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Non aveva né voglia né tempo di starci a pensare ora. Diede a Spione ancora tre gocce di alcol etilico puro, e lo richiuse nel suo barattolo. Poi, lentamente, s'immerse nel tiepido abbraccio purificatore della Fonte, vi si abbandonò, inalò un respiro profondo lasciando che il fluido la pervadesse.

Rimase immobile per dieci riv.

VENTUNO

Nuovo Pandemonio era completo.

Gea aveva ispezionato di persona la muraglia esterna, immerso nel fossato le sue mani gigantesche a blandire i corpi affusolati dei grandi squali bianchi, verificato uno ad uno tutti i preparativi in vista dell'assedio.

Il problema della carenza di manodopera rimaneva grave. C'era voluto un po' per far capire agl'ispettori di produzione che gli umani, una volta cadaveri, non servivano più a nulla. Molta gente era morta, prima che la lezione arrivasse a fissarsi in quelle testacce dure. S'era presentato anche un piccolo problema collaterale d'assenteismo, ora che non erano più disponibili interi battaglioni di zombi per dar la caccia ai fuggiaschi e torturarli. Ai Preti non piacevano granché gli accoliti umani, ma capivano ch'era assai più igienico non farla troppo lunga. Sui Preti, per fortuna, la polvere antizombi non sortiva alcun effetto.

Era tutto pronto. Nuovo Pandemonio era in grado di resistere a qualunque attacco, di affrontare qualunque assedio.

Soddisfatta, Gea convocò il suo archivista ed ordinò una tripla programmazione. L'uomo che volle farsi re. Tutti gli uomini del re. Indira.

Ah, quei favolosi film politici!

VENTIDUE

Gaby Plauget era nata a New Orleans nel 1997, quando ancora la città faceva parte degli Stati Uniti d'America. Aveva vissuto un'infanzia tragica. Suo padre aveva ucciso sua madre, e lei s'era ritrovata sballottata avanti e indietro fra parenti e organismi assistenziali, imparando a non affezionarsi mai troppo a nessuno. Nell'astronomia aveva trovato un'àncora di salvezza. Era infatti divenuta la massima autorità in fatto di astronomia planetaria, talmente apprezzata che, quando si trattò di scegliere l'equipaggio del Ringmaster, non ebbe difficoltà ad assicurarsi una cuccetta, sebbene odiasse viaggiare.

Il sesso l'aveva sempre lasciata più o meno indifferente.

Poi il Ringmaster era andato distrutto, e l'intero equipaggio aveva trascorso un certo periodo in condizioni di totale privazione sensoriale. Gene era impazzito. Bill ne aveva riportato dei vuoti di memoria, tanto da non riconoscere Cirocco quando l'aveva reincontrata. Le sorelle Polo, Aprile e Agosto, una coppia di cloni d'intelligenza superiore, ma emotivamente piuttosto instabili, erano state separate: Aprile si era trasformata in un angelo, e Agosto aveva pian piano finito per consumarsi di dolore nel ricordo della sorella perduta. Calvin era riemerso alla luce in grado di comunicare con gli aerostati, e senza più alcun desiderio di rimanere nel consorzio umano.

Cirocco aveva acquisito la capacità di cantare in titanide.

Gaby aveva percorso un'intera esperienza esistenziale. Vent'anni, aveva poi raccontato. Al risveglio, si era sentita come dopo uno di quei folli sogni in cui, d'un tratto, sembra di aver trovato la risposta a tutte le domande. I Grandi Segreti della Vita sono lì, a portata di mano, se solo si riesce a mantenersi lucidi quanto basta a rimetterli un poco in ordine… Tutte le esperienze da lei vissute nel corso di quei vent'anni erano lì in bella mostra, chiare e tangibili nella sua mente, pronte a cambiare la sua vita e il mondo intero…

…finché, come accade ai sogni, erano svanite. In capo a qualche minuto solo pochi concetti le rimanevano ben chiari. Uno consisteva nella certezza che si era trattato davvero di vent'anni, con tutta l'infinita varietà di particolari che solo un così lungo lasso di tempo può accogliere. Un altro era il ricordo di se stessa che saliva un'ampia scalinata, accompagnata da una musica d'organo. Più tardi, quando lei e Cirocco avevano fatto visita a Gea nel mozzo, Gaby aveva rivissuto quell'esperienza. Il terzo elemento rimasto a farle compagnia era un disperato ed incurabile amore per Cirocco Jones… il che aveva sorpreso Gaby non meno di Cirocco. Gaby non s'era mai sognata di avere tendenze lesbiche.

Tutto il resto se n'era andato.

Trascorsero settantacinque anni.

Giunta all'età di centotré anni, Gaby Plauget morì alla base del cavo centrale di Teti. Fece una fine orribile, straziante, soffocata dai fluidi inarrestabilmente accumulatisi all'interno della massa di tessuto ustionato cui erano ridotti i suoi polmoni.

Poi venne per lei la più straordinaria delle sorprese. Dopo la morte c'era davvero un'altra vita. Gea era davvero Dio.

Cercò di respingere quell'idea durante tutto il tragitto verso il mozzo. Aveva visto il proprio corpo giacere inanimato. Era divenuta null'altro che un nucleo di consapevolezza, senza alcuna percezione sul piano fisico. Il fatto d'essere incorporea non le impediva, però, di provare emozioni. La più forte era la paura. Ritornò all'infanzia, cedette all'insopprimibile desiderio di recitare l'avemaria e il padrenostro, s'immaginò nell'immenso, gelido, minaccioso eppur sereno silenzio della cattedrale, inginocchiata accanto a sua madre, snocciolando il rosario insieme a lei.

Ma la sola cattedrale, qui, era il corpo vivente di Gea.

Gaby fu portata, o spinta, o traslata, o comunque in qualche modo condotta, dentro il mozzo, sino alla scalinata da teatro di posa che lei e Cirocco avevano percorso tanti anni prima, e che adesso appariva soffocata da uno spesso strato di polvere, e adorna d'un apparato scenico di gigantesche ragnatele artisticamente drappeggiate. Le parve di essere lei stessa una cinepresa avanzante in una carrellata ininterrotta ed uniforme, e si mosse, senz'atto di volontà e senza potervisi opporre, a traversare sulla destra un'insignificante porticina (simile a quella che nel Mago di Oz conduce alla Sala del Trono), entrando nella stanza in stile Luigi XVI che appariva come una replica esatta di uno scenario di 2001: Odissea nello spazio. Era il luogo dove Gaby e Cirocco avevano incontrato per la prima volta quell'anziana signora bassa e tarchiata che diceva di chiamarsi Gea.

La doratura stava venendo via dalle cornici dei quadri. Metà dei pannelli luminosi erano spenti o vacillavano debolmente. I mobili erano logori, pieni di spaccature, ricoperti di muffa. Seduta su una poltroncina traballante, coi piedi nudi appoggiati sopra un basso tavolino, occupata a guardare un vecchissimo televisore in bianco e nero intanto che beveva sorsate da una bottiglia di birra, c'era Gea. Sgraziata come al solito, indossava un informe, sudicio abito grigio.

Gaby, al pari di qualunque altro essere umano non accecato da un inguaribile fanatismo, pensando a quella che avrebbe potuto essere un'eventuale esistenza dopo la morte aveva ipotizzato mille esiti diversi, un'intera gamma di eventualità che abbracciava praticamente tutto, dal paradiso all'inferno. Eppure una situazione del genere non le era mai balenata.

Gea si volse leggermente. Parve a Gaby di assistere ad uno di quei film pseudoartistici in cui l'occhio della cinepresa viene portato a simulare un personaggio, e gli altri attori interagiscono con esso. Gea la fissò, o per lo meno puntò lo sguardo nel luogo in cui Gaby immaginava di trovarsi.

— Ce l'hai una vaga idea del casino che mi hai combinato? — borbottò Gea.

No che non ce l'ho, rispose Gaby. Anche se il verbo "rispondere" le parve, riflettendoci, decisamente troppo concreto rispetto alla sostanza del fatto che veniva chiamato ad esprimere. Non c'era stata emissione di suoni. Lei non aveva avvertito alcun movimento delle labbra né della lingua. Nemmeno una stilla d'aria aveva traversato quei polmoni che, per quanto ne sapeva, giacevano ancora laggiù, nelle tenebre di Teti, saturi di muco.