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«E così pensavi che avrebbe perso la partita, è così?»

«Sì, pensavo che avrebbe perso e che poi quella puttana l’avrebbe piantato. E immagino di essere stata convinta che sarei stata lì, ad aspettarlo.» Moira rabbrividì. «Senti, io lo amo, va bene? Mi sono innamorata di lui. Ho lavorato veramente duro per lui. Gli ho dato tutto. Non avrei mai pensato che sarebbe finita così.»

«Mi dispiace molto» replicò Oscar. «In fondo è tutta colpa mia. Non ti ho mai spiegato che volevo davvero che lui diventasse un senatore.»

Moira tacque quando passarono attraverso la folla di pedoni di Commercial Avenue. Gli alberi erano spogli e senza foglie, ma le persone erano impegnate nello shopping natalizio, tutti cappelli, giacconi e stivali da neve, in un turbinio di luci scintillanti.

Infine Moira parlò di nuovo. «Questo è un lato di te che non lasci trasparire quasi mai, non è vero? Sotto quell’abito e quel taglio di capelli sei un vero, sarcastico bastardo.»

«Moira, con te sono sempre stato franco. Non avrei potuto esserlo di più. Sei tu quella che sta mollando. Non stai lasciando lui. Non l’hai mai avuto. Non l’avrai mai. Lui non ti appartiene. È me che stai lasciando. Tu stai lasciando la mia krew. Stai defezionando.»

«Ma tu cosa sei, un paese? Dimentica un attimo te stesso! Io non sto ‘defezionando’.»

Moira lo fissò con occhi ardenti di rabbia. «Lasciami andare! Lascia che io sia un normale essere umano! Questa tua smania di controllare tutti è una vera e propria ossessione. Tu hai bisogno di aiuto.»

«Smettila di cercare di provocarmi. Ti stai comportando in maniera infantile.»

Girarono l’angolo e si ritrovarono in Marlborough Street. Era la strada di casa sua, era dove lui viveva. Era giunto il momento di cercare una linea di attacco più efficace. «Guarda, Moira, sono veramente dispiaciuto per i sentimenti che provi nei confronti del senatore. Le campagne elettorali sono molto intense, a volte fanno fare cose folli alle persone. Ma ormai la campagna è alle nostre spalle e tu devi riconsiderare la tua posizione. Tu e io siamo stati dei buoni amici, abbiamo partecipato a una grande campagna insieme, non dovremmo diventare nemici. Sii ragionevole.»

«Io non sono ragionevole. Io sono innamorata.»

«Pensaci. So che sei fuori dalla mia krew, lo accetto, ma posso ancora facilitarti le cose. Ti ho offerto di ospitarti a casa mia, senza pagare l’affitto. Questo non è forse il gesto di un amico? Se sei preoccupata per il lavoro, possiamo trovare qualcosa presso la sede locale dei democratici federali. Puoi ottenere un posto nel partito durante la bassa stagione. E quando inizierà la prossima campagna, ehi, tu sei stata la portavoce di Bambakias! La prossima volta godrai di un’ottima reputazione, avrai molta influenza. Devi soltanto tenere addosso la gonna.»

«Ti odio per quello che hai appena detto.»

«Dai, non stai dicendo sul serio.»

«Ma certo che dico sul serio. Sei disgustoso. Questa volta sei andato troppo oltre. Ti odio davvero.»

«Te lo sto dicendo per il tuo bene! Lorena sa tutto. Se volevi farti dei nemici, bene, te ne sei fatto uno bello importante. Hai pestato i piedi alla donna sbagliata.»

«E allora? Lo so che lei sa.»

«Adesso Lorena è la moglie di un senatore e sa di te. Se le capiti di nuovo tra i piedi, ti schiaccerà come un insetto!»

Moira scoppiò in una rabbiosa risata latrante. «E cosa conta di fare? Spararmi, per caso?»

Oscar sospirò. «Farà saltare fuori quell’affare del lesbismo al college.»

Moira lo fissò a bocca aperta, con un’espressione di stupore ferito. «Ma non viviamo mica nel ventesimo secolo! Una cosa del genere non frega più a nessuno!»

«Lei farà trapelare la notizia… manipolandola. Nessuno sa fare trapelare le notizie come Lorena. Divulgherà la notizia alla stampa della capitale durante qualche ballo dell’alta società e tu sarai finita come un vampiro sorpreso dalla luce del giorno.»

«Ah, sì? Bene, anch’io ho degli agganci nella stampa e se lei fa fuori me, io farò fuori te. Faccio fuori te e quel genio della tua ragazza!» Gli puntò contro un dito laccato di rosso. «Tu non puoi minacciarmi, stronzo manipolatore. Non mi importa di quello che mi accadrà! Ma posso mandare all’aria i tuoi piani, questo è certo. Non sei neppure umano! Non hai neanche un compleanno! Sputtanerò te e quella brutta racchia della scienziata e quando l’avrò fatto, lei giornerà il rimpianto…. Oh, al diavolo… lei rimpiangerà il giorno in cui ti ha incontrato.»

«Tutto questo è patetico» replicò Oscar. «Hai veramente perso il senno!»

«Io sono forte.» Moira sollevò il mento. «Il mio amore mi ha resa forte.»

«Ma poi su cosa ti stai scaldando tanto? Sono sei settimane che non lo vedi.»

Gli occhi di Moira traboccarono di lacrime trionfanti. «Ci scambiamo messaggi di posta elettronica!»

Oscar emise un gemito. «Adesso basta. Dobbiamo mettere fine a tutta questa faccenda. Tu sei completamente irrazionale! Non ti posso permettere di ricattarmi, in modo da rovinare la carriera dell’uomo che io ho fatto eleggere. È inconcepibile! Va’ all’inferno! Fa’ pure del tuo peggio.»

«Lo farò! Lo farò, contaci pure! Ti annienterò.»

Oscar si fermò di botto sul marciapiede. Moira fece ancora qualche passo, poi si girò di scatto, con gli occhi di una furia.

«Questa è casa mia» indicò Oscar.

«Oh.»

«Senti, perché non entri? Beviamo una tazza di caffè. Lo so che una brutta storia d’amore fa soffrire. Ma tu puoi superarla. Devi semplicemente concentrarti su qualcos’altro.»

«Ma cosa credi, che io sia un manichino di cera?» Moira gli diede una spinta. «Sei un verme.»

Dall’altro lato della strada si udì una forte detonazione. Oscar la ignorò. Aveva un’ultima carta da giocare e pensava che avrebbe funzionato. Se fosse riuscito a portarla dentro casa con lui, Moira si sarebbe seduta e avrebbe pianto. E se avesse pianto, avrebbe confessato tutto. Avrebbe superato la crisi. Avrebbe dato un taglio.

Un’altra forte detonazione. Un grosso frammento di mattone si staccò dall’arco di ingresso della casa. «Diavolo!» esclamò. «Guarda la mia casa!»

Un altro colpo. «Ahi!» gridò Moira. La borsa le era caduta dalle spalle. La alzò e la guardò: era comparso un buco. Moira si girò e fissò l’altro lato della strada. «Mi ha sparato!» si rese conto ad alta voce. «Mi ha sparato nella borsa.»

Un uomo anziano, con i capelli grigi e con un bastone di metallo era immobile sull’altro lato della strada e stava sparando contro di loro con una pistola. Ora era perfettamente visibile, perché i lampioni stradali, messi allerta dal suono altamente illegale delle armi da fuoco, erano ruotati tutti sui loro pali di metallo e lo avevano inquadrato in un torrente di luce.

Due robot della polizia, simili a pipistrelli, si staccarono da un palo di servizio, piombarono verso di lui e quando lo superarono, l’uomo cadde.

Oscar aprì la porta. Entrò subito in casa, allungò un braccio, afferrò un polso di Moira e la tirò dentro, poi sbatté la porta alle loro spalle.

«Sei ferita?» le chiese.

«Ha sparato alla mia borsa!»

Moira tremava come una foglia. Oscar la esaminò attentamente. I collant, la gonna, il cappello, la giacca. Nessun foro, né sangue da nessuna parte.

Le ginocchia di Moira si piegarono d’un tratto e lei cadde sul pavimento. La strada fuori dalla porta si riempì improvvisamente dell’ululato delle sirene.

Oscar appese con cura il suo cappello e si sedette, poggiando i gomiti sulle ginocchia. Era bello essere a casa; era fredda e sporca, ma aveva l’odore di casa sua, era confortante. «Va tutto bene, adesso è tutto finito» cercò di tranquillizzare Moira. «Questa è una strada molto sicura. Quei robot della polizia l’hanno preso. Lasciami accendere il sistema casalingo e potremo dare uno sguardo fuori.»