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Tuttavia la sensazione che provò fu quella dell'espressione verbale, e Gea parve avere udito.

— Ma non potevi semplicemente lasciarla in pace? — brontolò Gea. — La vita è complicata, che ti credi, non bisogna mai fermarsi alle apparenze, e comunque perché andarsi ad immischiare, dico io. Rocky stava facendo notevoli progressi. O che male ci sarà ad essere un po' brilli di tanto in tanto?

Gaby non "rispose". Rocky era, naturalmente, Cirocco Jones, e purtroppo la sua ubriachezza era stata assai più che lieve e saltuaria. Quanto al fatto di lasciarla in pace…

Cirocco avrebbe anche potuto farcela da sola, ma chi poteva dirlo. Magari, dopo quaranta o cinquant'anni di quella vita, si sarebbe riscossa, e avrebbe cercato di fare qualcosa per risolvere l'insostenibile situazione che l'aveva portata all'alcolismo. D'altra parte, forse era possibile anche per un immortale bere sino a distruggersi.

Ad ogni modo era stata Gaby che alla fine aveva spinto Cirocco a fare un tentativo, a compiere un primo passo consistente nel visitare i cervelli regionali di Gea alla ricerca di utili tendenze sovversive, nella speranza di trovare qualcuno che potesse far da fulcro per quella Ribellione degli Dei che era nelle intenzioni di Gaby.

E ciò l'aveva condotta ad una morte orribile.

— Avevo i miei progetti, che ti credi, per quella figliola — stava dicendo Gea. — Altri due o tre secoli… e poi chissà? Avrei potuto dirle certe cose. Avrei potuto farle comprendere… accettare… che… — Le parole di Gea si persero in un borbottìo sconsolato. Neppure stavolta Gaby rispose. Gea le lanciò uno sguardo irritato.

— M'hai fatto proprio incavolare — la accusò. — Non avrei mai immaginato che tu potessi metter su tutta 'sta buriana. Una figura tragica, questo dovevi essere. Sempre appresso a Rocky con la tua rosea linguina penzoloni, come una cagna in calore. Era un buon personaggio, Gaby, tanto da poterci costruire sopra una vita intera. Non te lo perdonerò mai d'esserti messa a scrivertela da te, la tua parte, e proprio nel momento in cui stavi… — Non riuscendo a trovare le parole per continuare, Gea scagliò la sua bottiglia di birra contro un'enorme chiazza che bordava la parete, alla base della quale s'ammucchiava un rovinìo di frammenti di vetro scuro. Poi tornò a volgersi verso Gaby, lanciandole un'occhiata maligna.

— Scommetto che avrai chissà quante domande… E io mi divertirò a darti qualche risposta. Ecco, guarda, ne ho una proprio qui. — Gea tese un braccio, e la sua mano si avvicinò al punto di osservazione di Gaby sfocandosi con effetto cinematografico, poi si riallontanò stringendo una cosa piccola, bianchiccia, con due gambe e un paio d'occhi stralunati, che si dibatteva energicamente.

— Spie — disse Gea. — Questa qua era la tua. Se n'è rimasta appollaiata sul tuo cervello per settantacinque anni. Caruccio, nevvero? Il suo nome è Guardone. Quella di Rocky invece si chiama Spione. Lei non lo sa di avercela, proprio come non lo sapevi tu. "Tutto" quel che avete fatto voi due, loro me l'hanno riferito per filo e per segno.

Gaby si sentì travolgere da una disperazione senza limiti. Questo dev'essere l'inferno.

— Macché inferno! Non dirmi che credi ancora a quelle fregnacce! — Gea tacque il tempo sufficiente a schiacciare a morte l'urlante oscenità che teneva prigioniera, poi si ripulì la mano dalla poltiglia sanguinolenta strofinandola sul bracciolo della poltrona.

— La vita e la morte non sono mica importanti come credi tu. La coscienza, quella sì, è il vero enigma. La consapevolezza che hai di te come essere vivente. Tu ricordi d'essere stata moribonda, credi di rammentare di aver fluttuato or non è molto attraverso lo spazio fino a giungere qui… Ma il tempo è ingannevole, da queste parti. Ed anche la memoria. Comunque, se ti può in qualche modo consolare, sappi che non sei un fantasma…

— Tu sei mia — sussurrò Gea dopo un istante di pausa, con un gesto molto simile a quello usato per spiaccicare Guardone. — Io ti ho clonato, ti ho registrato, tutto quel che c'era in te di personale e irripetibile l'ho preso quando sbucasti quassù la prima volta. Lo stesso con Cirocco. E da allora non ho mai smesso di aggiornarmi tramite quel piccolo bastardo che ti avevo cacciato in testa. Io non sono un essere sovrannaturale, non sono Dio, comunque non il Dio che hai in mente tu. Però sono una maga dannatamente in gamba. Il problema se tu, Gaby Plauget, la ragazzina di New Orleans innamorata delle stelle, sia veramente morta laggiù in Teti, è, in fin dei conti, solo una pedante sottigliezza filosofica. Non vale certo la pena di arrovellarcisi. Sai benissimo che il centro di consapevolezza al quale mi sto adesso rivolgendo sei tu. Negalo, se ti riesce.

Gaby non negò.

— È tutto un gioco di specchi — continuò Gea, liquidando la questione con una spallucciata. — Se per caso avevi un'anima, be', allora mi è sfuggita, e dev'essersene volata dritta dritta in quel tuo "cielo" antropomorfico-cattolico-giudeo-cristiano della cui esistenza mi permetto personalmente di dubitare, visto e considerato che di lassù non mi è mai capitato di ricevere neanche una trasmissione radio… Ma stai pur certa che tutto il resto di te, ce l'ho io.

— Che ne farai di me? — domandò Gaby.

— Merda. Mi piacerebbe che ci fosse davvero, l'inferno… — Rimase un poco a rimuginare in silenzio. Gaby non poté far altro che starla a guardare. Poi, lentamente, sul viso di Gea si dipinse un'espressione ch'era uno spaventoso ibrido fra un sorriso e un ghigno beffardo.

— A dire il vero, anche se non c'è un inferno canonico a portata di mano, però dispongo di un surrogato piuttosto convincente. E non credo proprio che ce la farai a sopportarlo. Comunque non ho finito di spiegarti perché. Non t'interessa saperlo?

Gaby pensò che probabilmente qualunque cosa sarebbe stata meglio di quel surrogato d'inferno.

— Ci puoi giurare — commentò Gea. — Perché Rocky tu me l'hai rovinata. Rocky era un'autentica eroina con la corazza incrinata. Ne avevo aspettata una per migliaia di anni. Non che adesso abbia sanato le sue imperfezioni, però si avvia ad acquisire una certa forza di carattere. Spione può sentirgliela crescere dentro. Proprio ora è sul punto di scoprire che tu sei morta. Non ha raggiunto ancora la certezza che io ti abbia uccisa, ma ci si sta avvicinando. Robin e Valiha e Chris sono in gravi difficoltà, e potrebbero anche non sopravvivere. Per un poco Rocky consacrerà ogni sua energia alla loro salvezza. Poi… verrà fin quassù a dichiararmi guerra. Questa incarnazione di Gea — disse battendosi il petto — non sopravviverà. Si strinse nelle spalle. — Meglio così. Cominciavo proprio a essere stufa della Signora Tracagnotti. Per la prossima Gea mi son venute certe ideuzze che ti divertirebbero. Ma non è cosa che ti riguardi. Con te ho finito. Mi stai facendo solo perdere tempo.

Così dicendo, Gea tese una mano e… afferrò l'impalpabile localizzazione di coscienza che era Gaby. La sua capacità percettiva si ottenebrò, poi lei si ritrovò ad ascendere dentro l'arcuata cavità del mozzo, in direzione d'una purpurea linea di luce che si stagliava proprio alla sommità del cilindro, la medesima nettissima linea che lei e Cirocco avevano scorto per la prima volta quando, tanti anni prima, s'erano apprestate ad affrontare l'estremo cimento della loro scalata alla rocca di Gea.

È tutto un sogno, rammentò a sé stessa. Quella conversazione non era mai avvenuta, non comunque a livello fisico. Gea possedeva tutti i ricordi di Gaby, ed era in grado di crearne di nuovi elaborando la matrice memoriale ch'era tutto quanto rimaneva di Gaby, un tempo creatura di carne e di sangue. Quindi è solo un'illusione.

Lei qualcosa mi sta facendo, ma io non mi sto innalzando nello spazio, non mi sto immergendo in quel maelstrom vorticoso che, come il mio cuore ha sempre saputo, è la mente dell'entità chiamata Gea…