Выбрать главу

«E allora?» dice, guardandomi. «Sono forse più uomo soltanto perché ho imparato a uccidere la gente e l’ho fatto?»

«No, intendevo solo…»

«E comunque», m’interrompe Andy, «non è servito a un cazzo, visto che avevamo un capitano che non sapeva neppure da che parte cominciare e non aveva il coraggio di ammetterlo, uno che ha dovuto mandare uomini in gamba in un fottuto campo di battaglia unicamente per provare quanto era coraggioso.» Andy prende un ceppo posato davanti al caminetto e lo mette nel fuoco, urtando gli altri ceppi e sollevando una nuvola di scintille.

«Be’», dico, «non saprei…»

«E sbagli», fa lui, alzandosi e andando verso un angolo della stanza. C’è uno sportello mezzo aperto che dà su quello che sembra un profondo armadio a muro dalla forma stranamente cubica: è un montacarichi. Solleva la parte superiore dello sportello di metallo e, contemporaneamente, la parte inferiore si abbassa. Andy infila una mano, prende una bracciata di legna, e la porta al caminetto. «Abbiamo tutti le nostre responsabilità, Cameron. Non si può sfuggire.»

«Cristo, Gould, come la metti giù dura, amico mio», gli dico, cercando di alleggerire l’atmosfera, ma con l’unico risultato di suonare patetico anche a me stesso.

Andy si siede, prende lo spinello che gli offro, e sistema ordinatamente i ceppi intorno al caminetto per farli asciugare.

Mi lancia un’occhiata. «Già, e ho anche un’ottima memoria. Non ti ho ancora perdonato per non aver cercato di salvarmi dal ghiaccio, quella volta.» Tira una lunga boccata, mentre me ne rimango lì in silenzio a riflettere. Oh, merda. Andy mi restituisce lo spinello con un gran sorriso. «Stavo scherzando», conclude. «Ci ho marciato per vent’anni, su questa storia, per fare il macho con gli altri uomini e portarmi a letto le ragazze.»

Verso le quattro del mattino, Andy mi mostra la mia stanza, un piano più sotto. C’è una stufetta accesa e nel letto singolo c’è una coperta elettrica. Prima di andare a letto, mi chiedo se non avrei dovuto dirgli qualcosa a proposito del signor Archer, delle sue telefonate e di Ares. Sono venuto quassù pensando che avrei dovuto farlo; supponevo che avrei sentito il bisogno di scaricare ’sto peso su qualcuno, però, chissà perché, non si è mai presentato il momento giusto per affrontare l’argomento.

Pazienza. Mi ha fatto comunque bene parlare.

Mentre mi addormento, rivivo l’inizio di quel sogno in cui corro tra i boschi, ma riesco ad allontanarlo. Poi non ricordo più nulla.

Il giorno seguente, mentre Andy dorme ancora, prendo a) qualche analgesico e b) la macchina per andare a Kyle of Lochalsh ad avvisare la polizia locale che mi trovo qui.

Mentre entro in città, vedo una Escort blu con una luce sul tetto e mi ci fermo dietro. Un sergente esce da un portone che una targa sul muro indica essere lo studio di un dentista; mi avvicino a lui, gli dico il mio nome e spiego che l’ispettore McDunn mi ha chiesto di notificare i miei movimenti. Il sergente, un uomo magro con i capelli grigi, mi fissa con un’espressione studiatamente sospettosa e prende nota del mio nome e dell’ora. Ho l’impressione che pensi che sono soltanto un innocuo svitato. E comunque non dice granché; forse gli fa ancora male la bocca per la seduta dal dentista. A ogni modo non posso indugiare, cercando di avviare una conversazione, perché improvvisamente il mio intestino decide di svegliarsi e devo precipitarmi nel bar più vicino, alla ricerca di una toilette.

Dio mio, come odio quando vado al cesso e la merda puzza di whisky.

Quella sera Andy dà una festa, in parte in mio onore, in parte perché il giorno seguente il suo amico Howie parte per andare a lavorare su una piattaforma petrolifera. Al pomeriggio andiamo a fare una passeggiata su per le colline; ansimo e tossisco dietro ad Andy che cammina svelto e senza fatica su per ’sto sacramento di sentiero immerso nel bosco. Una volta tornati in albergo, lo aiuto a mettere in ordine il bar, ancora sepolto dai resti dell’ultima festa, che ha avuto luogo qualche mese or sono. Il bar è comunque ben fornito, sebbene manchi la birra alla spina, e ci siano soltanto lattine. Sembra che Andy procurerà tutto il carburante per la festa, quindi non deve essere così al verde come mi hanno detto.

Alla festa si presentano una ventina di persone, per metà locali — la maggior parte uomini, anche se c’è pure una coppia sposata e altre due ragazze — e per metà giramondo, hippy in stile New Age arrivati con vari autobus e furgoncini, come quelli che si vedono nelle piazzole di sosta e nei tratti di strada abbandonati, là dove tracciati vecchi e tortuosi sono stati sostituiti da percorsi più diretti e veloci.

In termini di riuscita, è un party che emulsiona piuttosto che amalgamare; c’è una certa ostilità tra alcuni dei ragazzi delle Highlands (ben rasati, capelli corti) e gli hippy (tutto l’opposto) che aumenta in maniera proporzionale al crescente livello della sbronza collettiva. Mi sa che gli indigeni siano perfettamente consapevoli del fatto che gli hippy ogni tanto si allontanano per tirarsi una pista e che questo non vada loro a genio. Andy sembra non farci caso e chiacchiera con tutti, perfettamente a suo agio.

Faccio del mio meglio per amalgamarmi. All’inizio mi trovo meglio con i ragazzi delle Highlands, e tengo loro testa, un bicchiere loro, un bicchiere io, una lattina loro, una lattina io, fumando le loro sigarette e soffrendo per le loro battute del tipo: «No, grazie, io fumo», quando offro le mie Silk Cut. Ma, strada facendo, a mano a mano che la mia sbronza prende quota, comincio a sentirmi a disagio per il loro atteggiamento nei confronti degli hippy e ancora di più verso le donne, specialmente quando Howie, il ragazzo che ho conosciuto la sera precedente, racconta che menava la moglie, che ora quella puttana si trova in uno di quei centri di assistenza per le donne, e aggiunge che, se mai dovesse ritrovarla, la prenderà a calci da qui all’eternità. Gli altri gli fanno notare che non è una gran bella idea, ma ho l’impressione che lo dicano soltanto perché pensano che in questo modo lui finirebbe in prigione.

Mi trovo a gravitare sempre più verso gli hippy.

A un certo punto vedo Andy fermo davanti alle finestre del bar; sta osservando il lago scuro con occhi spalancati.

«Ti senti bene?» gli chiedo.

Mi risponde solo dopo qualche secondo. «Qui siamo a dieci metri sopra il livello del mare», mormora, accennando con la testa verso la riva.

«Non mi dire.» Accendo una sigaretta.

«Sul Queen Elizabeth II, il ponte a quel livello lo chiamavamo ponte Exocet, perché è a quell’altezza che viaggia il missile.»

Ah, ricordi delle Falkland. «Be’», ribatto, guardando fuori, nel buio, verso l’estremità del lago, «a meno che tu non abbia un vicino particolarmente incazzato con ottimi contatti con i trafficanti d’armi…»

«È l’unica cosa su cui ho ancora degli incubi», mormora Andy, continuando a fissare il lago invisibile; gli occhi sono sempre spalancati. «Non è ridicolo? Incubi sul fatto di saltare in aria per colpa di un fottutissimo missile, dieci anni fa. Non c’ero neppure, io, su quel ponte. Eravamo alloggiati due piani sopra…» Si stringe nelle spalle, beve e si volta verso di me. «La vedi spesso, tua madre?»

«Eh?» biascico, confuso per l’improvviso cambio di direzione. «No, ultimamente no. È ancora in Nuova Zelanda. E tu? Sei più tornato a Strathspeld?»

Scuote la testa, e mi vengono i brividi nel ricordare questo suo gesto, ormai diventato un tic nervoso, ripetuto all’infinito, dopo il funerale di Clare, a Strathspeld, nell’89. Un gesto d’incredulità, di rifiuto, di non accettazione.