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«E quale sarebbe?» chiese Lana, masticando un pistacchio.

«Il direttore della campagna non dovrebbe mai andare a letto con il candidato.»

«Ma Greta non è un vero candidato» ribatté Lana.

«E io non sto andando davvero a letto con lei» rincarò Oscar.

«Però lo farai» ribatté Donna in tono saggio.

«Dai, servi» insistette Oscar.

Donna distribuì le carte. «Forse ci stiamo preoccupando per nulla. Si tratta soltanto di un’infatuazione passeggera. Lui non può rimanere lì, lei non può andarsene. Un po’ come Romeo e Giulietta, senza quella brutta faccenda del doppio suicidio.»

Oscar la ignorò. «Sei scoperta, Lana.» Lana gettò nel piatto un mezzo euro. La krew giocava sempre a poker con valuta europea. Circolava anche valuta americana, roba di plastica dall’aria fragile, ma la maggior parte delle persone non la accettava più. Era difficile prenderla sul serio quando non era più convertibile all’esterno dei confini degli Stati Uniti. E poi tutte le banconote di taglio maggiore erano imbottite di microspie.

* * *

Corky, Fred, Rebecca Pataki e Fontenot li stavano già aspettando a Holly Beach. Aiutati dalla krew con i loro cataloghi in linea, avevano fatto uno sforzo commovente per migliorare le condizioni della casa sulla spiaggia presa in affitto. Avevano avuto novantasei ore per mettere in ordine quel disastro. All’esterno la casa era rimasta immutata: una ammasso disordinato di scalini scricchiolanti, pali di legno incatramati e portici inclinati e rosi dalla salsedine. Una scatola di gruviera con il tetto piatto.

All’interno, però, la cadente catapecchia di legno era adesso arredata con folti tappeti, tende scelte con gusto, confortevoli termosifoni a petrolio, veri cuscini e lenzuola a fiori. C’erano numerose piccole comodità per riprendersi dal viaggio: cuffie per la doccia, sapone, asciugamani, rose, accappatoi, pantofole. Lorena Bambakias avrebbe avuto comunque da ridire, ma la krew di Oscar aveva lavorato con abilità, riuscendo a cancellare l’impressione di squallore trasmessa dalla casa.

Oscar si infilò nel letto e dormì cinque ore filate; per lui si trattava di un sonno molto lungo. Si svegliò sentendosi rinfrescato e pieno di potenziale non ancora sfruttato. All’alba mangiò una mela che aveva preso dal piccolo frigorifero e andò a fare una lunga passeggiata sulla spiaggia.

Tirava vento e faceva freddo, ma il sole stava sorgendo sulle acque color grigio-ferro del Golfo del Messico, conferendo al mondo una chiarezza invernale. La spiaggia non era certo granché. Poiché il livello dell’oceano era salito di un metro negli ultimi cinquanta anni, la linea costiera marrone era cosparsa di cianfrusaglie che le conferivano un aspetto disordinato, triste. Il sito originario della cittadina di Holly Beach adesso era a molti metri di profondità sotto il livello del mare. Gli edifici erano stati spostati più in alto, in quello che, un tempo, era stato un pascolo per le mucche, lasciando una rete di vecchi marciapiedi pieni di crepe che svanivano tristemente tra le onde.

Ovviamente molti edifici sorti sul bordo del continente non erano stati così fortunati. Capitava spesso di trovare sulle spiagge americane passerelle, intere sezioni di moli, perfino intere case.

Oscar superò un ammasso scintillante di alluminio contorto. I numerosi detriti lo riempirono di una piacevole malinconia. Ogni spiaggia in cui si era recato aveva posseduto la sua ricca collezione di biciclette arrugginite, divani fradici d’acqua, rifiuti medici che affioravano dalla sabbia in modo pittoresco. A suo parere, gli ecologisti fanatici come gli olandesi facevano troppo baccano sugli inconvenienti causati dell’alzarsi del livello delle acque. Come tutti gli europei, gli olandesi vivevano nel passato, non riuscivano ad accettare le nuove realtà globali in maniera pragmatica, sfruttabile.

Sfortunatamente, molte di quelle stesse accuse potevano essere rivolte anche agli Stati Uniti. Oscar meditò cupamente sui sentimenti ambigui che provava mentre evitava accuratamente che la spuma delle onde bagnasse le sue scarpe lucide. Oscar si considerava davvero un patriota americano. Nella parte più riposta della sua personalità, era tanto devoto alla politica americana quanto glielo permettevano la sua professione e i suoi colleghi. Oscar rispettava e apprezzava davvero l’arcaica cortesia del Senato degli Stati Uniti. Gli piaceva il suo aspetto da vecchio club. I lunghi dibattiti, le anticamere, i regolamenti, il senso della dignità e della gravitas personalizzato e pre-industriale… Oscar era convinto che un mondo perfetto avrebbe funzionato come il Senato: un solido regno di antichi vessilli e di pareti rivestite di pannelli di legno scuro, in cui si svolgevano dibattiti intelligenti e razionali all’interno di quella fortezza di valori condivisi. Oscar considerava il Senato degli Stati Uniti come una struttura resistente ed elegante, costruita per durare da architetti della politica che amavano il loro lavoro. Se le circostanze fossero state migliori, era un sistema di cui si sarebbe servito con piacere.

Ma Oscar era un figlio della propria epoca e sapeva di non potersi concedere quel lusso. Sapeva che il proprio dovere era quello di confrontarsi, nel tentativo di padroneggiarla, con la moderna realtà politica. E la verità sulla situazione politica in quell’America era che le reti elettroniche avevano svuotato di significato il vecchio ordinamento, senza essere mai riuscite a creare un altro. L’incredibile velocità della comunicazione digitale, il conseguente appiattimento delle gerarchie, il sorgere di una società civile basata sulle reti e il declino della base industriale si erano rivelati fenomeni troppo esplosivi per potere essere gestiti e controllati dal governo.

Adesso esistevano sedici grandi partiti politici, divisi in fazioni sempre in guerra fra loro e impegnate in incessanti purghe intestine, defezioni e contropurghe. Esistevano città di proprietà privata con milioni di ‘clienti’ in cui le leggi nazionali venivano cordialmente ignorate. Esistevano mafie che stabilivano i prezzi, luoghi di riciclaggio per il denaro sporco e borse valori fuori legge. Esistevano reti nere, grigie e verdi per il superbaratto. Esistevano cliniche gestite da cricche di maniaci dediti alla condivisione degli organi, dove avanzate tecniche mediche erano nelle mani di qualsiasi ciarlatano in grado di scaricare dalla rete un programma di chirurgia. Fiorivano le milizie della rete, che non avevano bisogno di alcuna base fisica. Nell’Ovest del paese c’erano contee in cui intere città si erano vendute a tribù di nomadi, scomparendo semplicemente dalla cartina geografica.

Nel New England c’erano consigli comunali che avevano a disposizione computer più potenti di quelli posseduti un tempo dal governo degli Stati Uniti. Gli staff dei membri del Congresso erano cresciuti a dismisura, fino a trasformarsi in feudi indipendenti. Il ramo esecutivo arrancava in infinite guerre di posizione in un brodo primordiale di acronimi di agenzie, ognuna di esse incredibilmente informata e ansiosa di connettersi e dunque completamente incapace di impostare un programma realistico e di concentrarsi sui propri doveri. La nazione aveva la mania dei sondaggi, che venivano manipolati cinicamente fino ad avere raggiunto il massimo livello tossico di tutti i tempi — i problemi meno importanti creavano furiose coalizioni su un solo argomento e una tempesta di querele automatiche. Il sistema fiscale, mandato in rovina dall’avvento delle reti, aveva perso qualsiasi collegamento con la realtà fisica ed era solitamente aggirato dal commercio elettronico e stancamente sopportato dai cittadini.

Con il consenso domestico frantumato, la sconfitta subita durante la guerra economica contro la Cina aveva consentito ai comitati di emergenza di provocare un caos ancora peggiore. Con la dichiarazione ufficiale che istituiva lo stato di emergenza, il Congresso aveva ceduto il proprio diritto di primogenitura a una sovrastruttura di commissioni esecutive che, in teoria, avrebbero dovuto agire con maggiore celerità. Ma questo atto disperato aveva semplicemente sovrapposto un altro sistema operativo su quello vecchio. Adesso il paese aveva due governi nazionali: quello originale, il governo legale, lento ma non ancora completamente scavalcato, e le decisioni frettolose e sempre più isteriche delle cricche di politicanti che si erano impadronite dei comitati di emergenza.