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Greta ricomparve sulla soglia, evitando il letto d’ospedale mentre due membri della krew lo trasportavano fuori dall’ufficio. La dottoressa entrò e si sedette con aria compunta su una sedia appena solidificatasi.

«Dunque si può usare tutto quello che c’è a disposizione» concluse Bambakias.

«Grazie, senatore» replicò Oscar, afferrando con abilità uno spiedino di pollo teriyaki. «Mi piacciono questi brunch di lavoro.»

«Capisci, tutto cambia troppo in fretta e in modo troppo complesso perché qualsiasi cervello umano possa tenersi al passo.»

«Immagino che è per questo che possiamo sederci sopra!» esclamò Greta.

«Cosa?» chiese Oscar.

«Queste sedie pensano in maniera più veloce di un cervello umano. Ecco perché questa fragile rete di bastoni e di nastri è in grado di trasformarsi in una sedia perfettamente funzionale.» Osservò le loro espressioni sbalordite. «Non stiamo discutendo del design dei mobili? Mi dispiace.»

«Non deve scusarsi, dottoressa» replicò Bambakias. «Questo è il mio rimpianto maggiore. Avrei dovuto continuare a fare l’architetto; almeno sarei servito a qualcosa. In quel campo, ero in grado di realizzare i miei progetti, capite? Un senso della struttura davvero moderno… questo avrebbe potuto essere il mio monumento. Avrei potuto fare cose meravigliose… Dottoressa, quella sua vecchia cupola di vetro in Texas è indietro di vent’anni. Attualmente potremmo creare una cupola dieci volte più grande con della paglia e quattro spiccioli! Potremmo rendere il suo piccolo, triste museo vivo e fiorente — potremmo trasformare quell’esperimento nella realtà quotidiana. Potremmo integrare il mondo naturale nella sostanza delle nostre città. Se sapessimo come usare il nostro potere correttamente, potremmo fare passare mandrie di bisonti attraverso le nostre strade. Potremmo vivere in un Eden, in pace con i lupi. Dovremmo avere soltanto abbastanza buon senso e l’intuizione di quello che siamo e di ciò che vogliamo.»

«Mi sembra una prospettiva meravigliosa, senatore. Perché non cerca di realizzarla?»

«Perché siamo un branco di ladri! Siamo passati direttamente dalla barbarie alla decadenza, senza neppure creare un’autentica civiltà americana. Adesso siamo stati sconfitti, e questo ci dispiace. I cinesi ci hanno rifilato una solenne batosta durante la guerra economica. Gli europei hanno applicato politiche ragionevoli e sostenibili sulla popolazione e la crisi meteorologica. Ma noi siamo una nazione di dilettanti, governata da mercenari da quattro soldi, da relitti di un sistema defunto. Siamo tutti corrotti! Siamo tutti egoisti e corrotti!»

Oscar decise di intervenire. «Lei non è un criminale, Alcott. Dia un’occhiata ai sondaggi. La gente è dalla sua parte. Lei è riuscito a conquistare la loro immaginazione. Si fidano delle sue intenzioni, la appoggiano.»

Bambakias ricadde con violenza sulla sedia, che emise un ronzio allarmato. «Allora dimmi una cosa» ringhiò. «Che ne dici di Moira?»

«Perché dobbiamo discutere di questo argomento?» chiese Oscar.

«Moira è in prigione, Oscar. Spiegami la situazione. Vuoi spiegarla a tutti?»

Oscar continuò a masticare educatamente. Nella stanza era calato un silenzio mortale. Un mosaico mobile — un labirinto di losanghe dalle eleganti sfumature — aveva ricoperto le vetrate, alterando delicatamente la luce del giorno.

Oscar indicò una trasmissione di rete. «Per favore, potremmo sentire quel servizio? Alzate l’audio.»

Uno dei membri di Bambakias rispose: «È in francese.»

«La dottoressa Penninger parla francese. Dottoressa, mi aiuti a tradurre quel servizio.»

Greta si girò verso lo schermo. «È un servizio su una defezione» tradusse. «Stanno parlando di una portaerei francese.»

Bambakias emise un gemito.

«Il ministero degli Esteri francese ha emesso un comunicato,» proseguì Greta in tono incerto «qualcosa su degli ufficiali americani… Jet da guerra elettronica… Due piloti dell’aeronautica hanno fatto atterrare i loro velivoli su una portaerei francese, al largo nel Golfo del Messico. Hanno chiesto asilo politico.»

«Lo sapevo!» esclamò Oscar, gettando il tovagliolo sul tavolo. «Sapevo che Huey aveva degli infiltrati. Vedete, adesso arriva il bello. Questo è uno sviluppo importante, fondamentale.»

«Oh, ma questa è una cosa gravissima» gemette Bambakias. Aveva assunto un colorito cinereo. «Questa è l’indegnità finale, la catastrofe suprema. Questa è davvero la fine.» Deglutì rumorosamente. «Sto per vomitare.»

«Aiutate il senatore!» ordinò Oscar balzando in piedi. «E fate venire subito qui Sosik.»

Bambakias svanì in un gruppo di membri della krew in preda al panico. La stanza si svuotò in un lampo, come una carrozza della metropolitana di Tokyo. Oscar e Greta si ritrovarono improvvisamente da soli.

Oscar osservò lo schermo. Uno dei disertori americani era appena stato inquadrato dalla telecamera. L’uomo aveva un aspetto familiare: aveva un’aria assolutamente cinica ed era estremamente sbronzo. Oscar si ricordò di averlo conosciuto: era l’ufficiale addetto alle relazioni pubbliche della base aerea della Louisiana. Stava pronunciando in tono stanco una dichiarazione preconfezionata, con sottotitoli in francese. «Che mossa geniale! Huey ha messo il suo cavallo di Troia nella mani degli agenti segreti francesi. I francesi nasconderanno quegli aviatori corrotti in qualche cripta di banca a Parigi. Non sentiremo mai più parlare di loro. Hanno venduto il loro paese e adesso quei figli di puttana faranno vita da nababbi.»

«Un’interruzione davvero provvidenziale» commentò Greta. Stava ancora mangiando, usando le bacchette con la precisione di un chirurgo. «Il senatore ti aveva inchiodato. Non riesco a credere che tu abbia avuto il coraggio di usare quel trucco.»

«In effetti, ho sempre tenuto d’occhio lo schermo, nel caso avessi avuto bisogno di una mossa diversiva.»

Greta assaggiò il dim sum e gli rivolse un sorriso scettico. «No, stai mentendo. Nessuno può fare una cosa del genere.»

«Io sì. Lo faccio ogni giorno.»

«Be’, comunque non riuscirai certo a distrarre me. Cos’era quella faccenda di Moira? Deve trattarsi di qualcosa di molto brutto, l’ho capito subito.»

«Moira non è un tuo problema, Greta.»

«Ah! Nessuno da queste parti si occupa dei miei problemi.» Si accigliò, poi versò un altro po’ di salsa di soia sul dim sum. «Però qui si mangia benissimo. Il cibo è incredibile.»

«Mi occuperò io dei tuoi problemi. Non li ho dimenticati. Li ho messi da parte per un istante, mentre tentavo di fare mangiare quel poveretto.»

«È un peccato che tu non sia riuscito anche a farglielo tenere dentro.» Greta sospirò. «Questa storia mi ha aperto gli occhi. Non avevo alcuna idea su quello che potevo aspettarmi dal tuo senatore. Avevo immaginato che sarebbe stato come te.»

«E questo cosa significa esattamente?»

«Oh… un mercenario politico ultraricco, machiavellico e pronto a catturare l’attenzione degli elettori con qualsiasi mezzo. Ma Alcott non è assolutamente così! Alcott è un vero idealista. È un patriota! È una tragedia che sia clinicamente depresso.»

«Tu credi davvero che il senatore sia clinicamente depresso?»

«Ma certo che lo è! È ovvio! Ha ceduto sotto la tensione dello sciopero della fame. E quel tremito mioclonico delle mani è provocato da una dose eccessiva di anoressizzanti neurali.»

«Ma dovrebbe avere smesso di prendere quelle pillole da molto tempo.»

«Allora deve averle prese in segreto. Un comportamento tipico di questo tipo di sindrome. Quelle ripetute affermazioni sulla sua cosiddetta colpevolezza, quell’ossessionante e assurdo senso di colpa… È sicuramente molto depresso. Poi, quando con un trucco lo hai indotto a mangiare, è entrato nello stato maniaco. Ciò di cui soffre è assolutamente lampante! Dovreste sottoporlo a degli esami clinici per stabilire se soffre di deficienze cognitive.»