«Vacca merda,» esclamò Carol, alzandosi istintivamente dalla sedia per andare a raggiungere Dale «ma, allora, quello dev’essere il missile scomparso! E ce l’abbiamo avuto sotto i piedi per tutto il tempo!» Poi, afferrata la bacchetta e agitandola verso lo schermo: «Ma questa macchia rossa, cos’è? Pare il gatto del Cheshire di Alice nel paese delle meraviglie».
«Con certezza, non lo so, e probabilmente non è nulla di speciale» rispose Dale. «Ma una mezza idea ce l’ho, e, guarda caso, si basa proprio sul tuo racconto dello strano comportamento delle tre balene. La macchia potrebbe essere la testa di un’altra balena, che, da un punto lontano dalla luce, guarda fuori dalla grotta o da ciò che quella fessura rappresenta. Ecco, guarda un po’: zumando un tantino, si ottiene un’immagine singola di entrambe le regioni isotermiche rosse, e, se ci fai caso, la regione rossa al centro della fessura sembra uguale al rosso delle tue balene-sentinella. E le due regioni rimangono comparabili per temperatura anche aumentando lo zoom. Insomma, non sarà una prova certa, però di sicuro avvalora la mia ipotesi.»
Carol era già molto oltre col pensiero, tutta concentrata sulla sua prossima mossa. La cosa essenziale era il recupero del missile prima che qualcuno avesse saputo della sua posizione: dunque, ritorno a Key West il più presto possibile.
«Un favore, Dale,» disse prendendo borsetta e cartella «puoi farmi portare all’aeroporto, e subito? Voglio richiamare quel tenente Todd per mettergli addosso un po’ di strizza. Così diventerà un po’ più guardingo e noi guadagneremo tempo.»
Una pausa, il cervello impegnato a pensare a un milione di cose tutte insieme. «Da qui, però, non posso farlo perché lo insospettirei… E bisogna che mi procuri una barca per domani… Oh, fra parentesi: immagino che tu abbia una copia di quelle immagini per me, vero?»
«Ma certo» confermò Dale. «Prima, però, siedi buona buona un secondo, perché ho da mostrarti qualcos’altro. Non so ancora se si tratti di un fenomeno reale, ma, se lo è…» Carol fece per protestare, ma qualcosa nell’atteggiamento di lui la indusse a ubbidire. Quando fu seduta, Dale si lanciò in un’esposizione degli algoritmi d’ingrandimento, spiegando come le informazioni delle immagini potessero venir ingrandite in modo da far risaltare tratti speciali e da facilitare l’interpretazione.
«Sì, sì, va bene,» disse Carol dopo un po’ «ma a me serve solo il succo. Che tu e i tuoi ingegneri siate dei califfi, lo so già.»
Dale richiamò sullo schermo la prima immagine infrarossa, quella col primo piano delle tre balene sotto la barca. «Questa immagine ha scarsa granulosità termica. I pixel della regione colorata in rosso, per esempio, non corrispondono tutti esattamente alla medesima temperatura; in realtà, insomma, c’è un divario di circa cinque gradi nell’arco di temperature rappresentato dallo stesso colore. Ora, se ingrandiamo l’immagine in modo che le regioni isotermiche vengano a coprire un arco totale di soli due gradi ciascuna, otteniamo quest’altra immagine.»
La nuova immagine presentava dieci colori diversi. Riconoscervi i tratti individuali era ora assai più difficile, così come assai più difficile ne risultava l’interpretazione a causa dei punti-dato che vi comparivano. Una parte di muso di una delle balene aveva ora un colore diverso da quello del resto dell’animale.
«Il limite di precisione dell’apparecchio, una volta convertiti in temperature i dati grezzi dello spettro, è di circa un grado. Ingrandendo l’immagine di un altro po’, ossia facendo in modo che le regioni isotermiche collegate coprano un arco totale di un solo grado ciascuna, otteniamo un qualcosa di intellegibile. Ora, i colori delle regioni isotermiche sono venti, e siccome il disturbo o errore di ciascun punto-dato è della stessa entità dell’arco della regione isotermica, risulta praticamente impossibile vedere figure di oggetti noti, come le tre balene. Tutto questo preambolo te l’ho fatto per uno scopo: quello di farti render conto che ciò che sto per mostrarti è senza dubbio assai affascinante, ma può anche essere del tutto sbagliato.»
L’immagine seguente fu un primo piano infrarosso del fondale oceanico, in un punto immediatamente al di sopra della trincea seguita a rovescio da Carol nella sua ricerca dell’origine dei solchi. In esso, le familiari linee parallele si scorgevano a malapena, e la fessura era quasi all’estrema sinistra. Ad ambo i lati della trincea, un blu qua e là sparso di verde demarcava le due scogliere. Carol rivolse a Dale uno sguardo interrogativo.
«Questo primo piano ha la medesima granularità — cinque gradi — dell’immagine grande di riferimento, e non presenta nulla di notevole.» Altra immagine. «Lo stesso vale per questo, dove abbiamo portato ancora una volta a dieci il numero dei colori. Ma guarda un po’ questa, invece.» Sullo schermo apparve un’ennesima immagine, assai difficile da seguire e tanto più da interpretare. Le regioni erano collegate qua e là, secondo uno schema apparentemente casuale, da non meno di venti colori diversi, e l’unica cosa regolare erano le scogliere di fondo, su cui vivevano il corallo e altra flora e fauna marine. Ed erano proprio le scogliere di fondo a metter Dale in tanta agitazione.
«Questo è quello che volevo farti vedere» disse, indicando a gesti le scogliere ai due lati della trincea. «Le scogliere hanno ciascuna un colore diverso. Per qualche ignota e inspiegabilissima ragione, ogni area rocciosa di fondo di questa scogliera è verde-pallido, mentre quella della dirimpettaia oltre la trincea, a pochi metri di distanza, è gialla. Una differenza di un grado. Ora, se qualche sezione gialla fosse sparsa di verde-pallido e viceversa, direi che siamo in presenza di dati privi di significato, di pure e semplici impronte di rumore. Ma il verde-pallido da una parte, e il giallo dall’altra, dicono che non è così.»
Carol non riusciva ad afferrare. Vedeva sì che le rocce di una scogliera erano verde-pallido e quelle della dirimpettaia gialle, ma non capiva che significato ciò potesse avere. Scosse la testa: aveva bisogno di altre spiegazioni.
«Ma non capisci?» concluse teatralmente Dale. «Se il dato è giusto, abbiamo trovato una cosa importantissima: o una di queste scogliere contiene una fonte che ne rende la superficie uniformemente più calda, o — e ammetto che suona davvero incredibile — una delle due non è una scogliera, bensì qualcosa di camuffato per tale!»
4
Trovare un parcheggio nel pieno di un giorno feriale vicino alla casa di Amanda Winchester a Key West, era quasi sempre impossibile. La Hemingway Marina aveva sì rivitalizzato il quartiere vecchio in cui Amanda abitava, ma, come al solito, nessuno aveva pensato a spazi di parcheggio in proporzione. Tutte le residenze ottocentesche, ridipinte e ristrutturate, delle vie Eaton e Caroline esibivano cartelli del tipo: NON RESIDENTI, È SEVERAMENTE VIETATO PARCHEGGIARE QUI!, ma invano. La gente che lavorava nei negozi del porto turistico parcheggiava dove le faceva comodo, anche perché il parcheggio del porto costava un occhio.
Dopo un quarto d’ora di vane ricerche, Nick Williams decise di lasciare la macchina davanti a un negozio di scatolami e di farsi a piedi l’isolato che lo separava dalla casa di Amanda. Provava una strana ansia: un po’ era nervoso per l’agitazione, un po’ avvertiva un certo senso di colpa. Amanda era stata la finanziatrice maggiore della spedizione originaria della Santa Rosa, e lui ci aveva passato un bel po’ di tempo insieme dopo il ritrovamento del tesoro. Lei, lui e Jake Lewis s’erano convinti che Homer Ashford e il suo ménage-à-trois fossero riusciti a nasconderne parte e, quindi, a frodarli della giusta quota loro spettante. Amanda e lui si erano dati da fare per trovare prove del furto di Homer, ma, di concrete e incontrovertibili, non ne erano emerse.