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Toltosi quindi il braccialetto, lo ficcò con gesto teatrale, insieme con la culla, dentro il guardiano. Nel farlo, gli parve di affondare la mano in una ciotola di lievito di pane caldo. Mollò gli oggetti e la ritirò. Il guardiano non si mosse, e braccialetto e culla rimasero dove lui li aveva lasciati.

«Fin da principio ho capito che il braccialetto da voi datomi mi consentiva di avere speciali poteri, talenti non naturalmente miei. E, pur non conoscendo le condizioni specifiche, ho capito anche che, dall’aiutarvi, mi sarebbero venuti benefici sostanziali e continuativi. Così, ho pensato che finalmente, finalmente, Troy Jefferson sarebbe stato qualcuno di speciale, a questo mondo.»

Nella quiete totale della sala, Troy passò accanto al capitano Winters, che assisteva al tutto con sereno distacco, e si affiancò a Nick e Carol. «Quando è stato ucciso mio fratello Jamie» riprese, in tono sommesso «ho giurato che avrei fatto qualunque cosa fosse necessaria, pur di lasciare la mia impronta sulla società. Nei due anni di vagabondaggio per tutto il paese, ho trascorso la maggior parte del tempo a fantasticare, e le mie fantasticherie approdavano tutte a una conclusione: avrei scoperto qualcosa di nuovo, di così nuovo da scuotere il mondo, e sarei diventato ricco e famoso dall’oggi al domani.»

Diede quindi un rapido bacio a Carol e, strizzandole l’occhio, disse: «Ti voglio bene, angelo. E anche a te, professore». Poi si girò e si pose di fronte al cilindro coperto. «Giovedì pomeriggio, al ritorno da qui, ero tanto emozionato da non star più nella pelle. Continuavo a dirmi: “Porca vacca, Jefferson, l’occasione è arrivata! Stai per diventare l’uomo più importante nella storia di questo schifo di mondo!”.

«Ma in questi tre giorni ho imparato qualcosa di molto importante» continuò dopo una pausa. «Una cosa che la maggioranza di noi probabilmente trascura: e cioè che l’importanza non è il risultato finale, bensì il processo per arrivarci. Quello che conta è ciò che s’impara mentre si sogna, si progetta, si lavora a un obiettivo, non il raggiungimento in sé dell’obiettivo. Ecco perché ora voi dovete fare ciò che i miei amici hanno chiesto.

«In questi ultimi minuti, lo so, voi ET avete cercato di spiegarmi, attraverso il braccialetto che mi avevate offerto per sempre, che i nuovi umani che intendevate depositare qui avrebbero condotto noi, esseri primitivi, verso un’era di ardite meraviglie. Sarà anche vero, e concordo con voi che a una specie come la nostra, piena di pregiudizi, di egoismo e di ogni sorta di problemi, un tantino di aiuto farebbe senz’altro comodo. Ma le risposte ai nostri problemi non possono venirci da voi. Senza il beneficio della lotta, senza il processo di superamento delle nostre debolezze, noi vecchi umani non potremmo mai cambiare radicalmente. Anziché divenire migliori, diverremmo cittadini di seconda classe, accoliti di un futuro concepito e progettato da voi. Portatevi dunque via i vostri umani perfetti, e lasciateci la possibilità di vedercela da noi. Ce la meritiamo».

Per parecchi secondi dopo la fine del suo discorso, nella sala non ci fu il minimo movimento. Poi il guardiano dinnanzi a lui scattò di lato e si avviò. Troy si preparò all’attacco. Ma il guardiano si diresse verso l’uscita accanto al cilindro, braccialetto e culla sempre visibili all’interno del corpo.

«È fatta, popolo!» gridò felice Troy. Nick e Carol si abbracciarono, e Troy prese per mano il capitano Winters. Nell’andarsene, si volsero tutti insieme a dare un ultimo sguardo alla grande sala e, in quell’istante, ciascuno la vide a seconda delle strabilianti esperienze vissute. Dietro le pareti erano ripresi i rumori. E tappeti, piattaforme e guardiani stavano uscendo in fila dalla sala per la porta accanto al cilindro coperto.

Stavano sulla Florida Queen da soli tre o quattro minuti, quando l’acqua sottostante si fece a un tratto assai turbolenta. Erano stranamente silenziosi tutt’e quattro, mentre uno spazientito tenente Ramirez andava avanti e indietro sul ponte nel tentativo di trovare chi gli spiegasse cos’era successo sott’acqua. Ma venne ignorato perfino dal capitano Winters, che si limitò a scuotere il capo o a dare risposte semplicistiche a qualunque domanda.

I quattro erano certi che l’astronave stesse per partire, ma non si rendevano conto che, prima di erompere dalle acque per levarsi in cielo, essa doveva allontanarsi piano dalla zona per non provocare un’ondata gigantesca che li avrebbe sommersi. L’acqua rimase agitata per parecchi minuti, mentre i quattro scrutavano l’orizzonte alla ricerca di un suo segno.

«Guardate!» urlò emozionato il capitano Winters, indicando un gigantesco uccello d’argento che si levava nel cielo a circa quarantacinque gradi dal primo sole. L’ascesa fu dapprima lenta, poi sempre più rapida. Nick, Carol e Troy osservarono il solenne spettacolo tenendosi stretti per le mani. Winters venne loro accanto. In trenta secondi, l’astronave svanì oltre le nubi. E non s’era udito il minimo suono.

«Fantastico» disse il capitano Winters.

FINE