Poteva diventare un politico di professione: erano una tribù numerosa e prospera. Poteva investire quantità ancora maggiori di energia su problemi perfino più oscuri e impegnativi. Non avrebbe diretto mai più un’altra campagna politica e certamente non sarebbe mai riuscito a conquistare il potere politico, ma, se non si fosse bruciato, avrebbe potuto fare molta strada. E, a fine carriera, nei giorni del suo declino, avrebbe potuto esserci qualche ricompensa piacevole, forse un posto nel gabinetto del governo, oppure un incarico di insegnamento in qualche università…
Lasciò la casa sulla spiaggia, incapace di calmarsi. La portiera del pullman era aperta, ma non ebbe il coraggio di affrontare la sua krew. Allora si recò nell’unica drogheria di Holly Beach, un posto allegramente cadente con i pavimenti non verniciati e il soffitto a travi da cui pendevano vecchie reti da pesca. Un’intera parete torreggiante di lucenti bottiglie di liquore andava dal pavimento al soffitto. Berretti da pesca come souvenir. Lenze e richiami di plastica. Teste di alligatore seccate, spettrali soprammobili scolpiti in Spanish moss e cocco. Cassette semi-illegali dall’aria sciupata — Oscar trovava decisamente irritante che adesso la musica olandese fosse tanto popolare. Ma come diavolo era possibile che un paese in procinto di essere sommerso e con una popolazione minuscola e in via di rapido invecchiamento producesse della musica pop migliore di quella degli Stati Uniti?
Comprò un paio di sandali da spiaggia dozzinali, un impulso all’acquisto assolutamente gratuito. Alle spalle del bancone c’era una ragazzina dai capelli scuri, una tipica abitante della Louisiana. Era annoiata e sola nel negozio freddo e silenzioso e gli rivolse un sorriso abbagliante, un sorriso da salve-attraente-straniero. Indossava un maglione di fattura dozzinale, pieno di bozzi, e una camicia a fiori in cotone manipolato geneticamente piuttosto squallida, ma aveva un carattere affabile ed era graziosa. Le fantasie sessuali, frustrate dalle delusioni di quella giornata, invasero di nuovo la mente di Oscar, questa volta deviate su uno strano binario parallelo. Sì, ragazza dei bayou, sono davvero un attraente straniero. Sono intelligente, ricco e potente. Fidati di me, io posso portarti via da tutto questo. Posso aprire i tuoi occhi al vasto, vasto mondo, camminare con te lungo corridoi dorati dì lusso e potere. Posso darti vestiti eleganti e un’istruzione, posso insegnarti tante cose, rimodellarti nel modo che preferisco. Posso trasformarti in qualcosa di completamente diverso. Tutto quello che devi fare per me è… Non c’era nulla che la ragazza potesse fare per lui. Il suo interesse svanì.
Oscar uscì dalla drogheria con i sandali che aveva acquistato in un sacchetto di carta e iniziò a camminare lungo le strade sabbiose di Holly Beach. C’era qualcosa di tanto ingenuamente volgare e squallido in quella cittadina da conferirle uno strano fascino decadente, una sorta di gotico da relitto marino. Immaginò che in estate Holly Beach divenisse interessante in modo bizzarro: famiglie con cappelli di paglia che chiacchieravano nel dialetto francese della Louisiana, tizi tatuati che accendevano i loro barbecue, uomini che lavoravano sulle piattaforme marine per l’estrazione del petrolio in vacanza che pescavano sogliole da un rivolo. Un cane pezzato lo stava seguendo, annusandogli i calcagni.
Era molto strano incontrare un cane dopo settimane trascorse in un ambiente infestato da kinkajou e caribù. Forse era davvero giunto il momento di arrendersi e di acquistare il suo animale esotico domestico. Sarebbe stato un gesto alla moda, un bel ricordo della sua permanenza nel Collaboratorio. Il suo giocattolo genetico personale. Un animale veloce, carnivoro. Sì, un animale con grandi macchie scure.
Passò accanto alla casa più vecchia della cittadina. L’edificio era così vecchio che non era mai stato spostato; era rimasto sempre lì dov’era stato costruito, anche mentre il livello delle acque dell’oceano continuava ad alzarsi. Un tempo quella casa era sorta solitaria, a grande distanza dalla spiaggia, anche se adesso era quasi sulla riva. Aveva un aspetto bizzarro, come se fosse stata messa insieme in qualche fine settimana dal cognato di qualcuno.
Le tempeste, la sabbia e l’impietoso sole del Sud avevano scrostato tutta la pittura, ma la baracca era ancora abitata. Però non era affittata. Qualcuno viveva lì dentro tutto l’anno. C’erano una casella postale ammaccata e un’antenna parabolica corrosa dalla sabbia sul tetto di metallo, da cui scendeva un cavo tagliato. C’erano tre scalini di legno che conducevano alla porta i cui cardini erano arrugginiti; gli scalini erano alti, venati e scheggiati, mezzi sepolti nella sabbia umida, l’architrave di legno corroso dalla sabbia poteva avere sessanta anni ma ne dimostrava seicento.
Nella luce invernale del tardo pomeriggio Oscar rimase affascinato dai segni che venavano quel legno annerito. Vecchi fori di chiodi marroni. Bianchi escrementi di gabbiano. Ebbe la netta intuizione che li vivesse qualcuno molto anziano. Vecchio, cieco, debole, ormai senza nessuno che gli volesse bene; adesso la famiglia se n’era andata, la storia era finita.
Poggiò il palmo nudo contro il legno riscaldato dal sole. Oscar ebbe un’improvvisa premonizione della propria morte. Sarebbe stata esattamente come quella casa: solitaria, avvizzita. Scalini rotti troppo alti perché lui potesse salirvi di nuovo. La lampeggiante falce della Morte lo avrebbe abbattuto e non avrebbe lasciato nulla, se non vestiti vuoti.
Scosso da quel pensiero, tornò in fretta alla casa sulla spiagge affittata per lui. Greta lo stava aspettando lì. Indossava un giubbotto grigio con un cappuccio e portava un borsone di tela.
Oscar si mise a correre. «Ciao! Mi dispiace di averti lasciato fuori!»
«Sono appena arrivata. Ci sono stati dei blocchi stradali. Non ho potuto avvertire.»
«Non preoccuparti! Vieni dentro, è caldo.»
La precedette sugli scalini e in casa. Una volta dentro, Greta rivolse un’occhiata al proprio abbigliamento con aria scettica. «Qui dentro fa caldo.»
«Sono così felice che tu sia venuta.» Oscar era spaventosamente lieto di vederla, tanto da sentirsi prossimo alle lacrime. Entrò nello squallido cucinino e si versò rapidamente un bicchiere di rugginosa acqua di rubinetto. Ne bevve un sorso, poi si calmò. «Posso offrirti qualcosa?»
«Volevo soltanto…» Greta sospirò e andò a sedersi, ovviamente, sul pezzo di mobilio più brutto di tutta la casa: un’orribile sedia di tessuto acquistata di terza mano. «Non importa.»
«Non hai pranzato. Vuoi darmi il giubbotto?»
«Non volevo neppure venire. Ma voglio essere onesta con te…»
Oscar si sedette sul tappeto, accanto al termosifone, poi si sfilò una scarpa. «Vedo che sei molto scossa.» Si tolse anche l’altra scarpa e incrociò le gambe sul tappeto. «Non preoccuparti, lo capisco perfettamente. È stato un viaggio molto lungo e molto difficile… la nostra situazione è molto difficile. Sono soltanto felice che tu sia venuta, ecco tutto. Sono felice di vederti. Molto felice. Sono addirittura commosso.»
Greta non disse nulla, ma assunse un’espressione cautamente attenta.
«Greta, lo sai che tu mi piaci. Non è così? Dico sul serio. Tra me e te esiste un legame. Non so perché, però voglio scoprirlo. E voglio che tu sia felice di essere venuta qui. Finalmente siamo soli, è un privilegio molto raro per noi, vero? Parliamo a cuore aperto, scopriamo tutte le carte, comportiamoci da buoni amici.»
Greta aveva messo del profumo. Aveva portato un borsone. Chiaramente era in preda a un attacco di panico, ma quegli indizi erano abbastanza rivelatori.