«Non mi importa.»
Lana era sull’orlo della disperazione. «Fai sempre così. Ma perché? Non posso credere che tu abbia avuto il coraggio di vivere con quella giornalista. Stava seguendo la campagna! Qualcuno avrebbe potuto sollevare problemi morali. E prima di lei ci fu quella storia con quella pazzoide che faceva l’architetto… e prima ancora, quella squallida tizia che lavorava nell’amministrazione della città di Boston… Non puoi continuare a comportarti così, rischiando sempre il tutto per tutto. Si tratta di una sorta di impulso irresistibile.»
«Senti, Lana, sapevi che la mia vita sentimentale era un problema fin dal primo giorno che mi hai incontrato. Credimi, ho anch’io i miei principi morali. Ho stabilito di non avere relazioni con nessun membro della krew. D’accordo? Sarebbe sbagliato, si tratterebbe di molestie sul luogo di lavoro, oppure di un incesto. Ma ora sono qui, e il passato è passato. Greta Penninger ha fatto la sua carriera qui, dunque è una persona che conosce a fondo questa struttura. Inoltre, è molto annoiata, e io so che posso arrivare a lei. Perciò abbiamo dei punti in comune. Penso che potremmo aiutarci l’un l’altro a risolvere i nostri problemi.»
«Mi arrendo! Non capirò mai gli uomini. Tu non sai neppure cosa vuoi veramente, giusto? Non sapresti che fartene della felicità nemmeno se ce l’avessi sotto il naso a implorarti di notarla.»
Adesso Lana si era spinta troppo oltre. Oscar la fissò accigliato. «Ascoltami, Lana, quando troverai una qualche forma di felicità che sia in grado di soddisfarmi — di soddisfare me in particolare — allora scrivimi un appunto. Va bene? Nel frattempo, puoi continuare a occuparti dei fiori?»
«Va bene, ci proverò» rispose lei. «Farò del mio meglio.» Lana adesso era arrabbiata con lui, perciò si avviò verso i giardini con andatura impettita. Oscar non poteva farci nulla. Sarebbe tornata alla carica, come sempre. Occuparsi di lui l’aiutava a distogliere la mente dai suoi problemi. Oscar continuò a passeggiare, fischiettando un po’, esaminando la cupa volta del cielo, un cumulo di nuvoloni grigi che incombevano, impotenti, sopra la bolla federale di aria calda e fragrante. Si tolse il cappello, prendendolo per l’orlo netto, perfetto. La vita cominciava finalmente ad andare per il verso giusto. Girò intorno a un cespuglio di azalee in fiore per evitare un’antilope che sonnecchiava.
Di recente aveva eletto quei giardini a suo ufficio privato. Aveva smesso di usare il pullman di Bambakias da quando aveva avuto l’impressione che attirasse troppi tentativi di spiarlo. D’altra parte, dovevano riportare il pullman a Boston al più presto. Era giunto il momento, ormai era inutile continuare a dipendere da quell’equipaggiamento in prestito. Dovevano sbarazzarsi del vecchio pullman e trasferirsi nell’albergo nuovo di zecca. Oscar doveva semplicemente continuare a tenere insieme la krew, evitando che i membri più importanti se ne andassero. Doveva continuare a fare muovere il gregge. Bisognava andare avanti.
Fontenot emerse dalla macchia in fiore e lo scoprì. Con lieve sorpresa di Oscar, Fontenot era perfettamente in orario. Evidentemente la faccenda del blocco stradale in Louisiana stava per risolversi.
L’uomo addetto alla sicurezza indossava un cappello di paglia, una camicia, un paio di jeans e degli stivali di gomma neri. Negli ultimi tempi Fontenot aveva preso un sacco di sole. Sembrava molto più soddisfatto di sé di quanto Oscar l’avesse mai visto.
Si strinsero la mano, controllarono per abitudine che non ci fossero pedinatori e agenti segreti, poi si tranquillizzarono.
«Ti stai guadagnando un bel po’ di credito con questa storia del fallimento della base aerea» esordì Fontenot. «Comunque, ci sono della novità. Se la pressione continua a salire, qualcosa dovrà cedere.»
«Oh, attribuirmi il merito di questa faccenda è un’idea di Sosik. Per il senatore è un passo indietro. Se la situazione sfugge di mano, allora l’esperto capo dello staff potrà sempre usare come capro espiatorio il giovane consulente della campagna, un po’ troppo sconsiderato.»
Fontenot lo fissò con aria scettica. «Be’, non mi è parso di vederlo torcerti il braccio quando hai rilasciato quelle due lunghe interviste… Non so come tu sia riuscito a trovare il tempo per documentarti tanto a fondo sui blackout di energia elettrica e sulla politica della Louisiana.»
«I blackout sono un argomento molto interessante. I media di Boston sono importanti. Io sono molto sentimentale al riguardo.» Oscar si allacciò le mani dietro la schiena. «Lo ammetto, non è stata certo una mossa piena di tatto definire pubblicamente la Louisiana ‘la sorella stramba degli Stati Uniti’. Ma è una verità lapalissiana.»
Fontenot non si curò neppure di controbattere. «Oscar, ultimamente sono stato molto impegnato a cercare dì costruire la mia nuova casa nel modo migliore. Ma occuparsi della sicurezza non è un lavoro che si può fare part-time. Tu continui a pagarmi lo stipendio, ma io ti sto trascurando.»
«Se questo ti crea problemi, perché non fai qualche lavoretto per noi lì, dove stiamo costruendo l’albergo? Da queste parti ha creato molta sensazione. La gente di Buna ci adora.»
«No, ascolta. Poiché presto ci separeremo definitivamente — e questa volta dico sul serio — ho pensato che sarebbe stato meglio eseguire qualche controllo di sicurezza su vasta scala per te. E ho ottenuto dei risultati utili. Tu hai un problema di sicurezza.»
«Sì?»
«Hai offeso il governatore della Louisiana.»
Oscar scosse rapidamente la testa. «Guarda, lo sciopero della fame non riguarda il governatore Huguelet. Lui non è mai stato un problema. Il vero problema sono piuttosto la base aerea che non ha più fondi e le commissioni federali di emergenza. Non abbiamo nominato quasi mai Green Huey in pubblico.»
«Il senatore non l’ha fatto. Ma tu sicuramente l’hai fatto. E più di una volta.»
Oscar alzò le spalle. «Okay, è ovvio che potremmo fare tranquillamente a meno del governatore: è solo un demagogo della peggior specie. Ma non stiamo facendo pressione su di lui. Finché va avanti lo scandalo, se mai, noi siamo alleati di Huey da un punto di vista tattico.»
«Non fare l’ingenuo. Green Huey non la pensa come voi. Non è un politico incline al compromesso, che stringe accordi tattici con l’opposizione. Lui è sempre al centro di un universo tutto suo. Perciò, o sei con lui o sei contro di lui.
«Perché Huey dovrebbe farsi inutilmente dei nemici? Non sarebbe una politica intelligente.»
«Huey si fa dei nemici. Ne gode. Fa parte del suo gioco. È sempre stato così. È un politico scaltro, ma può diventare un uomo davvero pericoloso. Ha imparato a esserlo quando lavorava in Texas per il senatore Dougal.»
Oscar aggrottò le sopracciglia. «Senti, Dougal ormai è uscito di scena. È finito, è acqua passata. Se non fosse in una clinica a disintossicarsi, probabilmente sarebbe in prigione.»
Fontenot si guardò intorno con aria riflessiva e sospettosa. «Non dovresti attaccare Dougal in questo modo mentre sei in un posto costruito da lui. Questo laboratorio è sempre stato il suo progetto preferito. E come Huey, lui lavorava qui. Tu ti stai incamminando sulle orme di Huey. Quando era il capo dello staff del senatore, da queste parti ha torto molte braccia, e ne ha anche spezzata qualcuna.»
«E va bene, hanno costruito questo posto, ma l’hanno costruito già corrotto.»
«Anche altri politici sono corrotti, ma non costruiscono un dannato niente. Il Texas orientale e la Louisiana meridionale alla fine hanno capito come funzionavano le cose e si sono tagliati una bella fetta della torta. Ma in questa parte del paese c’è sempre stata molta corruzione, sempre. Non saprebbero che farsene di un governo onesto. A lungo andare, il vecchio Dougal è caduto male, ma questo è il Texas e i texani amano spremere ben bene i loro vecchi bravi ragazzi prima di seppellirli. Ma Huey ha imparato la lezione da Dougal e non commetterà i suoi stessi errori. Adesso Huey è il governatore della Louisiana, è il capoccia, il boss, lo stregone. Ha a disposizione due senatori federali scelti di persona solo per farsi lucidare le scarpe. Tu stai sparlando di Huey a Boston, ma lui ti sta aspettando al varco a Baton Rouge. E tu gli stai mettendo i bastoni tra le ruote.»