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«Tu sei proprio suonato, Jefferson» disse Nick osservando l’esibizione alla Tarzan. «Ma proprio da manicomio: come faccio a fidarmi a stare solo con te sulla barca, d’ora in poi? Voglio dire, immagina gli annunci sui giornali “Avventura aliena: un incontro con Susie Q, la regina del porno, in un castello sotterraneo sull’asteroide Vitt”. E, a proposito: come accidenti hai fatto a inserire tutti quegli spezzoni di film?»

«Con un fracco di ricerche e di duro lavoro, professore» rispose Troy, cominciando a calmarsi un poco. «Lanny e tre suoi amici si sono sorbiti almeno un migliaio d’ore di visionamento per trovarmi gli spezzoni giusti. E niente di tutto ciò sarebbe stato possibile, naturalmente, senza i nuovi metodi d’immagazzinamento-dati. Oggi possiamo immagazzinare un’ottima versione digitale di ogni film mai fatto negli Stati Uniti in uno spazio non molto superiore a quello di questa villetta bifamiliare. Io ho semplicemente sfruttato al meglio le capacità della banca-dati.»

Nick schiacciò una lattina di birra fra le mani. «Favoloso, niente da dire. Ma, in quanto alla faccenda del sesso, non saprei. E perché vuoi che il giocatore dichiari la sua razza all’inizio del gioco? Non pensi che potrebbe offendere qualcuno? Nel gioco, non ho visto niente che fosse basato su questo tipo d’informazione.»

Benché ubriaco, Troy diventò momentaneamente serio, anzi quasi sobrio. «Il sesso e la razza fanno entrambi parte della vita, caro mio» disse deciso. «Ora, sarà anche vero che la gente gioca ai videogiochi principalmente per divertimento, e che preferisce non dover affrontare certi argomenti mentre si diverte, però io credo che una certa licenza creativa me la si debba concedere. La razza è con noi quotidianamente, e, ignorandola, non si fa, secondo me, che aggravare il problema.»

Poi, illuminandosi, continuò: «Ehi, professore, hai notato che l’uomo lucertola di Thenia era nero? Tu hai proceduto ignorandone l’avvertimento: ma, e se fosse stato bianco? Saresti forse tornato alla navetta? Ebbene, quando a giocare è un nero, l’uomo lucertola di Thenia è bianco. Fa parte dello spettacolo, ecco tutto. E lo scenario contiene appunto una ventina di variazioni a seconda della razza inserita».

All’espressione manifestamente incredula di Nick, Troy disse, alzandosi per tornare con lui nella stanza dove avevano giocato: «Dico sul serio. Ora ti mostro che succede se inserisci “Maschio” e “Nero”».

Punto dalla curiosità, Nick lo seguì. Troy accese e lui inserì i dati biografici cambiando la razza da bianca in nera. Stavolta, quando l’immagine sul televisore della cabina spaziale fu a fuoco, la principessa Heather risultò nera — e impersonata da Angie Leatherwood! «Che mi pigli un colpo secco!» esclamò Nick, rivolto a un Troy raggiante. «Signor Jefferson, lei è proprio un califfo.» Dopodiché lasciò la stanza fischiettando e scuotendo la testa, mentre Troy spegneva la macchina e lo seguiva.

«Bene,» disse Nick, una volta che furono tornati in soggiorno e che si furono accomodati sul divano: «un’ultima domanda sul gioco, e poi basta, per il momento. Come hai fatto a inserirci il mio nome? Mi è sembrata la cosa più sbalorditiva.»

«L’idea originaria è stata di Lanny, e gli è venuta da un film su un fonoiatra. Lui ha preso tutti i personaggi minori e gli ha fatto passare una giornata a pronunciare tutti i suoni vocalici e consonantici tipici di una prova sperimentale. Dopodiché abbiamo semplicemente messo insieme i suoni per mezzo di quelle che si chiamano tecniche audioanalitiche continuative.» Ridendo (si sentiva in effervescenza per tutti quei complimenti), continuò: «C’è un punto debole, però: il nostro interprete sa solo leggere parole inglesi delle più semplici, per cui, volendo vendere all’estero, dovremo probabilmente eliminare questa caratteristica».

«Be’, ho esaurito i superlativi» disse Nick, alzandosi. «Fra parentesi: di tipi come te, ce n’è altri? fratelli, sorelle, roba così, insomma? Perché qui mi sa che sarà meglio che metta in guardia il resto del mondo.»

«No, adesso ci sono soltanto io» rispose Troy, il volto fuggevolmente attraversato da uno sguardo perduto in lontananza. «Avevo un fratello, Jamie, maggiore di me di sei anni, al quale ero molto legato, ma è morto in un incidente di macchina quando avevo quattordici anni.»

Seguì un imbarazzato silenzio. «Mi spiace» disse Nick, di nuovo toccato dalla franchezza di Troy. Troy si strinse nelle spalle, lottando con l’improvviso ricordo.

Nick cambiò argomento. Parlarono della barca, e di Homer e del suo equipaggio, per diversi minuti. Poi, a un tratto, Nick guardò l’orologio. «Oh, Cristo!» esclamò. «Sono le quattro passate, e alle quattro dovevamo incontrare Carol Dawson, no?»

«Dovevamo altroché» fece Troy, balzando dalla poltrona. «Bei soci che siamo» ghignò «a passare tutto un pomeriggio a bere birra e a giocare!» Dopo una reciproca pacca, gettarono le lattine vuote nella spazzatura e lasciarono la casa per la macchina di Nick.

7

Seduta nella sala comunicazioni del Marriott, Carol appariva chiaramente irritata. Tambureggiando con le dita sul tavolo, ascoltava il “libero” del telefono. Un clic, finalmente, poi la voce di Nick: «Al momento, sono fuori casa, ma se…». Pigiando di furia il tasto, completò lei stessa la frase, sfogando un po’ di frustrazione col sarcasmo: «Ma se volete lasciare nome, numero e ora di chiamata, verrete richiamati al mio ritorno. Merda. M-E-R-D-A. Lo sapevo che avrei dovuto chiamare prima di partire da Miami!».

Compose un altro numero. Rispose Bernice, che la mise in comunicazione-video col dottor Dale Michaels. «Ci crederesti che non riesco a pescare quello stupido bastardo?» esordì, saltando i convenevoli. «Non è sulla sua barca, non è a casa e nessuno sa dove sia. Tanto valeva che rimanessi a Miami a farmi un sonnellino!»

A Dale, di Nick e Troy, non aveva detto gran cosa, e il poco che aveva detto di Nick era stato tutt’altro che riguardoso. «Be’, e che ti aspettavi?» rispose Dale. «Hai voluto tu uscire con dei dilettanti per copertura. E perché, poi, lui dovrebbe farsi trovare prima dell’appuntamento? I tipi del suo genere usano stare a letto con la dama del giorno finché non gli pare che sia giunta l’ora di salutare il mondo» concluse, ridacchiando fra sé.

Carol si sentì stranamente irritata da questo sprezzante commento sulla vita amorosa di Nick. Fu lì lì per replicare, ma si trattenne. «Senti, Dale,» disse invece «questa linea telefonica è assolutamente sicura? Perché avrei un paio di cose delicate da discutere con te.»

«Ma certo» sorrise lui. «Ho dei sensori che lampeggiano alla minima interruzione immotivata in qualsiasi punto della linea — a partire dal tuo.»

«Bene» disse Carol, estraendo il taccuino e percorrendo con lo sguardo un elenco scritto a mano. «Per quanto risulta ad Arnie Webber» disse, alzando gli occhi alla telecamera «non esistono divieti al recupero di cose appartenenti al governo degli Stati Uniti, purché i pezzi recuperati vengano restituiti al legittimo proprietario a brevissima distanza dal ritrovamento. Perciò, tirando su il missile, non commetterei tecnicamente alcun illecito.» E spuntò il primo punto dell’elenco.

«Nel volo da Miami, però, ho riflettuto a una cosa, Dale: che qui si tratta, in fin dei conti, di un missile teleguidato, che potrebbe anche esplodere. Sono matta, a preoccuparmi? O questo coso è stato reso inoffensivo o altro, dopo tanti giorni di sabbia e acqua salata?»

«A volte, Carol, sei proprio impagabile!» rise Dale. «Il nuovo missile, ne sono abbastanza sicuro, è stato progettato perché operi o via aria o via acqua, per cui non credo che la sabbia possa averne danneggiate le parti fondamentali in così poco tempo. Comunque, il fatto che non sia ancora esploso mi fa pensare che probabilmente non sia stato armato in partenza, eccetto forse che con un piccolo congegno distruttore che può, ma può anche non essere andato fuori uso. Recuperandolo, ti assumi un rischio calcolato, e io resto del parere che faresti meglio a limitarti a fotografarlo e a dare quindi in pasto la storia al pubblico. Tirarlo su per esibirlo mi sembra più una bravata che un lavoro da giornalista. Ed è pericoloso.»