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Winters rise. Dora gli era simpatica. Quasi sessantenne, nera, oltre dodici volte nonna, era una delle poche segretarie della base che andasse veramente orgogliosa del proprio lavoro, e trattava tutti, lui compreso, come figli suoi. «Perché non me l’ha detto?» esclamò, fingendosi offesa. «E se mi scappava, eh? L’anno scorso le avevo pur detto che doveva farci sapere quando recitava, no?»

Lui le batté affettuosamente sulla mano. «Volevo, Dora, ma mi è sfuggito di mente. Le mie attività teatrali, lo sa anche lei, non rientrano precisamente fra quelle predilette dalla Marina, sicché non vado in giro a battere la grancassa. Ma, tra un paio di settimane, le farò avere dei biglietti per lei e suo marito.» Guardò la pila di messaggi sulla scrivania. «Tutta ’sta roba, in poco più di due ore che sono stato via? Altro che pioggia: qui vien giù a rovesci!»

«Ce ne sono due che dovrebbero essere urgenti» disse Dora, guardando l’orologio. «Una certa signorina Dawson del Miami Herald chiamerà fra cinque minuti circa, e quel tenente Todd non ha smesso di chiamare per tutta la mattina. Dice che la deve assolutamente vedere prima di pranzo, altrimenti non può prepararsi come si deve per la riunione di questo pomeriggio. A quanto pare, ha lasciato un lungo messaggio sul videotel, rubrica Segretissimo, e ce l’ha con me perché non ho voluto interrompere la sua riunione per comunicarglielo. È davvero così importante?»

Il capitano Winters si strinse nelle spalle e aprì la porta dell’ufficio. Todd… Chissà che vuole, pensò. Certo, forse era meglio che controllassi il videotel prima di correre dal capo. «I messaggi, li ha inseriti tutti nell’elaboratore?» chiese prima di richiuderla. Dora assentì. «Bene: allora parlerò con la signorina Dawson, quando chiamerà, e dica a Todd che lo vedrò fra un quarto d’ora.» Sedette alla scrivania e accese l’elaboratore. Attivata la voce Posta, vide che c’erano tre messaggi nuovi, uno dei quali sotto la rubrica SEGRETISSIMO. Identificatosi, batté il codice segretissimo e cominciò a leggere il messaggio del tenente Todd.

Squillò il telefono. Dopo qualche secondo, Dora gli comunicò che era la signorina Dawson. Prima di cominciare, lui concordò che il colloquio avvenisse per video e potesse essere registrato. Carol — che lui riconobbe all’istante dalle sue occasionali apparizioni televisive —, dopo avergli detto di parlare dal salone telecomunicazioni dell’aeroporto internazionale di Miami, non si perse in preamboli.

«Comandante Winters, secondo notizie ufficiose in nostro possesso, la Marina sarebbe impegnata nella ricerca di qualcosa d’importante, e di segreto, nel Golfo del Messico, tra Key West e le Everglades. Queste notizie sono state smentite dai vostri addetti stampa e da un certo tenente Todd, che ci hanno rinviato per ogni informazione a lei. Sempre secondo la nostra fonte — che da nostra successiva verifica si è rivelata veritiera in ambo i casi —, circola oggi nel Golfo un gran numero di navi tecnologiche, e c’è da parte vostra il tentativo di ottenere il noleggio, da parte dell’Istituto Oceanografico di Miami, di sofisticati telescopi oceanici. Mi sa dire qualcosa in merito?»

«Ma sicuro, signorina Dawson» rispose, sfoggiando il suo miglior sorriso d’attore, Winters, che s’era preparato con cura la risposta nella riunione del mattino con l’ammiraglio. «È davvero sbalorditivo come corrano le voci, soprattutto quando c’è chi sospetta la Marina di atti nefandi.» Un risolino ironico, poi: «L’attività di cui lei parla consiste semplicemente in preparativi per manovre ordinarie da tenersi la prossima settimana. Alcuni marinai delle navi tecnologiche hanno bisogno di un po’ di pratica per rinfrescare le nozioni arrugginite. Quanto ai telescopi dell’IOM, intendevamo usarli appunto durante le manovre per provarne la capacità in materia di valutazione delle minacce sottomarine». Guardando dritto alla telecamera, concluse quindi: «Ecco tutto, signorina Dawson: come vede, non c’è proprio nulla di speciale».

Carol lo osservò sul monitor dell’aeroporto. S’era aspettata un tipo tutto autorità sussiegosa, e invece vedeva un uomo dall’espressione dolce, che appariva in possesso di una sensibilità del tutto inconsueta in un ufficiale di carriera. D’un tratto, le venne un’idea, e si avvicinò alla telecamera. «Comandante Winters,» disse in tono affabile «mi consenta di farle una domanda ipotetica. Se la Marina stesse sperimentando un nuovo tipo di missile e uno di tali missili si perdesse in volo, andando magari a minacciare centri abitati, non sarebbe probabile che essa, giustificandosi con le esigenze della sicurezza nazionale, negasse un evento del genere?»

Per una fuggevole frazione di secondo, negli occhi del capitano Winters l’espressione di serena dolcezza lasciò il posto allo shock. «È difficile rispondere a una domanda ipotetica come questa» intonò quindi formalmente, riacquistando subito il controllo. «Posso dirle, però, che la politica della Marina è quella di tenere l’opinione pubblica al corrente delle proprie attività. L’unico caso in cui interverrebbe una qualche forma di censura è quello di informazioni suscettibili di costituire una minaccia grave per la sicurezza nazionale.»

Il colloquio si concluse rapidamente. Carol aveva ottenuto il suo scopo. Maledizione, imprecò fra sé il capitano Winters, mentre Dora gli annunciava l’arrivo del tenente Todd. Questa, me la sarei dovuta aspettare. Ma lei, come fa a sapere? Che sia riuscita a fregare Todd o qualche altro ufficiale? O è stato qualcuno di Washington, a spifferare tutto?

Aprì la porta dell’ufficio, e il tenente Todd si precipitò dentro quasi d’assalto. Con lui c’era un altro giovane tenente: un tipo alto, spalle grosse e baffoni, che Todd presentò come il tenente Ramirez del servizio informazioni della Marina. «Ha letto il mio messaggio? Che ne pensa? Mio Dio, è quasi incredibile che i russi abbiano fatto una cosa del genere. Mai li avrei fatti così scaltri.» Gridava, quasi, nell’andare agitato su e giù per la stanza.

Winters osservò tutta quella agitazione. Questo giovane tenente ha una gran fretta di arrivare da qualche parte: sprizza impazienza da tutti i pori. Ma che accidenti va dicendo dei russi? E che ci fa, qui, ’sto Maciste messicano?

«Si accomodino, prego» disse, indicando le due poltrone davanti alla scrivania. Poi, serio, a Todd: «E lei cominci a spiegarmi perché si è portato dietro il tenente Ramirez. Il regolamento lo conosce, ed è stato ribadito a tutti proprio la settimana scorsa: gli unici autorizzati a comunicare informazioni strettamente necessarie sono gli ufficiali di grado equivalente a capitano di fregata o superiore».

Todd si difese all’istante dal rimprovero. «Signor comandante, ritengo che siamo di fronte a un incidente internazionale tanto grave, che un intervento dei progetti speciali e dell’ingegneria dei sistemi, da solo, non basta. Stamane, alle 8,30, ho lasciato detto al suo videotel che mi chiamasse all’ASAP, perché il progetto Freccia Spezzata aveva registrato nuovi e importanti sviluppi. Alle 10, non essendo ancora riuscito a parlarle nonostante tutta una serie di telefonate, ho pensato, con preoccupazione, che stessimo perdendo del tempo prezioso, e così mi sono messo in contatto con Ramirez perché potesse mettersi all’opera coi suoi uomini.»

Qui, si alzò. «Signor comandante,» riprese, in tono sempre più concitato «forse nel mio messaggio non sono stato sufficientemente chiaro. Ebbene, abbiamo indizi concreti che il Panther è stato volutamente indirizzato fuori rotta subito dopo l’attivazione dell’APRS! Una ricerca manuale speciale dei dati telemetrici intermittenti ci ha confermato che i ricevitori d’impulso-comando sono impazziti per un periodo di due secondi immediatamente prima della deviazione di rotta del missile.»