«Ehi», esclamo, ricordando di colpo. «Ti ha chiamato la polizia?»
«Sì», ammette, aprendo il portasigarette e rivelando una decina di spinelli arrotolati con cura. «Un tizio che si chiama Flavell; mi ha chiesto a che ora ti ho richiamato l’altra sera. Gliel’ho detto.»
«Bene. Immagino che dovrò andare a fare rapporto sui miei spostamenti alla locale polizei, domani.»
«Eh, sì. Viviamo in un fottuto Stato di polizia», dice lui con aria stanca, offrendomi una canna. «Allora, ne vuoi?»
Alzo le spalle. «Be’, normalmente no, sai…» Ne prendo una. «Grazie.» Rabbrividisco. Ho addosso la giacca e il Drizabone, ma ho molto freddo lo stesso. «Possiamo andare in un posto caldo?»
Andy, il figlio del ghiaccio, mi guarda e sorride.
Siamo seduti nel salottino vicino alla sua camera da letto, all’ultimo piano dell’albergo; fumiamo spinelli e beviamo whisky. So che domani starò malissimo — anzi, oggi stesso, tra un po’ — ma non me ne frega niente. Gli racconto dell’articolo sul whisky, del filtraggio a freddo e dei coloranti, ma pare che sappia già tutto. Il salottino è abbastanza spazioso e non saprei se definirlo trasandato o vissuto: tende di velluto spelacchiato, mobili di legno vecchi e massicci, tanti cuscini molto imbottiti e ricamati e — posato di traverso su un grande tavolo in un angolo — un vecchio personal IBM; ha un’unità disco esterna ed è collegato a un modem. Vicino c’è una stampante Epson.
Siamo seduti davanti a un vero caminetto, con veri ceppi che ardono, mentre una stufa a ventola, posata sulla moquette scura e lisa al centro della stanza, ronza. Finalmente mi sono scaldato. Andy è seduto su una decrepita poltrona imbottita; in alcuni punti, la finta pelle marrone è consumata fino al supporto di tela, e sui braccioli è così sporca che è diventata di un bel nero lucido. Giocherella con il bicchiere di whisky e fissa il fuoco. L’unica concessione che ha fatto al calore della stanza è stata quella di togliersi un cardigan.
«Eh, sì», sta dicendo, «eravamo la generazione alla quale tutto era permesso. Nel 79, lo ricordo, pensavo che fosse ormai tempo di agire, di provare qualcosa di diverso, di radicale. Sembrava che, dagli anni ’60 in poi, ci fosse stato un unico tipo di governo: si presentava sotto due forme leggermente diverse, ma era uguale nella sostanza. Dopo lo scoppio di energia nella prima metà degli anni ’60, pareva che tutto fosse in declino; l’intero Paese era come intasato, stretto da regole, regolamenti, normative e da un ennui generalizzato, endemico, infettivo. Non sono mai riuscito a decidere chi avesse ragione, se i socialisti — magari i rivoluzionari — o gli arcicapitalisti, e sembrava proprio che in Gran Bretagna non l’avremmo mai scoperto; infatti, in qualsiasi direzione andasse il voto popolare, alla fine non portava mai a un vero cambiamento di direzione. Heath non era particolarmente determinante per il partito degli affari, come Callaghan non lo era per la classe lavoratrice.»
«Non sapevo che fossi così favorevole alla rivoluzione», ribatto, sorseggiando il mio whisky. «Ho sempre pensato che tu fossi un devoto capitalista.»
Andy si stringe nelle spalle. «Volevo semplicemente un cambiamento. Sembrava proprio la cosa necessaria. Non importava molto da che parte venisse. Non ne ho mai parlato molto, perché volevo lasciarmi aperte tutte le strade. Avevo già deciso di entrare nell’esercito, e non sarebbe stata una buona cosa se nelle mie note personali avessero scritto che ero un sostenitore di un qualche gruppuscolo di sinistra. A volte, tuttavia, pensavo che se ci fosse stata qualche… non so… qualche rivolta armata, qualche sollevazione popolare…» Fa una piccola risata. «Ricordo un periodo in cui la cosa non sembrava poi così improbabile, e io pensavo… be’, se dovesse mai succedere qualcosa di simile, e loro avessero ragione e l’establishment torto… allora non sarebbe male che nell’esercito ci fossero persone come me, simpatizzanti del movimento… quale che fosse.» Scuote la testa, sempre fissando il fuoco. «Adesso sembra una cosa piuttosto stupida, no?»
Mi stringo nelle spalle. «Non chiederlo a me. Stai parlando con uno che pensava che l’unico modo per migliorare il mondo fosse quello di diventare giornalista. Senza dubbio questo mi mette in fondo alla classifica come stratega e pensatore.»
«Non era mica un’idea sbagliata», ribatte Andy. «E se ora ti senti deluso, in parte è colpa di ciò di cui stavo parlando. L’atteggiamento radicale della Thatcher sembrava così vigoroso; quella promessa, quel nuovo benessere, asciutto e sobrio, cui tutti potevamo aspirare: ci veniva data l’occasione di seguire un piano dinamico, spronati da qualcuno che non si sarebbe tirato indietro a metà strada. Avrebbe spazzato via tutte le inefficienze, gli accordi comodi, il lassismo, i lati peggiori e soffocanti di uno Stato assistenziale; era una boccata d’aria fresca, una crociata, un qualcosa cui potevamo partecipare tutti…»
«Se eri nato ricco, oppure se eri deciso a essere un bastardo più bastardo dei tuoi compagni.»
Andy scuote il capo. «Tu hai sempre odiato troppo i Tories per vedere le cose con chiarezza. Ma il punto è che non ha importanza chi aveva ragione, e ancora meno chi avrebbe dovuto averla; ha importanza quello che la gente pensava, perché è questo ad aver prodotto il nuovo stile di vita della nostra era; il consenso ha portato a un punto morto, a una sterilità d’idee e quindi bisognava dare una scossa al sistema, correre con il Paese lo stesso tipo di rischio estremo che si corre almeno una volta negli affari, se si vuole avere successo; scegliere la crescita, accettare di far parte del sistema monetarista.» Sospira, tira fuori di nuovo il portasigarette e me lo porge. Prendo un altro spinello.
«E io sono uno di quelli che l’hanno fatto», dice, accendendosi lo spinello con lo Zippo. «Sono stato un soldato leale nella crociata per riconquistare la cittadella del potere economico britannico.»
Andy continua a fissare il fuoco, mentre io fumo lo spinello.
«Anche se, ovviamente, prima di quello avevo già fatto la mia parte: ero stato uno dei Nostri Ragazzi, uno del Corpo di Spedizione, avevo fatto parte della Task Force che aveva riconquistato la popolarità perduta di Maggie.»
Non so cosa dire; seguendo la nuova, recente politica, frutto della acquisita maturità, non dico niente.
«Ed eccoci qui», riprende Andy, chinandosi in avanti e battendosi le ginocchia con il palmo delle mani. Gli do un colpetto sul gomito e lui prende lo spinello. «Grazie.» Fa un tiro. «Eccoci qui, dopo aver fatto il nostro esperimento; ci sono stati un partito, un’idea dominante, un piano da seguire, una leader forte — e la sua ombra grigia — e tutto è andato in merda, in cenere. La base industriale è talmente ridotta all’osso che esce fuori il midollo, le vecchie inefficienze vagamente socialiste sono state rimpiazzate da altre, capitaliste e più rabbiose, il potere è stato centralizzato, la corruzione istituzionalizzata, e ne è nata una generazione senza arte né parte, che pensa solo a forzare la portiera di una macchina con un attaccapanni e a sapere quale solvente ti dà lo sballo migliore prima di arrivare al punto di vomitare o svenire.» Tira una boccata profonda dallo spinello prima di passarmelo.
«Già», faccio, prendendolo. «Ma non è che sia tutta colpa tua. Tu hai fatto la tua parte, però… Islagiatt.»
«Allora sembrava una buona idea…»
«Cristo, amico, non ho mai pensato che nessuno di voi ragazzi dovesse andare là, ma non credo che sarei stato capace di fare quello che hai fatto tu, laggiù alle Falkland. Voglio dire, anche se mai ci fosse stata una guerra che avessi ritenuto degna di essere combattuta, anche se fossi stato chiamato, be’, io sono un codardo, non sono fisicamente in grado di farlo. Tu, sì. Tu l’hai fatto. ’Fanculo il giusto e lo sbagliato della guerra, una volta che ci sei dentro, sotto il fuoco nemico, e i tuoi compagni saltano in aria intorno a te, devi essere in grado di funzionare. Se non altro, tu questo l’hai fatto. Io non sono affatto sicuro che ci sarei riuscito.»