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«Oh» mormorò Fred. «Giusto. Non c’è problema, Oscar.»

Oscar e la signorina Willis scesero a pianterreno e attraversarono l’atrio, in cui filtrava l’eco di musica da ballo olandese. «Senza, dubbio è un bell’albergo» commentò Willis.

«Grazie. Forse le piacerebbe trascorrere qui il fine settimana.»

«Con il mio stipendio? Non posso certo permettermi un posto di classe come questo.»

«Se sarà discreta su questo piccolo incidente, signorina, le regalerò un soggiorno di tre giorni con il servizio in camera, insieme a qualsiasi ospite decida di portare.»

«Cavolo, è un’offerta molto generosa. Questa Gretel deve significare molto per lei.» Willis lo condusse attraverso il vialetto asfaltato, poi uscirono sulla strada. Un’ambulanza bianca delle dimensioni di una limousine era in attesa sotto i pini, con i fari accesi e la portiera del guidatore aperta. Willis salutò con un gesto l’autista, che le restituì il saluto con evidente sollievo.

«La donna è nel retro dell’ambulanza, su una barella» annunciò Willis. «È una frattura abbastanza seria. Vuole un buon consiglio, compadre! D’ora in poi, dica alle sue dannate fidanzate di non andarsene in giro al buio.»

«Sono sicuro che si tratta di un buon consiglio» commentò Oscar. Salì sul paraurti e guardò nell’ambulanza. Greta era sdraiata su una barella, con le mani dietro la testa.

Willis poggiò la mano sul sedere di Oscar e gli diede una brusca spinta. Oscar cadde barcollando nell’ambulanza e Willis chiuse immediatamente le doppie porte. L’interno del veicolo divenne nero come una tomba.

«Ehi!» esclamò Oscar.

Il veicolo scese dal marciapiede e si allontanò con un violento ballonzolio delle sospensioni.

«Greta» chiamò Oscar. Nessuna risposta. Scivolò nell’oscurità al suo fianco, allungò una mano. La mano, procedendo a tentoni, toccò un qualche punto dello sterno della donna. Era priva di sensi. Ma era viva: respirava.

Oscar prese in fretta il telefono. Non provò alcuna sorpresa, con suo grande rammarico, quando scoprì che non riceveva alcun segnale. Ma il fievole bagliore dello schermo del telefono fu sufficiente a fargli distinguere, sia pure confusamente, l’ambiente circostante. Avvicinò il telefono al viso di Greta. Era davvero svenuta — e per buona misura le avevano incollato una membrana adesiva sulla bocca. Le mani erano bloccate con manette di plastica della polizia. Ovviamente non c’era nulla che non andasse nella sua caviglia.

Il retro dei veicolo somigliava a un’ambulanza, ma soltanto a un’occhiata superficiale. C’era qualche barella ammaccata di seconda mano, ma non c’era alcun equipaggiamento di supporto vitale. Non aveva finestrini. A giudicare dal modo in cui affrontava le curve, la falsa ambulanza era rivestita di metallo solido come una cripta di una banca. Lo avevano attirato in un thermos corazzato, lo avevano chiuso dentro e poi erano partiti.

Alla luce del telefono, servendosi delle unghie, Oscar staccò lentamente il bavaglio dalla bocca di Greta. Poi diede alle sue labbra silenziose un bacio guaritore. All’interno di quella cripta in miniatura non c’era alcun riscaldamento. Il corpo di Greta era freddo. Oscar si sdraiò sulla barella accanto a lei e la abbracciò. La tenne stretta, facendo penetrare il calore nel suo corpo. Scoprendo quanto le volesse bene, si spaventò. Era così umana. Così indifesa.

Erano stati rapiti. Era così semplice. Avevano dato un po’ troppo fastidio a qualcuno, avevano fatto perdere la pazienza a qualche giocatore profondamente malvagio. Adesso erano diretti verso qualche cimitero di un assassino. Sarebbero stati torturati, umiliati e seppelliti con delle pallottole alla nuca. Sarebbero stati gassati, fatti a pezzi e cremati. Vili e disgustosi individui avrebbero guardato i video delle loro morti lente e segrete.

Oscar si alzò dalla barella. Poggiò la schiena sul pavimento e iniziò a prendere a calci la paratia anteriore. I suoi calci scrostarono la vernice, misero a nudo uno strato di plastica porosa e colpirono una parete di ferro solido. Adesso la bara ambulante iniziò a produrre una serie di tonfi, simili a colpi di tamburo. Era già un progresso. Oscar continuò a sferrare calci, con maggiore entusiasmo.

Un altoparlante si attivò con un crepitio da qualche parte nel retro del compartimento. «Per favore, vuoi smetterla di fare rumore?»

«E cosa ci guadagno?» replicò Oscar.

«Tu non vuoi che diventiamo duri, compadre» minacciò la voce. Era Willis. «Sai, soltanto perché tu non puoi vedere noi, questo non significa che noi non possiamo vedere te. Possiamo vedere ogni dannata mossa che fai lì dietro. E francamente, vorrei che non palpassi la mercanzia mentre è priva di sensi. È davvero disgustoso.»

«Voi pensate che io qui dietro sia inerme — ma ho ancora delle possibilità. Potrei soffocarla a morte. Potrei dire che siete stati voi.»

Willis rise. «Gesù, ma lo sentite? Ascolta, vato — tenta una mossa stupida e noi riempiamo il compartimento di gas stordente. Per favore, vuoi rilassarti lì dietro? Non siamo noi il tuo problema. Noi non ti faremo nulla. Siamo soltanto il tuo corriere.»

«Io ho molti soldi» replicò Oscar. «Scommetto che vi piacerebbe averne un po’.»

Non vi fu alcuna risposta.

Oscar riportò la propria attenzione su Greta. Le frugò nelle tasche, non trovando nulla di utile per forare il metallo solido. Tentò di sistemarla in una posizione più comoda. Le sollevò i piedi, le riscaldò i polsi legati, le massaggiò le tempie.

Dopo mezz’ora, Greta emise una serie di gemiti e si svegliò.

«Mi sento così stordita» gracchiò.

«Lo so.»

Greta si agitò e tese la braccia; i polsi si bloccarono con un sibilo di plastica. «Oscar?»

«Siamo stati rapiti.»

«Oh. Va bene. Adesso ricordo.» Greta si schiarì la mente. «Mi hanno detto che ti eri fatto male. Che avevi bisogno di vedermi al tuo albergo. E così quando ho lasciato la cupola, loro mi hanno… rapito.»

«La stessa cosa è accaduta anche a me» rivelò Oscar. «Ci hanno usato come esca l’uno per l’altro. Avrei dovuto essere più sospettoso, almeno immagino. Ma come diavolo si fa a vivere in questo modo? È impossibile prevedere qualcosa del genere. Un rapimento è un atto assolutamente stupido. È una mossa così strana.»

«Cosa ci faranno?» chiese Greta.

Oscar si sforzò di mostrarsi allegro. Si era già dovuto riprendere da un nero pozzo di disperazione e terrore, ed era giustamente ansioso che Greta non replicasse quell’esperienza. «Non posso davvero dirtelo, perché non so ancora chi siano. Ma non ci hanno fatto del male, dunque devono volere qualcosa da noi. Si sono dati un bel po’ di fastidio con il travestimento, l’ambulanza e tutto il resto. Questo non è il solito gruppo di assassini fuori di testa.» Alzò la voce. «Ehi! Salve! Vi dispiacerebbe dirci cosa volete da noi?» Non vi fu alcuna risposta. Oscar non si era fatto alcuna illusione.

«Loro possono sentire tutto quello che diciamo» lo avvertì Greta. «Ovviamente ci hanno messo addosso delle microspie.»

«Be’, ma possono anche vedere tutto quello che facciamo? Qui dentro è buio pesto.»

«In effetti, possono farlo. Penso che abbiano delle telecamere a infrarossi.»

Greta rifletté su quella risposta per qualche istante. «Ho una sete terribile» dichiarò infine.

«Mi dispiace.»

«Questa è una follia» si lamentò Greta. «Ci uccideranno, vero? Questo è un vero disastro.»

«Greta, si tratta soltanto di un’ipotesi.»

«Ci stanno portando ad ammazzarci, come dei gangster. Poi ci scaricheranno per strada. Molto presto morirò.» Sospirò. «Mi sono sempre chiesta cosa avrei fatto, se avessi saputo di essere sul punto di morire.»