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Non diversamente da molti altri angeli, i Sovra assomigliavano ad umani di complessione assai gracile, cui faceva da contraltare un torace spropositato. Avevano corpi nerolucenti. Ginocchia capaci di curvarsi in entrambe le direzioni. Come piedi, artigliate zampe d'uccello. Le ali s'innestavano basse sulla schiena, al di sotto delle scapole. Quand'erano ripiegate, le loro articolazioni a gomito svettavano sopra la testa dell'individuo, mentre le estremità delle lunghe penne maestre scendevano a sdilungarsi interminabilmente dietro i piedi.

Angeli e titanidi avevano un solo elemento, in comune. Erano entrambi creazioni relativamente recenti, attuate da Gea come variazioni sul tema umano. Ma pur adottando ossa cave, ali gigantesche, muscolatura sovradimensionata e non un grammo di grasso, la realizzazione di un umano volante aveva messo a dura prova le capacità progettuali di Gea. A livello del bordo, gli angeli di maggiori dimensioni riuscivano a sollevare poco più del loro stesso peso. Era quindi naturale che preferissero vivere nelle regioni a minor gravità esistenti all'interno dei raggi.

A parte le loro consuetudini nidificatone, i Sovra si distinguevano anche per altre due caratteristiche. Una era la colorazione. Il piumaggio delle ali appariva verde nelle femmine e rosso nei maschi. In entrambi i sessi gl'impennaggi caudali erano neri, tranne che nella stagione degli amori, quando le femmine mettevan su una policroma coda a ventaglio stile pavone, magnifico ornamento del quale facevano grande sfoggio. Esternamente, il dimorfismo sessuale si fermava lì.

E poi non conoscevano l'uso dei nomi propri, e la loro lingua non comprendeva i pronomi singolari di prima persona. Più in là del "noi" non andavano, eppure non condividevano affatto una mentalità collettiva. Anzi, possedevano tutti una propria, precisa individualità.

Comunicare con loro presentava pertanto qualche difficoltà, ma ne valeva davvero la pena.

I Sovra non parvero minimamente stupiti di vedere Gaby e Cirocco giungere in volo al loro nido e posarsi, leggère come piume, accanto al grande varco che si apriva alla sommità. All'interno del raggio stava piovendo, e un ampio manto in pelli di sorrisone era stato drappeggiato sull'ingresso per tener fuori la pioggia. Gaby ci s'infilò sotto, e Cirocco la seguì immergendosi nell'oscurità.

Che accidente di sogno strano, pensò. Fino a un momento prima poteva tranquillamente volare, ma non appena messo piede sul nido eccola alle prese col solito scomodo, goffo annaspìo che pareva essere l'unico modo in cui un umano riusciva a muoversi attraverso un Sovranìdo.

Una scala in stile Sovra consisteva in una serie di bastoncelli digradanti incassati sul fianco similadobe del nido. Gli angeli usavano afferrarsi a quelle bacchette con i piedi; ma tutto quel che Cirocco poteva fare era aggrapparsi con entrambe le mani e scendere a marcia indietro, cercando di far finta che si trattasse di una normale scala a pioli. Allo stesso modo, l'equivalente Sovra di una comoda sedia era rappresentato da una lunga pertica orizzontale, su cui i padroni di casa stavano appollaiati con la massima disinvoltura.

Cirocco e Gaby s'inoltrarono lentamente verso la parte posteriore del nido, che risultava costruita contro la fiancata del raggio. Disseminati lungo la parete, in piccole sacche della carne di Gea, si annidavano i Sovrapargoli. Alcuni apparivano non più grandi di uova di struzzo, mentre altri avevano le dimensioni d'infanti umani e necessitavano di mille attenzioni, ond'evitare che movendosi inconsultamente rischiassero di troncarsi il cordone ombelicale. La cura della prole era affidata, a turno, a tutti i membri dello stormo. Nessuna madre e nessun padre in particolare giungeva ad imporre l'esclusività della propria presenza sulla personalità dei nuovi nati.

Alla base della colonia placentoide esisteva l'unico punto in tutto il nido che si presentasse pianeggiante, e abbastanza ampio da poter fungere da pavimento. Le due viaggiatrici andarono a sedervisi a gambe incrociate. A Cirocco venne in mente che avrebbe fatto bene a portare un dono, uno qualsiasi, possibilmente tenendo conto del fatto che i Sovra andavano matti per le cose luccicanti. Sarebbe stato il modo più cortese d'iniziare una visita. Ma indosso non aveva neanche i vestiti.

Gaby era nelle medesime condizioni, tuttavia dopo un ampio improvviso svolazzo in puro stile prestidigitatorio dischiuse il pugno ed esibì sul palmo un decrepito catarifrangente da bicicletta, che a brandeggiarlo cacciava fuori dalle sue viscere di plastica un fitto balenìo di cangianti barbagli. policromi. I Sovra se ne innamorarono immediatamente, e presero a passarselo di mano in mano.

— È un dono favoloso — commentò uno di loro.

— Supremamente luminifero — rincarò un altro.

— Elegante e giocherelloso — osservò un terzo.

— Vivamente accesi di sommo sbalordimento, siamo — flautò approvando un quarto.

— Custodito esso sarà gelosamente.

Continuarono per un poco a cinguettar così tutto il loro apprezzamento, e quando Cirocco e Gaby riuscirono finalmente a interloquire, si diedero diffusamente a celebrare con lodi sperticate la bellezza, l'intelligenza, la dignità, la saggezza, l'ammirevole leggiadria di volo dei loro ospiti. Elogiarono la colonia neonatale, il nido, il reparto, l'ala, la squadriglia e lo Stormo degl'impareggiabili Sovràngeli. Una femmina in calore ne rimase a tal punto turbata che dispiegò a ruota le penne dell'erostentazione caudale. Sebbene in quella semioscurità l'intravvedesse appena, Cirocco non perse l'occasione di unirsi agli altri nell'encomiare la fertilità e maestria sessuale della femmina, in termini talmente espliciti che sarebbero stati capaci di fare arrossire una puttana.

— Gradireste un po' di… cibo? — domandò loro uno dei Sovra. Gli altri distolsero lo sguardo, osservando un discreto silenzio. Si trattava di un'esperienza nuova, per i Sovra, qualcosa che stavano prudentemente collaudando nei loro rapporti con gli umani. Per consuetudine, il cibo non veniva mai chiesto né offerto al di fuori del nido di appartenenza. Nessuno avrebbe negato da mangiare ad un Sovra affamato proveniente da un altro nido, però gran parte di loro avrebbe preferito morire, piuttosto che domandare.

L'invito era stato rivolto dall'individuo di più umile condizione nell'intero nido, un maschio anziano, emaciato, probabilmente prossimo alla morte.

— Non potrei assolutamente — rispose Cirocco in tono disinvolto rivolgendosi a un altro individuo.

— Piene, siamo piene fin qui — confermò Gaby.

— Diverrebbe impossibile il volo, con un altro grammo solo — rincarò Cirocco.

— La pancia è pericolosa.

— L'astinenza è virtuosa.

Nel dir così, evitavano di guardare quello che aveva formulato la domanda, distribuendo in tal modo il peso dell'imbarazzo il più imparzialmente possibile, come cortesia imponeva. I Sovra chioccolarono la loro approvazione, lodando nel contempo la floridezza delle visitatrici.

D'un tratto Cirocco rammentò l'incontro con quel Sovra solitario nel cielo di Giapeto, mentre il necràngelo, non ancora individuato, proseguiva instancabile il suo volo portando Adam via con sé.

— Perché dunque siam qui giunte a questo nido? — chiese allora, rivolgendosi agli angeli presenti e non a Gaby, e invertendo la domanda in modo tale da causare ai Sovra il minore imbarazzo possibile.

— Sì, questione interessante, mistero conturbante — replicò uno.

— Perché son giunte qui, perché son giunte qui?

— Un'ha sostanza d'aria, e un'ha sostanza di sogno.

— Sogni nel nido, oh, quant'è strano.

— C'è come un fuoco che divampa in loro. Perché giunsero qui?

Gaby si schiarì la voce, e tutti si volsero a guardarla.

— Siam giunte per la medesima ragione che già in passato ci condusse — spiegò. — Per proseguire l'azione a danno di Gea, e secondare i preparativi di guerra contro di lei e tutti i suoi possedimenti e nidi.