Poi il titanide se n'era riandato via, non senza lasciargli una scorta di cibo stipata in barattoli di vetro, una stufa con un po' di combustibile, e un paracadute. Gliene aveva spiegato il funzionamento, garantendogli che nel caso si fosse visto costretto ad usarlo le sue possibilità di sopravvivenza sarebbero state eccellenti… per lo meno finché non avesse toccato terra. Ma aveva anche ribadito con forza che la caverna era, al momento, il posto più inviolabile di tutta Gea, e che proprio per quel motivo egli sarebbe andato a prendere Cirocco per portarla lì. Giù a valle stavano accadendo un po' ovunque cose terribili, gli aveva rivelato Cornamusa, e fin quando fosse durato il cibo avrebbe fatto bene a non muoversi di lì. Gli aveva anche giurato che nulla, tranne la morte, avrebbe potuto impedirgli di far ritorno alla grotta. Se Cornamusa non fosse ricomparso prima dell'esaurimento delle provviste, allora Conal si sarebbe dovuto lanciare col paracadute.
Ma Cornamusa non rimase assente molto a lungo. Ritornò assieme a Cirocco, il cui corpo era ricoperto di ferite innumerevoli. Aveva perduto molto sangue, era spaventosamente dimagrita, le mancavano persino due dita… che in séguito le ricrebbero. Era in preda alla febbre, e non del tutto cosciente.
Insieme a loro giunse un altro titanide di nome Rocky, Si trattava di un guaritore, che con le sue cure assidue riuscì pian piano a rimetterla in sesto.
Rimasero dunque nella grotta per qualche tempo, e durante quel periodo, come Conal aveva previsto, gli si presentò un'occasione. I due titanidi si trovavano entrambi all'imboccatura della caverna, concentrati in quel loro trafficare a metà strada fra la veglia e il sonno. Gli volgevano le spalle. Cirocco dormiva su un pagliericcio, a pochi centimetri di distanza.
Conal aveva tolto la pistola dallo zaino di lei. Col pollice aveva armato il cane. Le aveva premuto la canna contro la tempia. E aveva aspettato di vedere quale sarebbe stata la sua prossima mossa.
Una minima pressione sul grilletto, e quella donna sarebbe morta.
Non trascurò di gettare un'occhiata ai titanidi per verificare che non lo stessero osservando. No, continuavano a volgergli le spalle. Poi gli venne un sospetto, e controllò rapidamente se l'arma fosse carica. Sì, era carica.
Allora l'allontanò dalla testa di Cirocco, abbassò il cane con la massima cautela, la rimise al suo posto. Quando rialzò la testa, i due titanidi gli erano accanto. Avevano in volto un'espressione strana, ma non sembravano adirati. Capì che dovevano averlo veduto mentre rimetteva via la pistola. Comprese anche, più tardi, che quei due avevano in realtà seguito ogni suo minimo gesto, e, da quel momento, la sua fiducia nel discernimento dei titanidi divenne assoluta.
Poco tempo dopo tali avvenimenti, Rocky aveva poggiato un orecchio sulla testa di Cirocco e dichiarato che udiva qualcosa, lì dentro…
— Conal?
Sorpreso, si riscosse.
— Avevi l'aria d'essere lontano un milione di miglia…
— Lo credo bene. Non m'avevi chiesto se sono preoccupato, al pensiero che tu possa diventare in pianta stabile il dittatore di Bellinzona?
Cirocco lo fissò spalancando tanto d'occhi.
— Ecco, a dire il vero non è che abbia semplicemente buttato là pari pari la domanda… ma insomma, il concetto era quello.
— E la risposta è: non me ne frega nulla. Se tu ti mettessi a fare il dittatore di professione, credo che ci riusciresti meglio di chiunque altro, forse con l'eccezione di Robin, che comunque avrei intenzione di convincere ad uscire dal governo per venirsene a vivere in Meti con me in una linda capannina, e magari faremo un bel paio di marmocchi, e tu e Nova e Chris e tutti quanti i titanidi verrete a trovarci pei loro compleanni. E poi sono convinto che sai benissimo quel che fai. E ad ogni modo non credo affatto che andrai avanti per questa strada… se non altro perché sei di gran lunga troppo in gamba per impantanarti in una bega del genere.
— Cacchio… — Cirocco scosse la testa, poi scoppiò a ridere. — Hai proprio ragione. È una prospettiva allettante anche per un'incallita vecchia cagna solitaria come me… Però hai altrettanto ragione quando suggerisci che ci vuole ben altro, per incastrarmi.
— Ma allora qui che ci saresti venuta a fare?
— A raccogliere un parere sincero, credo. Sono così paranoica, di questi tempi, da avere l'impressione che persino i titanidi mi dicano unicamente quel che voglio sentirmi dire.
— E io no?
Cirocco sogghignò.
— Certo, Conal, pure tu. Solo che, detto da te, io ci credo.
VENTINOVE
Doveva essere l'ultima riunione prima dell'inizio della Grande Marcia, cui mancava ormai soltanto un ettoriv. Si stavano completando i preparativi per la grandiosa parata. Una vera rottura. Le truppe avrebbero dovuto essere trasportate via acqua fino a Bellinzona, sbarcate, fatte sfilare attraverso la città in un tripudio d'acclamazioni popolari, quindi reimbarcate e condotte all'estremità meridionale del lago Moira, da dove il tragitto via terra fino alla Circum-Gea risultava pianeggiante ed agevole. Ma non la si poteva evitare. La città aveva bisogno di vedere il suo esercito. E l'esercito aveva bisogno di sentirsi sorretto dall'entusiasmo della gente, mentre partiva in armi per la guerra. Sottovalutare l'importanza di tener alto il morale sarebbe stato pericolosissimo.
Anche la riunione era una scocciatura. Cirocco sedette tranquillamente al suo posto e si sorbì la solita sequela di lamentele, di proposte, di presuntuose ostentazioni, aspettando che venisse il suo turno.
La grande tenda ospitava agevolmente i quattro Generali, venti Colonnelli e cento Maggiori che costituivano gli ufficiali superiori dell'esercito. Li conosceva tutti per nome — parte del lavoro di un politico consiste appunto nel ricordarsi senza sbagliare un'infinità di nomi, e lei aveva preso la cosa con molto scrupolo — ma dentro di sé preferiva attribuire ad ognuno di loro un appellativo derivante dal comando affidatogli.
Esistevano quattro Divisioni, ciascuna agli ordini di un Generale. C'erano dunque il Generale Due, il Tre, l'Otto e il Centouno, i quali guidavano rispettivamente la Seconda, la Terza, l'Ottava e la Centounesima Divisione. Il fatto che non esistessero la Prima, la Quarta ecc. Divisione, non dava alcun fastidio a Cirocco. Aveva scelto quei numeri per motivi di carattere storico che avrebbero deliziato Gea.
Ciascun Generale aveva autorità su cinque Legioni, comandate da altrettanti Colonnelli e numerate progressivamente. Ogni Legione comprendeva duemila soldati.
In una Legione c'erano cinque Coorti, in una Coorte dieci Compagnie, in una Compagnia due Reparti. Le Compagnie venivano comandate da Sergenti, il cui numero, nell'esercito di Bellinzona, ascendeva a milleseicento.
Tali numeri erano frutto d'infinite dispute, e continuavano tuttora a suscitare qualche discussione. Gran parte dello Stato Maggiore concordava nel ritenere che il rapporto ufficiali-truppa fosse insostenibilmente basso. Quarantamila soldati avevano bisogno di più ufficiali, su questo i militari di professione non nutrivano dubbi.
La seconda lamentela in ordine d'importanza riguardava la scarsità di armamento ed equipaggiamento. Gli approvvigionamenti erano risultati inferiori alle aspettative. Cirocco ascoltò i Generali Uno e Centouno sciorinare le cifre: mancanza di X spade, Y scudi, Z corazze.
La terza concerneva l'insufficienza di addestramento. Gli ufficiali superiori erano estremamente contrariati di non avere a portata di mano neanche un nemico su cui far pratica. Con la conseguenza che le truppe sarebbero partite senza aver prima ricevuto il battesimo del fuoco, a parte un ristretto numero di uomini che avevano già combattuto sulla Terra.