Greta era affascinata e anche Oscar, suo malgrado, si lasciò coinvolgere. Non si era reso conto che i nomadi fossero diventati artigiani tanto abili. Diede un’occhiata su entrambi i lati del corridoio. Erano interamente circondati dai detriti delle industrie informatiche e telefoniche dell’America, ormai defunte; spazzatura senza il minimo valore etichettata con slogan promozionali dimenticati da molto tempo. ‘Appena usciti: Strata Vie e XIIe!’ C’erano programmi incredibilmente obsoleti che nessun essere umano sano di mente avrebbe mai impiegato. Pile di cartucce a getto d’inchiostro per stampanti non esistenti. Mouse e joystick non ergonomici, garantiti per erodere lentamente i tendini del polso… E quantità fantastiche di software, il suo ‘valore’ fittizio annullato dall’ultima guerra economica.
Ma questa non era neppure la parte più strana. No, la parte più strana era che nuovi manufatti nomadi si stavano infiltrando vigorosamente in quella giungla di antiche cianfrusaglie. Stavano creando nuovi oggetti, perfettamente funzionanti, che non erano residui commerciali, ma sinistre parodie di spazzatura commerciale, create mediante metodi nuovi, non commerciali. Dove un tempo c’erano stati costosi prodotti in plastica con le loro superfici lucide, adesso c’erano paglia e carta. Dove un tempo erano esistiti gli impiegati, adesso c’erano fanatici disoccupati con un equipaggiamento a poco prezzo, reti informatiche complesse e tutto il tempo del mondo. Dispositivi un tempo molto costosi e adesso commercialmente inutili stavano lentamente e silenziosamente venendo sostituiti da dispositivi quasi identici, anch’essi non commerciali, ma nuovi di zecca.
Un tavolo che offriva microspie che utilizzavano le frequenze radio stava facendo affari d’oro. Un uomo e una donna con delle alte acconciature e i volti adorni di pitture stavano orgogliosamente vendendo l’intera gamma dell’industria dello spionaggio, registratori da fissare al corpo, torce elettriche, tenaglie tagliafili, fili di massa, spugne adesive, trapani, forcipi dentali e una scatola dopo l’altra di microspie grandi quanto un’unghia. Chi tranne i nomadi, disoccupati permanenti, avrebbe avuto il tempo libero a disposizione per ascoltare pazientemente, collezionare e scambiarsi frammenti succosi di qualche dialogo captato da quelle microspie? Oscar esaminò una scatola di plastica piena di chiavi fisse con camma esagonale.
«Proviamo con l’altra fila» lo esortò Greta, gli occhi luccicanti e i capelli scompigliati. «Sono tutti prodotti medici!»
Scivolarono in un reame parallelo di quel commercio di zombi. Lì i tavoli erano pieni di forcipi emostatici, forbici chirurgiche, pinze vascolari, guanti di plastica sigillati sottovuoto, un residuo dell’epoca di massima diffusione dell’AIDS, ormai molto lontana. Greta studiò, ipnotizzata, i trapani ossei, i tubi di suzione, gli occhiali ingranditori fabbricati nella Cina meridionale, le piccole lattine di grasso di silicone sterile con apertura a strappo.
«Ho bisogno di un po’ di contante!» esclamò lei improvvisamente. «Prestami un po’ di soldi.»
«Ma che ti prende? Non puoi comprare questo ciarpame. Non sai neppure da dove proviene.»
«Ecco perché voglio comprarlo.» Greta lo fissò con sguardo accigliato. «Senti, io ero il capo del dipartimento Strumenti. Se stanno vendendo dei sequenziatori di proteine, io devo saperlo.»
Si avvicinò al proprietario, seduto davanti al suo portatile mentre ridacchiava guardando dei cartoni animati artigianali. «Ehi, mister, quanto vuole per questo citometro?»
Il nomade sollevò lo sguardo dallo schermo. «Allora è di questo che si tratta?»
«Funziona?»
«Non lo so. Mi pare che faccia il rumore giusto quando viene attaccata la spina.»
Comparve Pelicanos. Aveva comprato una giacca di seconda mano — un modello sportivo in Gore-Tex indistruttibile, nero e rosso.
«Grazie, Yosh» disse Greta, poi indossò la giacca, per lei troppo grande. Però, una volta indossato quell’orribile indumento, Greta divenne immediatamente parte integrale del panorama locale. Adesso sarebbe stata scambiata per una cliente normale, un’altra povera donna costretta a nutrirsi di rifiuti.
«Vorrei che Sandra fosse qui» mormorò Pelicanos. «A lei questo posto piacerebbe. Se non fossimo così nei guai, cioè.»
Oscar era troppo preoccupato per comprare cianfrusaglie. Era preoccupato per Kevin. Stava lambiccandosi il cervello per escogitare un piano di emergenza nel caso Kevin non fosse riuscito a stabilire un contatto utile, o, peggio ancora, nel caso Kevin fosse semplicemente svanito.
Ma Greta continuava ad avanzare tra i tavoli con sincero entusiasmo. Aveva dimenticato tutti i suoi dolori e le sue preoccupazioni. Grattate sotto la crosta di uno scienziato, e troverete immancabilmente un fanatico dell’hardware.
Ma no, la cosa era ancora più profonda. Greta era nel suo elemento. Oscar ebbe un breve lampo di intuizione su quello che avrebbe significato essere sposato con Greta. Scegliere l’equipaggiamento scientifico faceva parte del suo lavoro e il lavoro era il centro del suo essere. La vita domestica con uno scienziato tanto solerte sarebbe stata piena di momenti come quello. Avrebbe dovuto seguirla fedelmente per tenerle compagnia, e lei avrebbe dedicato tutta la propria attenzione a cose che lui non avrebbe mai compreso. La relazione che Greta intratteneva con il mondo fisico era completamente diversa da quella di Oscar. Greta amava gli apparecchi elettronici, ma non aveva alcun gusto. Sarebbe stato un inferno arredare una casa con uno scienziato. Avrebbero discusso sulla sua tremenda concezione delle tende. Lui avrebbe ceduto sulla questione delle posate brutte e poco care.
Il suo telefono squillò. Era Kevin.
Oscar seguì le istruzioni e localizzò la tenda in cui Kevin aveva trovato il suo uomo. Era difficile mancarla. Era una cupola oblunga di tessuto di paracadute dipinto, che ospitava un aereo leggero a due posti, sei biciclette e una marea di brande. Centinaia di stringhe multicolori di materiale fosforescente pendevano dalle cuciture della tenda, arrivando fino all’altezza della spalla. Una dozzina di prolet erano seduti su morbidi tappeti di plastica.
Su un lato, cinque di loro erano impegnati a compitare faticosamente un giornale stampato su carta.
Kevin era seduto e chiacchierava con un uomo che presentò come il ‘il generale Burningboy’. Burningboy era sulla cinquantina, con una folta barba brizzolata e un sudicio cappello da cowboy. Il guru nomade indossava jeans con ricami elaborati, un largo maglione fatto a mano e vecchi scarponi militari con i lacci. Sui polsi pelosi erano visibili tre bracciali di controllo per la libertà vigilata.
«Salve» lo salutò il generale prolet. «Benvenuti al mercato di Canton. Vi prego, mettetevi pure comodi.»
Oscar e Greta si sedettero sul tappeto. Kevin era già seduto; si era tolto le scarpe e si massaggiava distrattamente i piedi dolenti. Pelicanos non partecipava alle trattative. Attendeva mantenendosi a una certa distanza. Era il loro uomo di riserva, il loro backup di emergenza.
«Il vostro amico qui mi ha pagato una bella sommetta, soltanto per comprare un’ora del mio tempo» esordì Burningboy. «E mi ha anche raccontato una storia assolutamente incredibile. Ma adesso che vedo voi due…» Fissò pensosamente Oscar e Greta. «Sì, la cosa quadra. Ammetto di credere alla sua storia. E allora, cosa posso fare per voi?»
«Abbiamo bisogno di aiuto» rispose Oscar.
«Oh, sapevo che doveva trattarsi di qualcosa del genere» commentò il generale con un cenno del capo. «La gente normale non ci chiede mai favori, a meno che non sia davvero alle strette. Capita continuamente: ricchi idioti che spuntano dal nulla. Hanno sempre strane idee su quello che potremmo fare per loro. Qualche piano geniale che può essere realizzato soltanto dalla proverbiale feccia della terra. Tipo, perché non ci aiutate a coltivare eroina… O magari a vendere qualche binario di alluminio.»