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Fece una pausa e rimase attentamente in ascolto per quarantacinque secondi. Oscar colse quell’opportunità per esaminare l’ufficio di Kevin. Era l’ufficio di polizia più improbabile che avesse mai visto. Pinup appese alle pareti, tazze piene di fondi di caffè, maschere rituali, hardware telefonico messo a nudo e inchiodato alle pareti con chiodi da dieci penny…

«È per te» annunciò infine Kevin, poi passò il telefono a Oscar.

Era stato Jules Fontenot a chiamare. Fontenot era infuriato, Non era riuscito a mettersi in contatto con Oscar mediante nessun telefono convenzionale. Alla fine si era ridotto a chiamare il quartiere generale della polizia servendosi di un ufficio del servizio segreto a Baton Rouge. Tutto quel giro lo aveva irritato oltremisura.

«Mi scuso per i sistemi di comunicazione locale, Jules. Da quando sei andato via, sono avvenuti molti cambiamenti. Però è bello avere tue notizie. Apprezzo la tua tenacia. Cosa posso fare per te?»

«Sei ancora furioso con Green Huey?» raspò Fontenot.

«Io non sono mai stato ‘furioso’ con Huey. I professionisti non si arrabbiano mai. Avevo a che fare con lui.»

«Oscar, sono in pensione. E voglio rimanerci. Non avrei mai voluto fare questa telefonata. Ma ho dovuto farla.»

Cosa c’era che non andava in Fontenot? Certo, era il solito Fontenot, ma il suo accento era diventato ancora più pesante. Era come se stesse parlando attraverso un vocoder digitale per il ‘dialetto cajun’.

«Jules, sai che rispetto sempre i tuoi consigli. Il fatto che tu abbia lasciato il lavoro non ha cambiato nulla per me. Dimmi cosa ti preoccupa.»

«I profughi haitiani. Mi capisci? Un campo per gli haitiani?»

«Hai detto ‘haitiani’? Intendi dire a persone di pelle nera, francofone e che vivono nei Caraibi?»

«Sicuro! È gente che fa parte di una setta religiosa di Haiti. Huey ha loro concesso asilo politico e ha costruito un piccolo villaggio modello, nei boschi. Adesso vivono al centro della mia palude.»

«Ti seguo, Jules. Evacuazioni di emergenza, profughi haitiani, asilo politico, lingua francese, è tutto molto tipico di Huey. E allora qual è il problema?»

«Be’, c’è qualcosa. Non è solo il fatto che sono stranieri; stranieri religiosi, rifugiati stranieri, di pelle scura, seguaci del voodoo che parlano creolo. Si tratta di qualcosa di molto più bizzarro di questo. Huey ha fatto qualcosa di strano a quelle persone. Droghe, credo. Forse roba genetica. Si comportano in modo strano… molto strano.»

«Jules, perdonami, ma devo essere sicuro di avere capito bene tutta la faccenda.» Oscar sollevò la mano in silenzio e iniziò a rivolgere gesti frenetici a Kevin — Registra questa conversazione! Apri il tuo portatile! Prendi appunti! «Jules, mi stai dicendo che il governatore della Louisiana sta usando dei profughi haitiani come cavie umane per esperimenti sul comportamento?»

«Non lo giurerei in tribunale — perché non riesco a far venire nessuno quaggiù a dare un’occhiata! Nessuno si lamenta, questo è il problema. Sono i maledetti haitiani più felici di questo mondo.»

«Allora deve trattarsi di qualcosa di neurale. Di qualche tipo di trattamento che altera la mente.»

«Forse. Ma non è simile a nessuna droga che abbia visto o di cui abbia sentito parlare. Non ho le parole per descrivere propriamente la situazione. Semplicemente mi mancano le parole.»

«E tu vuoi che venga e dia un’occhiata con te.»

«Non sto dicendo questo, Oscar. Sto solo dicendo… be’, la polizia di qui è corrotta, la milizia dello Stato è corrotta, il servizio segreto non mi sta più a sentire, e a nessuno importa di questa faccenda. Sono haitiani, vengono da un’isola spoglia, che sta affondando; della loro sorte non importa a nessuno. A nessuno!»

«Oh, credimi, a me importa, Jules. Fidati di me.»

«È più di quello che posso sopportare, ecco tutto. Non riesco a dormire la notte, pensandoci.»

«Sta’ calmo. Hai fatto la cosa più giusta. Sicuramente farò qualcosa. C’è un modo per contattarti? In modo sicuro e confidenziale?»

«No. Non più. Mi sono sbarazzato di tutti i miei telefoni.»

«E allora come posso seguire questa faccenda?»

«Io sono in pensione! All’inferno, Oscar, non fare sapere a nessuno che ho scoperto questa cosa! Adesso vivo qui. Io amo questo posto. Io voglio morire qui.»

«Senti, Jules, lo sai che questo non è giusto. Questa è una faccenda molto seria. O sei dentro, o sei fuori. Non puoi sederti su un muretto e stare a guardare.»

«Okay. Sono fuori.» La linea telefonica divenne morta.

Oscar si girò verso Kevin. «Hai seguito il succo della faccenda?»

«Chi è quel tizio? È pazzo?»

«È il mio ex capo della sicurezza della krew, Jules Fontenot. Si occupava della sicurezza della campagna elettorale di Bambakias. Per caso è un cajun. È andato in pensione poco prima che ti conoscessi, e da allora non ha fatto altro che pescare nei bayou.»

«E adesso ti sta chiamando con una storia incredibile su uno scandalo, e sta tentando di attirarti nei boschi della Louisiana?»

«È così. E io ci andrò.»

«Aspetta un attimo, cowboy. Rifletti. Qual è la cosa più probabile? Che Huey stia mandando avanti dei campi di concentramento nei bayou, o che il tuo ex amico, il cajun, ti ha appena tratto? Questa è una trappola, cazzo. In modo che possano rapirti proprio come hanno provato a fare in precedenza. Ti faranno a pezzi e ti daranno in pasto agli alligatori.»

«Kevin, apprezzo la tua ipotesi. È uno stile di pensiero da guardia del corpo competente, che conosce tutti i trucchi. Ma lascia che ti spieghi la valenza politica della faccenda. Io conosco Fontenot. Era un agente speciale del servizio segreto. Ho affidato a quell’uomo la mia vita — oltre quelle del senatore e dei membri dell’intera krew. Forse adesso sta davvero complottando per rapirmi e assassinarmi. Ma se Huey può trasformare Jules Fontenot, allora l’America come la conosco io ha smesso di esistere. Significherebbe che siamo condannati.»

«E così andrai in Louisiana per investigare su queste panzane che ti ha raccontato.»

«Ma certo. L’unica questione è: come e in quali circostanze. Dovrò riflettere molto seriamente su questo progetto.»

«Okay, allora verrò con te.»

Oscar lo fissò a occhi socchiusi. «Perché dici questo?»

«Per un mucchio di ragioni. Si suppone che io sia la tua guardia del corpo. Io faccio parte della tua krew. Sei tu che paghi il mio stipendio. Io sono il successore di quel tizio, di Fontenot, verso cui provi tanto rispetto. Ma principalmente — perché sono così stufo che tu sia sempre quattro passi avanti a me.» Kevin diede un pugno sulla scrivania. «Guardami, cazzo. Sono un tizio intelligente, furbo, scaltro. Sono un pirata informatico. E sono bravo! Sono una tale leggenda delle rete che riesco a impadronirmi di laboratori scientifici federali. Sono entrato nei Moderatori. Vado perfino in giro con agenti del Consiglio nazionale per la sicurezza. Ma non importa quello che faccio, tu fai sempre qualcosa di ancora più folle. Tu sei sempre almeno un passo avanti a me. Io sono un tecnico, e tu un politico, ma tu pensi sempre meglio di me. Non mi prendi neppure sul serio.»

«Questo non è vero. Io so che tu sei importante! Io ti prendo assolutamente sul serio, capitano Scubbly Bee.»

Kevin sospirò. «Allora, fa’ un po’ di spazio nel retro del pullman della tua campagna, va bene? È tutto quello che ti chiedo.»

«Devo parlare con Greta di questo sviluppo. Lei è la mia esperta di scienza neurale.»

«Giusto. Non c’è problema. Solo un secondo.» Kevin si alzò e zoppicò a piedi nudi fino a un computer da scrivania. Inserì dei parametri. Apparve una mappa schematica del Collaboratorio. La studiò. «Okay. Troverai la dottoressa Penninger nel suo laboratorio supersegreto al quarto piano della divisione Risorse umane.»