qualcosa. Forse bere perfino un drink. Dopo tutto, sei tu quello che sta pagando per tutto questo.»

«Non ti farò perdere il tuo tempo prezioso, capitano Bee. Questa è solo una chiacchierata amichevole in stile krew.»

«Se vogliamo essere amici, farai meglio a chiamarmi ‘Scubbly’.» Kevin infilò le calze sui piedi arrossati e odorosi di linimento con una serie di smorfie teatrali. «Tu devi per forza sapere perché l’ha fatto, vero? Tu devi essere sempre aggiornato sugli sviluppi, non puoi aspettare domani mattina per saperlo. Be’, perché mi ha fregato, ecco perché. Mi ha appena passato la patata bollente. Vedi, pensa che i Regolatori attraverseranno il confine e ci attaccheranno in forze. Perché è questo che vuole, è questo il suo scopo. I Regolatori faranno a pezzi questo posto e poi subiranno una durissima rappresaglia dai federali.»

«Sembra una mossa azzardata, vero?»

«Ma lui ha organizzato le cose in questo modo. Non è venuto qui perché voleva aiutare i tuoi amichetti scienziati. Tu sei troppo normale, tu non comprendi le priorità di queste persone. Loro vi hanno abbandonato molto, molto tempo fa. Loro non si aspettano né giustizia né ordine dal governo degli Stati Uniti. Non si aspettano neppure che il governo sia sano di mente. L’intero sistema federale si è staccato dalla realtà, è andato alla deriva nello spazio profondo. Loro pensano che il governo sia qualcosa di molto simile al brutto tempo. Bisogna semplicemente sopportarlo.»

«Ti sbagli, Kevin — lo capisco perfettamente.»

«Quando vogliono agire, agiscono per i loro motivi. Gli altri prolet, ecco chi conta veramente. Sono come tribù che vagano in un immenso deserto ostile creato dalle vostri leggi e dal vostro denaro. Ma i Moderatori odiano i Regolatori. Adesso i Regolatori sono forti, fanno paura. Hanno un governatore come loro Grande Capo Segreto. Si sono impadroniti di una base aerea. I Moderatori… tutto quello che hanno sono qualche dozzina di città fantasma e di parchi nazionali.»

Oscar annuì per incoraggiarlo a proseguire.

«E poi sei arrivato tu. All’improvviso c’era la possibilità di impadronirsi del Collaboratorio. È un laboratorio federale, una struttura molto migliore di una base dell’aviazione. Ha grande prestigio. Impadronirsene è un insulto intollerabile al prestigio dei Regolatori, perché è stato il loro grande uomo a costruirlo e lui pensa che sia suo di diritto. Perché lui va pazzo per il gumbo genetico verde e per tutte quelle strane stronzate sulla cognizione. E così è per questo che Burningboy ti ha aiutato. Ed è per questo che adesso se la fila, finché è in tempo. Ha messo una trappola e, ai suoi occhi, noi siamo soltanto un’esca avvelenata.»

«Come fai a sapere tutto questo?»

Kevin aprì un cassetto della scrivania. Ne estrasse un enorme revolver, altamente illegale, e una bottiglia di whiskey. Bevve un sorso di whiskey e poi iniziò a disporre delle scatole di sigari sul ripiano levigato della scrivania. «Perché me l’ha detto lui, è ovvio. Da’ un’occhiata a queste, ti dispiace?»

Kevin aprì la prima scatola di sigari. Era piena di microspie, ognuna dotata di un’etichetta scritta a mano in bella calligrafia. «Sai quanto sia difficile ripulire completamente una struttura? È tecnicamente impossibile, ecco quanto è difficile! Non ci sono dispositivi efficaci contro le microspie — è tutta una stronzata! Ogni microspia di qualità decente semplicemente non può essere individuata, a meno che non si proceda con una perquisizione fisica. E così è quello che ho fatto. Raduno grandi gruppi di Moderatori che non hanno niente da fare e passiamo al pettine ogni superficie concepibile. Queste microspie sono come piattole, sono una maledetta malattia sociale. Qui dentro ne ho trovate alcune vecchie di quattordici o quindici anni. Mi sono fatto una collezione davvero speciale! Da’ un’occhiata!»

«Molto impressionante.»

Kevin aprì la scatola di sigari e la indicò con aria solenne. «Sai cos’è? È il male, ecco cos’è. Ed è un male che noi infliggiamo a noi stessi. Non abbiamo alcuna vergogna, come popolo e come nazione, Oscar. Siamo andati troppo oltre con questa tecnologia, abbiamo perso il rispetto per noi stessi. Perché questi sono i media, cazzo. Sono media malvagi, che servono a spiare. Ma noi li vogliamo e li usiamo lo stesso, perché pensiamo che dobbiamo essere informati. Siamo obbligati a prestare attenzione a tutto. Perfino a cose a cui non avremmo alcun diritto di fare attenzione.»

Oscar non disse nulla. Non era disposto a fermare Kevin quando era in vena di confessioni.

«E così mi sono sbarazzato delle microspie di tutti gli altri. E ho installato le mie. Perché io sono il pirata informatico che è finalmente diventato un super-utente. Qui dentro non ho semplicemente messo sotto sorveglianza i computer, ma l’intero ambiente. Posso accedere a qualsiasi cosa succeda qui, ogni volta che voglio. Sono un poliziotto. Ma sono più di questo. Voglio dire, essere un poliziotto significa tradizionalmente un tizio anglo di razza bianca che impone la sua idea di ordine ai nativi turbolenti; al diavolo, un tempo ogni città americana era così. E, cavolo, mi piace un sacco. Mi piaceva, pensavo che fosse un magia. È incredibilmente interessante, come guardare altre persone che fanno sesso. Ma sai, se lo fai sessanta o settanta volte, ti stufi. Sì, proprio così.»

«Davvero?»

«Oh, si. E c’è un prezzo da pagare. Non sono andato a letto con qualcuno da quando ti ho conosciuto! Perché io sono il Supremo Poliziotto Segreto. Io spavento a morte ogni donna onesta. Quelle disoneste hanno i loro scopi quando fanno sesso con la polizia segreta. E poi, non ho più tempo per le mie esigenze! L’Inquisitore Supremo è troppo impegnato con quelle di tutti gli altri. Devo eseguire controlli verbali su tutti i miei nastri audio. Ogni volta che da qualche parte c’è un incidente, devo visionare tutti i video. Ho delle microspie con le batterie che si stanno scaricando, la gente le trova, le calpesta. Ci sono degli spiriti del male in agguato nei boschi. Sopra le nostre teste volano gli aerei spia del governo. Ci sono ubriachi, bambini smarriti, piccoli furti. Ci sono la sicurezza antincendio e gli incidenti d’auto. E ognuna di queste cose è un mio problema. Tutto. Tutto!»

«Kevin, non è che hai intenzioni di lasciarmi?»

«Lasciarti! Cazzo, io sono nato per questo. Ho realizzato ogni mio desiderio. È solo che mi sto trasformando in un mostro. Ecco tutto.»

«Kevin, per me non sei tanto male. E qui le cose non vanno poi tanto male. Questo non è il caos. La situazione sta reggendo.»

«Certo, sto mantenendo l’ordine per te. Ma non si tratta di legge e ordine, Oscar. C’è ordine, ma non legge. Noi lasciamo che le cose sfuggano al controllo. Lasciamo che divengano imprevedibili Siamo costretti a prendere decisioni ad hoc. Io mantengo l’ordine qui perché sono un tiranno segreto. Ho tutto, tranne la legittimità. Sono una spia, un usurpatore, non ho regole. Non ho freni. Non ho onore.»

«Ma io non posso darti nulla di tutto questo.»

«Tu sei un politico, Oscar. Ma devi diventare qualcosa di meglio. Devi diventare un uomo di stato. Tu devi trovare qualche modo per rendermi un po’ di onore.»

Un telefono squillò nell’ufficio. Kevin emise un gemito, prese un portatile e attivò una funzione di traccia premendo un tasto. «Nessuno dovrebbe avere questo numero» si lamentò.

«Pensavo che ormai avessi sistemato tutto.»

«Il tipico commento di un politico. Quello che ho sono una serie di scorciatoie, server finti e firewall, e non ci crederesti quanti attacchi informatici vengono assorbiti da queste cose.» Esaminò il rapporto sul computer portatile. «Ma cosa diavolo succede?» Rispose a telefono. «Sì?»