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Nell'Era della Lega, a quanto mostravano i racconti e le frammentarie testimonianze che Falk aveva studiato, l'uso del discorso mentale era largamente diffuso, e l'abilità telepatica aveva raggiunto comunemente livelli assai raffinati. Era un'abilità che gli abitanti della Terra avevano raggiunto tardi, imparandone le tecniche da qualche razza; l'Ultima Arte, la chiamava un libro. Da certi indizi si capiva che la Lega dei Mondi aveva dovuto affrontare difficoltà e discordie, provocate anche dal prevalere di una forma di comunicazione che impediva la menzogna. Ma tutto questo era nebuloso e semileggendario, come tutta la storia umana. Indubbiamente, dopo l'arrivo degli Shing e il crollo della Lega, la dispersa comunità degli uomini era divenuta meno fiduciosa nel prossimo, ed era tornata al linguaggio parlato. Un uomo libero può parlare liberamente, ma uno schiavo o un fuggiasco ha bisogno di nascondere i suoi pensieri, e mentire. Questo Falk aveva imparato nella Casa di Zove, e per questo motivo egli aveva poca pratica nel sintonizzarsi con le menti altrui. Ma ora tentava di mettersi in contatto con quella di Parth, perché lei vedesse che non mentiva.

Ma lei non voleva ascoltare. — No, non voglio entrare in telepatia — disse forte.

— Tu mi nascondi i tuoi pensieri.

— Certo. Non voglio che tu veda la mia pena. Che vantaggio c'è a essere sinceri? Se tu mi avessi mentito, ieri, crederei ancora che tu debba solo andare a Ransifel ed essere di ritorno tra dieci giorni. Avrei ancora dieci giorni e dieci notti. Adesso non mi resta né un giorno né un'ora. Tutto finito. Che vantaggio c'è?

— Parth, mi aspetterai un anno?

— No.

— Solo un anno.

— Un anno e un giorno e tu ritornerai su un cavallo d'argento, per portarmi nel tuo regno e farmi regina. No, non starò ad aspettare, Falk. Assurdo aspettare un uomo che finirà morto nella foresta, o ucciso dai Vagabondi nella prateria, o senza cervello nella città degli Shing, oppure lontano cento anni su un'altra stella. Cosa devo aspettare? Non c'è bisogno che tu creda che mi prenderò un altro. Resterò qui, nella casa di mio padre. Voglio tinger fili neri e tesser tela nera da indossare. Nero e morte, ma non stare ad aspettare qualcuno o qualcosa. Mai.

— Non avevo il diritto di chiederlo — disse lui umile e afflitto.

Lei pianse sommessamente. — Io non ti rimprovero nulla, Falk.

Erano seduti sul pendio che dominava i Campi Lunghi. Capre e pecore erano sparse su un miglio di pascolo cintato che li separava dalla foresta. Puledri di un anno si rincorrevano e si impennavano intorno alle giumente. Tirava un vento grigio di novembre.

Le loro mani erano unite. Parth toccò l'anello d'oro che lui portava alla sinistra. — Un anello è un dono — disse. — A volte ho pensato, tu no? che potresti avere una moglie. Pensa, se lei ti sta aspettando… — Scosse il capo.

— Andiamo, cosa significa per me quel che è accaduto allora, quel che io sono stato? Perché dovrei andarmene da qui? Tutto ciò che io sono ora è opera tua, Parth, viene da te, è un tuo dono.

— Liberamente dato — disse la ragazza. — Prendilo e vai. Va' via. — Si erano abbracciati, e nessuno dei due voleva liberarsi per primo.

La Casa era lontana, dietro i tronchi neri e il groviglio dei rami senza foglie. Gli alberi chiudevano la vista dietro il sentiero.

La giornata era grigia e fredda, silenziosa tranne che per il soffiare monotono del vento tra i rami, sospiro senza senso, senza destinazione, incessante. Metock apriva la via, con un passo lungo e sciolto. Falk lo seguiva, e il giovane Thurro era l'ultimo. Indossavano abiti leggeri e caldi, camicie col cappuccio e pantaloni di stoffa non tessuta, detta "invernale" sopra la quale non occorreva altra copertura, anche in mezzo alla neve. Portavano zaini pieni di regali e oggetti da barattare, sacchi a pelo, e cibo secco concentrato sufficiente a resistere anche a un mese di tormenta. Buckeye, che non aveva mai lasciato la Casa da quando era nata, aveva una gran paura dei rischi che si possono correre nella foresta, e aveva riempito gli zaini in proporzione. Ognuno di loro portava una pistola laser; e Falk aveva qualcosa in più degli altri — un paio di libbre di cibo in più, medicine, una bussola, una seconda pistola, abiti di ricambio, un rotolo di corda, un piccolo libro che Zove gli aveva regalato due anni prima — in tutto i suoi beni terreni ammontavano a quindici libbre di oggetti vari. Agile e instancabile Metock procedeva a grandi balzi, a circa dieci metri veniva Falk e dietro c'era Thurro. Procedevano veloci, con poco rumore, e dietro di loro gli alberi si richiudevano sull'esile sentiero, ingombro di foglie.

Dovevano raggiungere Ransifel in tre giorni. La sera del secondo giorno si trovarono in una terra assai diversa da quella che circondava la Casa di Zove. La foresta era meno fitta, il terreno più sconnesso. Radure grigiastre sul fianco di colline che dominavano torrenti dal moto estremamente rapido. Si accamparono in uno di questi luoghi aperti, su un pendio esposto a sud, per essere al riparo dal vento di settentrione che soffiava sempre più forte, con una punta di gelo. Thurro raccolse bracciate di legna secca mentre gli altri due aprivano una piazzuola nell'erba grigia e costruivano un semplice riparo di pietre. Mentre lavoravano Metock disse: — Questo pomeriggio abbiamo passato lo spartiacque. I fiumi ora scendono a ovest, verso il Fiume Interno, finalmente.

Falk si drizzò per guardare verso ovest, ma c'erano subito le colline e il cielo si chiudeva basso, bloccando la visuale.

— Metock — disse — ho pensato che non c'è ragione che io venga fino a Ransifel. Forse sono già sulla strada giusta. Sembra che ci sia un sentiero diretto a ovest lungo il grande fiume che abbiamo passato oggi pomeriggio. Tornerò indietro e lo seguirò.

Metock gli lanciò un'occhiata; non usò la telepatia, ma il suo pensiero era molto chiaro: "Stai pensando di scappare… verso cosa?

Falk usò la telepatia per rispondere: — No, dannazione, non è vero!

— Ti chiedo scusa — disse forte il Fratello Maggiore, con il suo tono severo e scrupoloso. Era lieto che Falk se ne andasse, e non tentava di nasconderlo. A Metock nulla importava veramente, tranne la sicurezza della Casa; ogni straniero era una minaccia, anche se lui quello straniero lo conosceva da cinque anni, era suo compagno di caccia e l'amante di sua sorella. Ma proseguì: — Ti accoglieranno bene a Ransifel. Perché non parti da lì?

— E perché non da qui?

— Sta a te scegliere. — Metock finì di sistemare l'ultima pietra e Falk cominciò a preparare il fuoco. — Forse quello che abbiamo incontrato era un sentiero; non so da dove parta né dove vada. Domattina troveremo una vera pista, la vecchia Hirand Road. Casa Hirand si trova molto lontano verso ovest, almeno una settimana di cammino a piedi; sono sessanta o settant'anni che nessuno ci va. Non so perché. Ma la pista era ancora ben chiara l'ultima volta che son passato da queste parti. Quell'altra può essere una pista di animali e portarti a girare in tondo, o finire in un pantano.

— Va bene, proverò la Hirand Road.

Ci fu una pausa, poi Metock domandò: — Perché vai verso ovest?

— Perché Es Toch si trova a ovest.

Quel nome raramente pronunciato suonava strano lì, sotto il cielo aperto. Thurro, arrivando con la legna, si guardò attorno imbarazzato. Metock non fece altre domande.

Quella notte all'accampamento sulle colline fu l'ultima che Falk passò con coloro che gli erano fratelli, la sua gente. Il giorno dopo si rimisero sulla pista subito dppo il sorger del sole, e molto prima di mezzogiorno giunsero a una larga pista, cosparsa di vegetazione, che puntava a sinistra di quella per Ransifel. Cominciava con una specie di porta, formata da due grandi pini. Quando essi vi sostarono l'aria era calma e scura sotto i rami.