Выбрать главу

Estraendo il foglio dalla propria manica con un gesto plateale, lo tenne in alto in modo che tutti potessero vedere la spada e la mano impresse nella cera verde e blu. Come sempre di recente, aveva usato una lama calda per staccare il Sigillo Reale lasciandolo integro, in modo da poterlo mostrare intatto ai dubbiosi. Ce n’erano in abbondanza, quando sentivano alcuni degli ordini di Alsalam.

«Ho ordini da re Alsalam di radunare quanti più uomini possibile, ovunque possa trovarli, e colpire i Seanchan con tutta la forza di cui disporrò.» Trasse un profondo respiro. Su questo correva un altro rischio, e Alsalam avrebbe potuto ottenere la sua testa sul ceppo a meno che i dadi non fossero caduti nel modo giusto. «Offro una tregua. Mi impegno nel nome del re a non muovere contro di voi in alcun modo fintantoché i Seanchan rimarranno una minaccia per l’Arad Doman, se voi vi impegnerete allo stesso modo e combatterete accanto a me contro di loro fino a quando non verranno ricacciati indietro.»

La risposta che ottenne fu un silenzio sbigottito. Rajabi dal collo taurino pareva tramortito. Wakeda si mordicchiò il labbro come una fanciulla atterrita.

Poi Shimron borbottò: «Possono essere ricacciati indietro, lord Ituralde? Ho affrontato le loro... le loro Aes Sedai al guinzaglio sulla piana di Almoth, come hai fatto tu.» Stivali sfregarono il pavimento mentre gli uomini spostavano il peso da un piede all’altro e i loro volti si incupivano in preda a una tetra collera. A nessun uomo piaceva pensare di essere inerme davanti a un nemico, ma in quei giorni parecchi di loro erano stati lì con Ituralde e Shimron abbastanza da sapere che genere di avversario era questo.

«Possono essere sconfitti, lord Shimron,» replicò Ituralde «anche con le loro... sorpresine.» Uno strano modo di definire la terra che eruttava sotto i propri piedi ed esploratori a cavallo di esseri che sembravano Progenie dell’Ombra, ma doveva sia suonare sia apparire sicuro. Inoltre, quando sapevi cos’era in grado di fare il nemico, potevi adattarti. Questa era una parte essenziale dell’arte della guerra fin da molto prima che apparissero i Seanchan. L’oscurità limitava i vantaggi dei Seanchan, così come le tempeste, e un esperto del tempo poteva sempre stabilire quando un temporale era prossimo. «Un uomo saggio smette di masticare quando raggiunge l’osso,» proseguì «ma finora i Seanchan hanno avuto la carne tagliata fina prima ancora di mangiarla. Io intendo dar loro una coscia dura da mordere. Inoltre ho un piano per farli azzannare così velocemente che si romperanno i denti sull’osso prima di ottenere un pezzetto di carne. Ora. Io mi sono impegnato. Voi lo farete?»

Fu dura non trattenere il respiro. Ogni uomo sembrava guardare dentro di sé. Riusciva a vederli rimuginarci sopra. Il Lupo aveva un piano. I Seanchan avevano Aes Sedai al guinzaglio e bestie volanti e solo la Luce sapeva cos’altro ancora. Ma il Lupo aveva un piano. I Seanchan. Il Lupo.

«Se c’è qualcuno che può sconfiggerli,» disse infine Shimron «quell’uomo sei tu, lord Ituralde. Io mi impegno.»

«Io mi impegno!» urlò Rajabi. «Li ricacceremo indietro attraverso l’oceano da cui sono venuti!» Aveva un temperamento da toro proprio come il suo collo.

Sorprendentemente, Wakeda tuonò il suo assenso con uguale entusiasmo, poi un fragore di voci eruppe, urlando che avrebbero mantenuto l’impegno col re, che avrebbero sbaragliato i Seanchan, alcuni perfino che avrebbero seguito il Lupo fin nel Pozzo del Destino. Tutto molto gratificante, ma non era tutto ciò per cui Ituralde era venuto.

«Se tu ci chiedi di combattere per l’Arad Doman,» urlò una voce sopra le altre «allora chiedilo a noi!» Le promesse urlate dagli uomini si ridussero a irosi borbottii e sommesse imprecazioni. Nascondendo il proprio compiacimento dietro un’espressione affabile, Ituralde si voltò verso colui che aveva parlato, dall’altra parte della stanza. Il Tarabonese era un uomo scarno, con un naso adunco che formava una sorta di tenda sul suo velo. I suoi occhi erano duri, però, e acuti. Alcuni degli altri Tarabonesi si accigliarono come seccati che avesse parlato, in questo modo pareva non avessero alcun capo proprio come i Domanesi, tuttavia l’aveva fatto. Ituralde aveva sperato nelle promesse che aveva ricevuto, ma non erano necessarie per il suo piano. I Tarabonesi lo erano. Perlomeno, con loro sarebbe stato cento volte più probabile che funzionasse. Si rivolse all’uomo cortesemente, con un inchino.

«Ti offro l’opportunità di combattere per Tarabon, mio buon signore. Gli Aiel stanno provocando confusione sulla piana; i profughi ne parlano. Dimmi, una piccola compagnia dei tuoi uomini – cento, forse duecento – potrebbe attraversare la piana fra tale disordine ed entrare a Tarabon, disponendo di armature a strisce come quelle di coloro che cavalcano coi Seanchan?»

Sembrava impossibile che il volto del Tarabonese potesse contrarsi ancor di più, tuttavia lo fece, e fu il turno degli uomini dal suo lato della stanza di borbottare in modo iroso e imprecare. Erano giunte sufficienti notizie al nord perché fossero al corrente che un re e un panarca erano stati messi sui loro troni dai Seanchan e avevano giurato fedeltà a un’imperatrice dall’altra parte dell’Oceano Aryth. Era probabile che non gradissero che gli venisse ricordato quanti dei loro connazionali cavalcavano ora per questa imperatrice. Molti dei ‘Seanchan’ sulla piana di Almoth erano Tarabonesi.

«A cosa potrebbe servire una piccola compagnia?» brontolò l’uomo scarno, sprezzante.

«A poco» replicò Ituralde. «Ma se ce ne fossero cinquanta, di compagnie del genere? O cento?» Questi Tarabonesi potevano avere così tanti uomini a disposizione, tutto sommato. «E se tutte loro colpissero nello stesso giorno, in ogni angolo di Tarabon? Io stesso cavalcherei con loro, come tutti quanti i miei uomini che possono essere equipaggiati con un’armatura tarabonese. Questo solo perché tu sappia che non è soltanto uno stratagemma per liberarmi di te.»

Dietro di lui, i Domanesi cominciarono a protestare in maniera rumorosa. Wakeda era il più chiassoso di tutti, se mai fosse stato possibile. Il piano del Lupo andava più che bene, ma volevano che fosse il Lupo in persona a guidarli. Molti dei Tarabonesi iniziarono a discutere fra loro, interrogandosi se così tanti uomini potessero attraversare la piana senza essere scoperti, anche in drappelli tanto ristretti, su quale utilità avrebbero avuto a Tarabon in compagnie tanto piccole e se fossero disposti o meno a indossare armature a strisce come quelle dei Seanchan. I Tarabonesi litigavano tanto facilmente quanto i Saldeani, e con altrettanto impeto. Ma non l’uomo dal naso adunco. Lui incontrò fermo lo sguardo di Ituralde. Poi fece un lieve cenno col capo. Era difficile distinguerlo, dietro quei folti baffi, ma Ituralde pensò che stesse sorridendo. L’ultima tensione svanì dalle spalle di Ituralde. Quell’individuo non avrebbe assentito mentre gli altri discutevano se non fosse stato un capo fra loro, più di quanto non sembrasse. Anche gli altri sarebbero venuti, ne era certo. Avrebbero cavalcato verso sud con lui nel cuore di quello che i Seanchan consideravano il loro territorio, e gli avrebbero assestato un bello schiaffo in piena faccia. Di certo i Tarabonesi avrebbero voluto rimanere, in seguito, e continuare la lotta nella propria patria. Non poteva aspettarsi nulla di diverso. Il che avrebbe costretto lui e le poche migliaia di uomini che poteva portare con sé a essere ricacciati di nuovo a nord, per tutta la lunga strada della piana di Almoth. Se la Luce avesse brillato su di lui, ricacciati con furia.

Ricambiò il sorriso del Tarabonese, sempre che il suo lo fosse. Con un po’ di fortuna, i generali infuriati non avrebbero visto dove li stava conducendo finché non fosse stato troppo tardi. E se l’avessero fatto... Be’, aveva un piano di riserva.