«Lei fuma, tenente?» chiese, offrendo una sigaretta a Todd e infilandosene una in bocca. Il giovane ufficiale fece di no con la testa. «Io, invece, sì,» continuò, accendendosi la Pall Mall «anche se ci sono mille ragioni per cui non dovrei. Ma non lo faccio quasi mai in vicinanza di persone che non fumano. Per delicatezza.»
Andò a guardare dalla finestra esalando lentamente il fumo dalla bocca. Todd sembrava sconcertato. «Però, in questo momento, non è strano?, lo sto facendo, e proprio per delicatezza» continuò. «Per delicatezza nei suoi confronti, tenente Todd. Perché, vede,» e qui si girò con fare teatrale «dopo una fumata sono più calmo. E posso perciò dominare meglio la mia collera.»
E, venendo a piantarsi in faccia a Todd: «Perché, mio caro giovanotto, a me, questa faccenda, mi ha proprio mandato fuori dai gangheri! Una parte di me vorrebbe darle una lezione esemplare, come sarebbe quella di mandarla sotto processo per infrazione al regolamento. Lei è troppo temerario, troppo sicuro delle sue deduzioni, e quindi troppo pericoloso. Se alcune delle cose da lei dette qui se le fosse lasciate sfuggire con quella giornalista, adesso saremmo all’apriti cielo. Ma…» continuò tornando dietro la scrivania e spegnendo la sigaretta nel posacenere «ma e stata sempre mia convinzione che una persona non vada crocifissa per un singolo sbaglio.»
Poi, sedutosi, concluse, allungandosi contro lo schienale: «Così, detto fra noi, tenente, lei ora con me è come se fosse in libertà vigilata. Dunque, non voglio più sentir parlare di incidenti internazionali, perché questo è solo un semplice caso di mancato funzionamento durante una prova. Faccia il suo lavoro sino in fondo e meticolosamente, e stia certo che, se lo farà bene, la sua parte sarà tenuta nel debito conto. Il sistema non è cieco né alla sua ambizione né al suo talento. Ma se ripartirà in quarta senza motivo su questa faccenda, mi farò personalmente un dovere di stroncarle la carriera».
Todd capì che quello era il congedo. Era ancora infuriato, soprattutto con se stesso, ma si guardò bene dal lasciarlo trasparire. Il capitano di fregata Winters, per lui, era un vecchio stronzo di scarsa competenza, e il doverne subire il sermoncino era quanto mai detestabile. Ma, per il momento, non c’è che da inghiottire il rospo, si disse, lasciando l’ufficio.
6
La spia della segreteria telefonica stava lampeggiando, quando Nick rincasò dopo l’incontro con Amanda e lo scontro con Greta. Riposta la sacca col tridente nello sgabuzzino, accese la macchina. Sullo schermo da tre pollici apparve Julianne. Nick ebbe un sorriso: qualunque fosse il messaggio, e per minimo che fosse, lei lo lasciava sempre in video!
«Spiacente, Nick, ma i tuoi clienti di Tampa per domani e domenica hanno appena telefonato per annullare. Dicono che hanno sentito un bollettino meteorologico che prevede tempeste. Male del tutto non ti va, comunque, perché la caparra resta a te di diritto.» Un silenzio di un paio di secondi, poi: «Ah, fra parentesi: Linda, Corinne e io andiamo da Sloppy Joe, stasera, a sentire Angie Leatherwood. Perché non ci fai un salto anche tu a darci un salutino? Magari ti offro da bere…».
Oh, cazzo!, imprecò Nick dentro di sé. I soldi mi servivano. E anche a Troy. Batté automaticamente il nome di Troy sulla piccola tastiera accanto al telefono e attese che lui alzasse il ricevitore e accendesse il video.
«Oh, ciao, professore! Che ci fai ai tropici in una così bella giornata?» Di buonumore, al solito: Nick non riusciva a capire come si potesse esserlo tanto e costantemente.
«Ho un sacco di brutte notizie, amico mio» rispose Nick. «Prima, Amanda Winchester dice che il nostro tridente è moderno e quasi certamente non fa parte di un antico tesoro. Io non ne sono tanto convinto, ma certo la cosa non sembra promettente. Seconda, e probabilmente più importante nell’immediato, il nostro nolo è stato annullato, per cui niente lavoro per il fine settimana.»
«Orc… Questo sì che è un bel problema» disse Troy, accigliandosi. Per un momento, sembrò non saper che dire, ma poi tornò il Troy consueto, tutto sorriso e gaiezza: «Be’, professore, avrei un’idea. Visto che siamo tutt’e due senza niente da fare per il pomeriggio, perché non vieni qui, al sanatorio Jefferson, che ci facciamo un po’ di patatine e birra? Anche perché avrei da farti vedere una cosa» concluse, con un brillìo ironico negli occhi.
In altre circostanze, Nick avrebbe quasi certamente declinato l’invito per rimanere a casa a leggersi Madame Bovary. Ma la mattina era stata così colma di emozioni, che sentiva di aver bisogno di un po’ di spensieratezza. Sorrise fra sé. Troy era un uomo assai divertente, e un pomeriggio di alcol e spassi suonava allettante. Inoltre, in quattro mesi che l’aveva come dipendente, non avevano ancora trovato il tempo di socializzare. Perché era vero che avevano passato molte ore a lavorare insieme sulla barca, però lui, Nick, nel suo appartamento non era ancora mai stato. «D’accordo,» si udì rispondere «accettato. Io porto il cibo e tu metti la birra. Sarò lì fra una mezz’ora circa.»
Troy arrivò a sua volta proprio mentre lui fermava la macchina davanti alla villetta bifamiliare dalle strutture in legno. La villetta sorgeva in uno dei quartieri più vecchi di Key West. Troy doveva essere andato a piedi a un negozio dei paraggi, perché aveva in mano un grosso sacchetto di carta marrone contenente tre confezioni da sei birre ciascuna. «Questo dovrebbe bastarci per il pomeriggio» disse con una strizzatina d’occhio, salutando Nick e guidandolo su per la scala alla propria porta. Su di essa, attaccato col nastro adesivo, c’era un foglio che diceva: PROF — TORNO SUBITO — TROY. Staccatolo, allungò la mano su una piccola mensola sovrastante la porta a cercare la chiave.
Nick non si era mai domandato che aspetto potesse avere l’appartamento di Troy, ma di sicuro non avrebbe immaginato di vedervi un soggiorno del genere. Il soggiorno era ordinato con precisione geometrica, e ammobiliato in uno stile che poteva solo definirsi “del tempo che fu”. La variopinta serie di vecchi divani e poltrone provenienti da garage e soffitte dei dintorni (nessuno in tinta, perché il colore non aveva importanza per Troy, che concepiva mobili e arredi come unità funzionali, non come elementi decorativi) era disposta a rettangolo, con al centro un lungo tavolo da caffè, in legno, sul quale stavano, in bell’ordine, pile di riviste di elettronica e audiovisivi. Dominava il soggiorno un sistema stereo d’avanguardia, con quattro alte casse negli angoli che dirigevano il suono al centro della stanza. Non appena furono entrati, Troy andò al lettore CD in cima al complesso stereo e lo accese. Il soggiorno si riempì di una voce femminile nera meravigliosamente corposa, su uno sfondo di piano e chitarra.
«È il nuovo album di Angie» disse Troy, porgendo a Nick una birra aperta (era andato in cucina e al frigorifero, mentre lui rimaneva a osservare la stanza). «Secondo il suo agente, sarà oro. Love Letters non è andato alle stelle, ma lei, comunque, ci ha fatto più di un quarto di milione — senza contare i soldi del giro di concerti.»
«Ricordo che mi hai detto di conoscerla» disse Nick, bevendo un lungo sorso. Intanto, era andato a fermarsi davanti a una scatola accanto al complesso stereo, nella quale stavano ben ordinati sessanta o settanta dischi. In cima alla pila, sulla copertina di un album aperto, spiccava l’immagine di una bella giovane nera su uno sfondo di luce soffusa. La donna portava un lungo vestito scuro da ricevimento. Memories of Enchanting Nights era il titolo dell’album. «C’è forse qualcosa di più, nella storia della signorina Leatherwood; qualcosa che ancora non mi hai detto?» chiese Nick alzando gli occhi a guardare Troy. «Donna spettacolosa, se vuoi il mio parere.»