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Cirocco non aveva rivelato lo scopo del viaggio. Robin pensava che il cavo centrale fungesse solo da punto di riferimento lungo il cammino che li avrebbe condotti a destinazione, ma quando raggiunsero la base dell'immane struttura i titanidi si fermarono.

— Ben lieti saremo di accompagnarti, Capitano — disse Valiha. — Questo luogo non suscita in noi alcun raccapriccio.

Si riferiva all'istintivo terrore che i titanidi nutrivano nei confronti dei cavi centrali e delle creature che inferiormente ad essi si acquattavano. Vent'anni prima, intrappolati da una montagna di macerie sotto il cavo centrale di Teti, Robin e Chris avevano dovuto affrontare l'allucinante compito di condurre Valiha giù per i cinque chilometri di scala spiraliforme che andavano a sfociare nella tana della stessa Teti… un'irascibile, maniaca, terrificante e, per loro fortuna, miope Divinità Minore. Le facoltà intellettive di Valiha erano andate decrescendo gradino dopo gradino, finché, giunti sul fondo, lei era ridotta all'intelligenza di un cavallo, ma in compenso due volte più ombrosa. L'incontro con la temibile padrona di casa si era risolto per Valiha nella frattura delle due zampe anteriori, e per Robin in un interminabile incubo.

Era un terrore di fronte al quale i titanidi rimanevano impotenti, in quanto Gea stessa gliel'aveva indelebilmente marchiato dentro a livello genetico.

Dione, però, era morto, ed evidentemente faceva differenza.

— Grazie per l'offerta, amici miei, ma preferirei che ci attendeste qui. Non c'impiegheremo molto. Voi potreste, nel frattempo, cogliere l'occasione per insegnare a questa disutilaccia un po' della squisita grazia e dell'alta dignità per cui ben nota è la vostra razza, qualità delle quali costei è così evidentemente e penosamente priva.

— Ehi! — protestò Tamburina, e fece un balzo in direzione di Cirocco, che schivò di lato, abbrancò la piccola e fece finta di lottare contro di lei con grande accanimento sin quando la giovane titanide non finì a ridere tanto a crepapelle da non poter neppure continuare il gioco.

Cirocco le scompigliò i capelli, poi prese Robin per un braccio. S'inoltrarono nella foresta di trèfoli.

A venticinque centimetri per gradino, di gradini ce ne volevano ventimila per scendere fino a Dione. Anche con un quarto di g, era pur sempre una grand'abbuffata di scalini.

Cirocco aveva portato una potente torcia a batteria, e Robin gliene fu molto riconoscente. C'era, sì, diffuso dintorno, un chiarore naturale proveniente dalle creature dette fotosfere, che se ne stavano aggrappate all'alto soffitto a volta, ma era fievole e di colore arancio, e poi capitavano estesi tratti in cui quegli animali non attecchivano. Procedettero a lungo in silènzio.

Robin si rendeva conto che probabilmente non le sarebbe mai capitata un'occasione migliore di quella per parlare a Cirocco di qualcosa che le aveva provocato grande sofferenza. Il nuovo, potenziato, illustrissimo Sindaco aveva poco tempo, in quel periodo, per ascoltare ciò che i suoi amici avevano da dirle.

— Non è possibile, vero, che tu non sappia di me e Conal?…

— Esatto. Non è possibile.

— Vuole che torniamo insieme.

— Perché l'hai mollato?

— Non sono stata io che… — E invece era stata proprio lei. E tanto valeva ammetterlo, concluse fra sé. Ormai era trascorso quasi un chiloriv, e da allora, guarda caso, soffriva d'insonnia. Il fatto è che non sono più abituata a dormire da sola, si diceva, pur sapendo che c'era ben altro.

— Credo che in parte sia stato per via di Nova — continuò. — Ogni volta che la guardavo era come trovarmi sul banco degl'imputati, e mi sentivo in colpa. Volevo riavvicinarmi a lei.

— E ha funzionato proprio bene, vero?

— Quella brutta mocciosa gattamorta bigotta puzzalnaso… — Si trattenne, prima che la collera potesse travolgerla.

— Nova è tutto quel che ho — concluse, in tono smarrito.

— Non è vero. E poi non devi essere ingiusta con lei.

— Ma io…

— Ascoltami un minuto — l'interruppe Cirocco. — Ci ho riflettuto, che ti credi. È da quella volta del banchetto che ci penso, fin da quando giurammo il nostro impegno solenne e ci mettemmo a preparare la conquista di Bellinzona. Io…

— Lo sapevi già allora?

— Detesto vedere gli amici incasinati a quel modo. Ma ho sempre fatto finta di nulla, perché in quelle faccende lì la gente in realtà non li vuole, i consigli degli altri. Comunque una mia opinione ce l'avrei… Se la vuoi sentire.

Robin non l'avrebbe voluta sentire. Aveva imparato che le osservazioni e i progetti del Sindaco erano in genere le cose giuste da mettere in pratica… ma quasi mai le più gradevoli.

— Ti ascolto — disse.

Prima che Cirocco parlasse di nuovo, Robin arrivò a contare trecento gradini. Grande Madre, pensò. Dev'essere davvero terribile, se ci mette tutto questo tempo solo per scegliere le parole… Ma per chi mi prende?

— Nova non conosce la differenza fra bene e male.

Robin contò altri cinquanta scalini.

— Forse nemmeno io la conosco — disse infine.

— Be', ovviamente parto dal presupposto che io, invece, una certa idea ce l'ho — replicò Cirocco ridacchiando. — Lascia che ti dica ciò che penso, e poi fanne quello che ti pare.

Altri dieci gradini.

— Il peccato è una violazione delle leggi tribali — dichiarò Cirocco. — Sulla Terra, nella maggior parte delle società era peccato, quello che voi facevate alla Congrega. C'è anche un'altra parola per definirlo. Perversione. Nel corso della storia umana, di solito l'omosessualità è stata considerata una perversione. Avrò sentito almeno un centinaio di teorie che pretendono di spiegare perché esistono gli omosessuali. Gli psicologi dicono che è per via di qualcosa capitato durante l'infanzia. I biochimici dicono ch'è tutta questione di chimica cerebrale. I militanti gay dicono che essere gay è semplicemente la cosa più bella del mondo… e così via. Nella Congrega dicevate che gli uomini sono esseri malvagi, e che solo una donna malvagia poteva avere a che fare con loro. Io, personalmente, non ho nessuna teoria. E non saprei che farmene. Per me non ha la minima importanza se uno è omosessuale o eterosessuale. Ma per te invece sì che è importante. Dentro di te sei convinta di avere peccato, allacciando rapporti carnali con un uomo. E ti consideri una depravata.

Trascorsero altri cinquanta scalini, mentre Robin ci rifletteva. Non era nuova a pensieri del genere.

— Non è che il fatto di saperlo mi aiuti molto — disse alla fine.

— Mica ti avevo promesso una soluzione facile, no? Secondo me la tua unica speranza è di riuscire a guardare la cosa in modo obiettivo. Io, per esempio, ci ho provato. E sono arrivata alla conclusione che, per motivi che mi sfuggono, certa gente è in un modo, e cert'altra in un altro modo. Sulla Terra, pure in presenza di una schiacciante convenienza sociale ad essere eterpsessuali, c'è sempre stata gente di segno opposto. La Congrega era una specie d'immagine speculare della Terra. Ed ho il sospetto che debbano esserci state un bel po' di donne infelici, là da voi. Probabilmente non se ne rendevano nemmeno conto di cosa fosse a provocare la loro insoddisfazione. Forse si sfogavano in sogno. Chissà che sogni peccaminosi… Ma insomma, il problema di quelle donne stava nel fatto che, vai a capire se per motivi biologici, psicologici, ormonali o quel che sia, loro erano… be', in mancanza di una definizione più adeguata, diciamo, tanto per intenderci, che erano gay. Sarebbero state sessualmente più soddisfatte con partner maschi. Io non lo so se tu sei nata gay o lo sei diventata… sulla Terra o alla Congrega. Ma credo comunque che tu sia una pervertita.