«Ormai sono fuori allenamento» si giustificò Fontenot. «Colpa della vita tranquilla che conduco qui. Volete fare colazione?»
«Un’idea eccellente» commentò Oscar. Un pacifico pasto in comune era quello di cui avevano bisogno. Dietro il suo sorriso amichevole, era chiaro che Kevin stava cercando di capire quanto fosse pericoloso Fontenot prima di tentare di piantargli un coltello nella schiena.
«C’è del boudin» annunciò Fontenot, avvicinandosi a un fornelletto da campo nell’angolo. «Vi preparerò una frittata di uova e ostriche.» Oscar osservò con attenzione l’uomo anziano che iniziava a cucinare; aveva un’aria stanca, triste. Dopo un istante, capì perché: il fisico di Fontenot aveva perso la postura rigida ed eretta di quando era stato un agente federale e un poliziotto. La maledizione del lavoro stava finalmente abbandonando Fontenot, allentando la sua presa sulla carne come, una dipendenza da droga in ritirata. Ma quando quella gelida disciplina aveva allentato la sua presa sulle ossa, a Jules Fontenot non era rimasto molto. Adesso era un pescatore con una gamba sola e stranamente invecchiato prima del tempo che viveva in uno sperduto villaggio di pescatori della Louisiana.
La capanna si riempì dell’odore acre delle salsa piccante che friggeva. Il naso di Oscar, adesso sempre sensibile, iniziò immediatamente a colare. Lanciò un’occhiata a Kevin, che stava staccando frammenti di nastro adesivo dai polsi con aria cupa.
«Jules, come va la pesca in questo bayou?»
«È un vero paradiso!» esclamò Fontenot. «I lunker amano alla follia i quartieri sommersi di Breaux Bridge. Il tipico lunker è un pesce che si nutre sul fondo e che apprezza la presenza di qualche struttura nel suo habitat.»
«Non penso di conoscere questa specie… i ‘lunker’.
«Oh, sono stati creati anni fa dai tizi del dipartimento statale per la pesca e gli altri sport. Sai, le inondazioni, l’inquinamento e tutto il resto hanno spazzato via la fauna ittica locale. Il Teche stava avendo grossi problemi con le alghe, gravi quasi quanto la Zona Morta nel Golfo. E così hanno creato questo tipo di pesci aspirapolvere. Si tratta di pesci gatto modificati con geni di tilapia. Fratello, quei lunker diventano davvero grossi. Maledettamente grossi. Mi riferisco a esemplari pesanti quattrocento libbre e con occhi grandi quanto palle da baseball. Vedi, i lunker sono sterili: non fanno altro che mangiare e crescere. Quando quei tizi hanno pasticciato in laboratorio con il loro DNA, hanno potenziato i loro ormoni della crescita. Adesso alcune di quelle bellezze hanno quindici anni.»
«Sembra davvero un’ardita impresa di ingegneria genetica.»
«Oh, tu non conosci Green Huey. Questo è solo l’inizio di quello che ha fatto. Huey si occupa molto delle questioni ambientali. Adesso la Louisiana è un mondo completamente diverso.»
Fontenot servì loro la colazione: omelette d’ostiche e strane salsicce fatte di riso freddo. Il cibo era incredibilmente piccante. Fontenot lo aveva coperto di salsa come se si trattasse dell’elisir di vita eterna.
«La faccenda dei lunker è stata una misura di emergenza. Ma ha funzionato alla grande. Adesso l’emergenza è finita. Senza i lunker questo bayou sarebbe una vera fogna, ma adesso i pesci stanno tornando. Ora stanno lavorando sui giacinti d’acqua, sono riusciti a fare tornare qualche orso nero e perfino qualche coguaro. Non sarà un processo naturale, ma è fattibile. Volete un altro po’ di caffè?»
«Grazie» rispose Oscar. Aveva versato di nascosto la prima tazza macchiata di cicoria in una fessura tra le assi. «Devo confessare, Jules, che ero preoccupato per te, sapendo che vivevi da solo nel cuore dello Stato governato da Huey. Avevo paura che avrebbe potuto rintracciarti e procurarti dei fastidi. Per motivi politici, capisci, a causa del periodo che hai passato con il senatore.»
«Ah, quello. Sì» replicò Fontenot, continuando a masticare con ritmo regolare. «Un paio di quei teppisti della milizia statale sono venuti a ‘farmi qualche domanda’. Io ho fatto loro vedere il mio Heckler and Koch federale e li ho avvertiti che avrei scaricato un intero caricatore nei loro brutti culi, se uno di loro si fosse azzardato ad avvicinarsi di nuovo alla mia proprietà. Da allora in poi non ho più avuto alcun fastidio.»
«Bene» commentò Oscar, usando la forchetta per disturbare con un certo tatto la frittata nel piatto.
«Sai cosa penso?» chiese Fontenot. Non era mai stato così espansivo, ma per Oscar era chiaro che, ormai in pensione, il vecchio era disperatamente solo. «Adesso le persone sono diverse. Gettano la spugna troppo facilmente, non hanno più fegato. Secondo me ha qualcosa a che fare con il crollo del tasso di spermatozoi, dopo tutti quegli avvelenamenti con i pesticidi a base di ormoni. Adesso ci sono tutte queste combinazioni di agenti inquinanti, tutte queste allergie e questi raffreddori da yuppie…»
Oscar e Kevin si scambiarono una rapida occhiata. Non riuscivano assolutamente a capire dove volesse andare a parare il vecchio agente federale.
«Gli americani non vivono più dei prodotti della terra. Non si rendono conto di cosa abbiamo fatto al nostro grande cortile di casa. Non sanno quanto fosse bello un tempo questo posto, prima che lo cementificassero e lo avvelenassero. C’erano un milione di fiori selvatici e ogni tipo di piante e di insetti vissuti qui per milioni di anni… Diavolo, quando ero giovane era ancora possibile pescare qualche marlin. Un marlin! Adesso la gente non sa più neppure cosa sia un marlin.»
La porta si aprì, senza che nessuno bussasse. Apparve una donna di colore di mezza età, che reggeva una borsa di rete piena di cibo in scatola. Indossava sandali di gomma, una larga gonna di cotone, una camicetta a fiori e aveva la testa avvolta in un fazzoletto. Entrò in casa di Fontenot, si accorse improvvisamente della presenza di Kevin e Oscar e iniziò immediatamente a parlare in creolo francese.
«Questa è Clotile» la presentò Fontenot. «Lei è la mia donna di casa.» Si alzò e iniziò a raccogliere le lattine di birra vuote, mentre rispondeva a Clotile in un francese alquanto zoppicante.
Clotile rivolse a Kevin e Oscar un’occhiata irritata, poi iniziò a rimproverare il suo datore di lavoro.
«E questo era il tizio che si occupava alla tua sicurezza?» sibilò Kevin a Oscar. «Questo vecchio relitto?»
«Sì. Ed era anche molto bravo.» Oscar era assolutamente affascinato dalla conversazione che si stava svolgendo tra Fontenot e Clotile. Erano impegnanti in una sorta di minuetto razziale, economico e sessuale, il cui contesto risultava assolutamente incomprensibile per Oscar. Era chiaro che Clotile adesso era una delle persone più importanti nella vita di Fontenot. Il vecchio agente federale la ammirava davvero; in lei c’era qualcosa che lui desiderava profondamente e che non avrebbe mai potuto avere. Clotile era dispiaciuta per Fontenot, era disposta a lavorare per lui, ma non lo avrebbe mai accettato. Erano abbastanza intimi da chiacchierare insieme, perfino da scherzare insieme, ma c’era qualche elemento tragico nella loro relazione che non sarebbe mai scomparso. Era un dramma in miniatura ma intenso, il cui significato, almeno per Oscar, era oscuro come quello di un’opera del teatro Kabuki.
Oscar percepì che la credibilità di Fontenot aveva subito un duro colpo a causa della loro presenza come ospiti. Oscar abbassò lo sguardo sulle maniche ricamate della sua tuta, sui guanti scalcagnati, sul casco peloso. Per un attimo, venne travolto da un intenso choc culturale.
Oscar viveva in un mondo davvero strano. E anche i suoi abitanti erano strani: Kevin, Fontenot, Clotile — e lui stesso, nel suo travestimento, incredibilmente sudicio. Eccoli lì, facevano colazione e pulivano la casa, mentre, ai confini del loro universo morale, il gioco era completamente cambiato. I pezzi si spostavano dal centro alla periferia, facevano il percorso inverso, volavano via dalla scacchiera. Durante la sua vita passata, a Boston, Oscar aveva fatto molte volte colazione con Fontenot, ma erano sempre state colazioni di lavoro, passate a dare un’occhiata ai ritagli stampa e a pianificare la strategia della campagna mentre si sceglieva il melone. Adesso tutto questo sembrava lontano anni luce.