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«Qual è il piano?» chiese.

«Abbiamo il vantaggio della sorpresa» affermò Oscar. «E dovremo sfruttarlo fino in fondo.»

«Quando posso tornare al laboratorio? Voglio davvero tornare lì.»

«Ci andremo. Ma quando ci andremo, dovremo farlo in forze. Dovremo attaccare il Collaboratorio e impadronircene con la forza.»

Pelicanos fissò Oscar come se fosse impazzito. Greta si strofinò le braccia intirizzite e assunse un’aria seria, quasi preoccupata.

«Questo sì che è parlare!» esclamò Kevin, alzando il pugno.

«È fattibile» spiegò Oscar. Aprì la portiera e uscì nel freddo vento invernale. «So che sembra una pazzia, ma riflettete un istante: Greta è ancora il direttore legittimo. I poliziotti del Collaboratorio non sono truppe d’élite, sono soltanto un mucchio di burocrati.»

«Ma non puoi chiedere alla gente del laboratorio di attaccare la polizia» protestò Greta. «Non lo faranno mai. E illegale, è immorale, non è etico, né professionale… e poi, è molto pericoloso, vero?»

«In effetti, Greta, sono assolutamente sicuro che ai tuoi scienziati piacerebbe picchiare qualche poliziotto, ma capisco cosa vuoi dire. Ci vorrebbe troppo tempo per convincere quegli innocui intellettuali a pestare chiunque. E la mia piccola krew non è certo fatta di combattenti di strada anarchici. Ma se non riusciamo a ripristinare l’ordine nel laboratorio, e subito, entro oggi, allora la tua amministrazione è condannata. E anche il tuo laboratorio è condannato. Dunque dobbiamo correre il rischio. Questa crisi richiede una soluzione drastica. Dobbiamo impadronirci fisicamente di quella struttura. A questo punto, abbiamo bisogno di disperati duri, rivoluzionari e pronti a tutto.» Oscar respirò profondamente. «E così andremo in quel mercato e assolderemo qualche pistolero.»

Abbandonarono l’auto nuova di zecca di Pelicanos per ragioni di sicurezza e si stiparono nel rottame di Kevin, privo di targhe. Poi partirono.

La prima sfida che dovettero affrontare fu un blocco stradale dei Moderatori, a sud di Canton. I prolet texani li fissarono con curiosità. Oscar portava il cappello sghembo, ma anche così nascondeva a stento il taglio alla testa coperto da una benda. Kevin aveva la barba lunga ed era molto nervoso. Greta aveva le braccia incrociate per nascondere i segni lasciati dalle manette. Pelicanos aveva l’aria di un becchino.

«Venite da fuori lo Stato?» chiese un Moderatore. Era un ragazzo anglo con le lentiggini, i capelli azzurri, cuffie, otto collane di perline di legno, un telefono cellulare e una giacca di pelle di cervo con le frange. Le gambe erano infilate dalle ginocchia in giù in giganteschi stivali mukluk di pelo artificiale.

«Yo!» lo salutò Kevin, rivolgendogli tutta una serie di segni segreti di riconoscimento.

Il Moderatore fissò i gesti di Kevin con aria divertita. «Ma voi siete mai stati in Texas prima?»

«Abbiamo sentito parlare del mercato delle pulci di Canton» gli assicurò Kevin. «È famoso.»

«Potrei avere una tariffa di parcheggio pari a cinque dollari, per favore?» Il Moderatore intascò il denaro di plastica e appiccicò un adesivo sul loro parabrezza. «Seguite i bip dell’adesivo, vi condurrà alla vostra piazzola. Divertitevi alla fiera!»

Entrarono a bassa velocità nella città. Canton era una normale cittadina del Texas orientale con modesti edifici a due o tre piani: drogherie, cliniche, chiese, ristoranti. Le strade erano affollate di pedoni vestiti in modo bizzarro. La folta folla di prolet sembrava ben organizzata; I prolet ignoravano tranquillamente i semafori della città e si muovevano in ondate ritmiche, attraversando la città in una gigantesca danza popolare.

Kevin parcheggiò sotto un pino in un pascolo reso marrone dall’inverno e lasciarono l’auto. C’era il sole ma soffiava un vento freddo proveniente dal Nord. Si unirono a una piccola folla e raggiunsero il mercato.

Il vasto spiazzo in cui si svolgeva il mercato era dominato dalle antenne di plastica di torri di trasmissione artigianali per i telefoni cellulari. Nugoli di piccoli aeroplani ronzavano nel cielo. I rifugi più grandi erano enormi tendoni da circo polarizzati, fatti di fogli di plastica traslucida con un odore strano montati su pali alti e sottili.

Kevin comprò quattro paia di auricolari da un venditore seduto su una coperta. «Ecco, metteteli.»

«Perché?» chiese Greta.

«Si fidi di me, so come vanno le cose in un posto del genere.»

Oscar sistemò l’auricolare nell’orecchio sinistro. Il dispositivo emise un basso gorgoglio, lo stesso rumore che avrebbe potuto produrre un bambino di tre anni perfettamente felice. Fino a quando si muovevano con la folla, il lieve mormorio rimaneva nel loro orecchio, una presenza stranamente rassicurante, come l’amico immaginario di un bambino. Tuttavia, se Oscar disturbava il flusso della folla — se in qualche modo non capiva un’indicazione — il suono assumeva un tono querulo. Se avesse intralciato il passaggio troppo a lungo, l’auricolare avrebbe iniziato a piangere.

Da qualche parte un sistema informatico stava mappando il flusso di esseri umani e li controllava inviando loro quei gentili indizi. Dopo alcuni istanti, Oscar si dimenticò semplicemente di quei lievi mormorii; li percepiva ancora, ma a livello inconscio. L’esortazione non verbale era così infantilmente insistente che obbedirle diveniva quasi istintivo. Ben presto i quattro si mossero per evitare la folla prima ancora che qualsiasi folla potesse comparire. Tutti indossavano gli auricolari e così un computer si occupava di distribuire gli umani come un vento avrebbe fatto con delle farfalle.

Il mercato era pieno di persone, ma la folla era innaturalmente fluida. Davanti a tutte le bancarelle che vendevano roba da mangiare c’erano file brevi e ordinate. I bagni non erano mai affollati. I bambini non si perdevano mai.

«Andrò a trovare qualcuno con cui possiamo parlare seriamente» annunciò loro Kevin. «Quando avrò preso accordi, vi chiamerò.» Si girò e si allontanò zoppicando.

«Ti aiuto» si offrì Oscar, raggiungendolo.

Kevin si girò verso di lui con un’espressione tesa. «Senti, io sono il tuo capo della sicurezza, o no?»

«Ma certo che lo sei.»

«Questa è una questione che riguarda la tua sicurezza. Se vuoi aiutarmi, tieni d’occhio la tua ragazza. Assicurati che questa volta non te la porti via nessuno.»

Oscar era irritato di essere considerato persona non grata nelle macchinazioni private di Kevin. D’altra parte, l’ansia di Kevin era ragionevole — perché Oscar era l’unico uomo in quella folla di migliaia di persone che indossava un costoso coordinato formato da vestito, cappello e scarpe. Oscar spiccava nettamente tra quella gente.

Si girò a guardare da sopra la spalla. Greta era già svanita.

Localizzò immediatamente Pelicanos e, dopo quattro minuti sempre più angosciosi, riuscirono a trovare Greta. In qualche modo era finita in una lunga fila di tende e di tavoli, su cui erano esposte quantità incredibili di equipaggiamenti elettronici di seconda mano.

«Perché te ne stavi andando in giro da sola?» le chiese Oscar.

«Io non sono andata da nessuna parte! Sei stato tu ad andartene in giro.» Greta fece passare le dita su un vassoio di ottone poco profondo pieno di sonde non conduttive.

«Dobbiamo rimanere insieme, Greta.»

«Immagino che sia stata colpa del mio piccolo amico qui» commentò Greta, toccando l’auricolare. «Non mi sono ancora abituata.» Vagò con occhi luccicanti fino al tavolo successivo, su cui erano poggiate scatole colme di cavi multicolori, prese, scatole di montaggio, adattatori modulari.

Oscar esaminò una scatola di cartone piena di prese elettriche. La maggior parte erano di plastica, di un bianco giallastro, ma altre erano opera dei nomadi. Sollevò una delle prese dalla scatola e la studiò. Era stata ricavata da erba tritata. La cellulosa trattata era leggera ma rigida, con una grana composita, sembrava una pessima colazione a base di cereali ricchi di fibre.