Duecentocinquantasei immagini del mondo di sinistra sciamarono sulla sinistra. Duecentocinquantasei immagini del mondo di destra scivolarono via a destra. Integrò tutte le cinquecentododici immagini in una visione avvolgente di ciò che la circondava. Si trovava immersa in una foresta di grandi steli ondeggianti, alcuni verdi, altri scoloriti, quasi tutti più grossi di lei. Ma non aveva difficoltà ad arrampicarsi su e giù, a mantenersi talvolta in equilibrio precario su uno stelo ricurvo, a cadere sul soffice cuscino di steli coricati che si stendeva sotto di lei, e quindi a continuare con precisione nel suo viaggio. Poteva dire di seguire la pista giusta. Faceva meravigliosamente fresco. Non le sarebbe importato nulla, se era là che la pista conduceva, di scalare un ostacolo cento o mille volte più alto di lei. Non aveva bisogno di piloni o di funi; era già equipaggiata. Il terreno immediatamente davanti a lei era fragrante di un odore caratteristico lasciato di recente, ne era certa, da un’altra esploratrice del suo clan. Portava al cibo; lo faceva quasi sempre. Il cibo appariva automaticamente. Le esploratrici lo trovavano e segnavano il cammino. Lei e le sue compagne lo avrebbero riportato indietro al nido. Talvolta il cibo era una creatura abbastanza simile a lei; altre volte si trattava soltanto di un pezzette amorfo o cristallino. Di quando in quando era così grande che richiedeva l’ausilio di molti individui del suo clan, che dovevano lavorare assieme, sollevandolo e facendolo avanzare sugli steli piegati, per portarlo a casa. Fece schioccare le mandibole pregustandone il sapore. «Quello che mi preoccupa di più,» continuò lei, «è il contrario, cioè la possibilità che loro non stiano provando. Potrebbero comunicare con noi, d’accordo, ma non lo stanno facendo perché non ci vedono nessuno scopo. Come…» — gettò un’occhiata all’orlo della tovaglia che avevano disteso sull’erba — «come le formiche. Occupano il medesimo nostro paesaggio. Hanno moltissimo da fare, una quantità enorme di cose che le tengono occupate. A un certo livello, sono perfettamente consapevoli del loro ambiente. Ma noi non cerchiamo di comunicare con loro. Perciò non penso che abbiano la più vaga idea della nostra esistenza.»
Una grossa formica, più intraprendente delle sue compagne, si era avventurata sulla tovaglia e stava marciando speditamente lungo la diagonale di uno dei riquadri rossi e bianchi. Soffocando un leggero moto di disgusto, Ellie la rispedì cautamente nell’erba cui apparteneva.
3
RUMORE BIANCO
«Dolci sono le udite melodie, ma più dolci quelle non udite.»
«Le menzogne più crudeli sono spesso dette in silenzio.»
Gli impulsi stavano viaggiando da anni attraverso la grande oscurità interstellare. Di quando in quando intercettavano una nube irregolare di gas e polvere, e un po’ dell’energia veniva assorbita o sparpagliata. I residui continuavano nella loro direzione originale. Davanti a loro c’era una debole luminosità giallastra, che aumentava lentamente di intensità tra le altre luci costanti. Ora, benché potesse apparire a occhio umano ancora come un punto, era di gran lunga l’oggetto più brillante nel cielo nero. Gli impulsi stavano incontrando uno sciame di gigantesche palle di neve.
La donna che stava entrando nell’amministrazione dell’Argus era una creatura sottile verso la quarantina. Gli occhi, grandi e distaccati, contribuivano ad addolcire la spigolosa struttura ossea del suo volto. I lunghi capelli scuri erano morbidamente raccolti da un fermaglio di tartaruga sulla nuca. In una pratica T-shirt e in una gonna cachi, percorse un corridoio al primo piano e oltrepassò una porta su cui era scritto: «E. Arroway, Direttore.» Mentre toglieva il pollice dalla serratura a impronte digitali, sulla sua mano destra si sarebbe potuto notare un anello con una pietra rossa stranamente lattiginosa incastonata in maniera maldestra. Dopo aver acceso una lampada da tavolo, si mise a rovistare in un cassetto finché trovò un paio di cuffie. Per qualche istante si illuminò, sulla parete accanto alla sua scrivania, una citazione dalle «Meditazioni» di Franz Kafka: Ora le Sirene possiedono un’arma ancor più fatale del loro canto, ossia il loro silenzio… Qualcuno può forse esser sfuggito al loro canto; ma mai certo al loro silenzio.
Spegnendo la luce con un cenno della mano, si diresse verso la porta nella semioscurità.
Nella stanza di controllo si accertò in fretta che tutto fosse in ordine. Dalla finestra poteva vedere alcuni dei 131 radiotelescopi che si snodavano per decine di chilometri attraverso il deserto spinoso del New Mexico come una bizzarra specie di fiore meccanico proteso verso il cielo. Era il primo pomeriggio ed era rimasta alzata fino a tardi la notte precedente. La radioastronomia può essere praticata durante il giorno, perché l’aria non disperde le onde radio provenienti dal Sole come fa con la comune luce visibile. Per un radiotelescopio puntato dovunque, tranne che nelle immediate vicinanze del Sole, il cielo è nero come la pece. Fatta eccezione per le sorgenti radio. Al di là dell’atmosfera terrestre, dall’altra parte del cielo, c’è un universo brulicante di emissioni radio. Studiando le onde radio si possono conoscere pianeti, stelle e galassie, la composizione di grandi nubi di molecole organiche che vagano tra le stelle, l’origine, l’evoluzione e il destino dell’universo. Ma tutte queste radioemissioni sono naturali: provocate da processi fisici, dagli elettroni che si muovono a spirale in presenza del campo magnetico galattico, o dalle molecole interstellari in collisione le une con le altre, o dai remoti echi del Big Bang spostati verso il rosso, spazianti dai raggi gamma all’origine dell’universo alle radio onde imbrigliate e fredde che riempiono tutto lo spazio nella nostra epoca. Nei pochissimi decenni in cui gli uomini si sono dedicati alla radioastronomia, non c’è mai stato un vero segnale dalle profondità dello spazio, qualcosa di tecnologico, qualcosa di artificiale, qualcosa di progettato da una mente aliena. Ci sono stati dei falsi allarmi. La regolare variazione temporale dell’emissione radio delle quasar e, specialmente, delle pulsar è stata presa all’inizio, timidamente e cautamente, per una sorta di segnale-annuncio proveniente da qualcun altro, o forse per un radiofaro per navi esotiche che incrociavano negli spazi interstellari. Ma si trattava di qualcos’altro che presentava lo stesso carattere esotico, forse, di un segnale inviato da esseri presenti nell’oscurità del cielo. Le I quasar sembravano essere formidabili fonti di energia, probabilmente connesse con massicci buchi neri al centro di galassie, osservate, data la loro enorme distanza, nella loro gioventù, com’erano miliardi di anni fa. Le pulsar fanno ruotare rapidamente dei nuclei atomici delle dimensioni di una città. E ci sono stati altri svariati e misteriosi messaggi che sono risultati intelligenti in un certo modo, ma non molto extraterrestri. I cicli ora venivano solcati da segreti sistemi radar per scopi militari e satelliti per le radiocomunicazioni, nonostante le petizioni di alcuni radioastronomi civili. Talvolta si trattava di sistemi davvero fuorilegge, che ignoravano gli accordi internazionali sulle telecomunicazioni. Non c’erano azioni giudiziarie né condanne. Di quando in quando, tutte le nazioni negavano la loro responsabilità. Ma non c’era mai stato un segnale alieno netto e preciso.