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— Prima devi decidere quanto t'importa di restare vivo — gli aveva detto — e dopo scoprirai che cosa devi fare per riuscirci.

Non esistevano regole, coi nemici. L'onore non c'entrava nulla. Il miglior modo per uccidere un nemico era tirargli da lontano, senza preavviso, nella schiena. Se si presentava la necessità di torturare il nemico, bisognava strappargli le budella. Se c'era da mentire, si mentiva. Senza scrupoli di sorta. È così che si fa, con i nemici.

L'onore vale unicamente fra amici.

Per Conal era un concetto difficile da mandar giù. Lui non l'aveva mai avuto, un amico, e Cirocco non pareva molto promettente come punto di partenza… anzi, aveva tutta l'aria di poter aspirare a essere il peggior nemico ch'egli avesse mai avuto. Nessuno era mai giunto a procurargli neppure la millesima parte delle sofferenze inflittegli da lei.

Ma, gira e rigira, finiva sempre per ricascare su quel brevissimo elenco. La sua parola. Aveva dato la sua parola. Nudo, indifeso, a un passo dalla morte, soltanto quella gli era rimasta da dare, ma l'aveva data onestamente. O almeno così credeva. Il problema era che il pensiero di uccidere Jones continuava a ossessionarlo.

Per qualche tempo non gli parve che valesse la pena di sopravvivere. E rimaneva in piedi lunghe ore sull'orlo del precipizio, pronto a saltar giù, maledicendosi per l'abietta umiliazione di cui si era macchiato.

La prima volta che tornò a trovarlo, dopo un'assenza di oltre un ettoriv, la fece partecipe delle proprie meditazioni. Lei non ne rise.

— Credo anch'io che la parola di una persona valga qualcosa — assentì. — La mia ha un certo valore, per me. e quindi non la do alla leggera.

— Però mentiresti a un nemico, vero?

— Solamente lo stretto necessario. Egli rimase a pensarci su.

— Te l'avevo già accennato — continuò lei — ma vale la pena di ripeterlo. Un giuramento prestato sotto costrizione non è vincolante. Io, per lo meno, non lo riterrei tale. Un giuramento estorto non è affatto un giuramento.

— Dunque non ti aspetti che io tenga fede al mio, è così?

— A dire il vero, no. Non vedo motivo per cui dovresti.

— Ma allora perché l'hai accettato?

— Per due motivi. Io credo di poter prevenire le tue mosse, all'occorrenza, e ucciderti. E Cornamusa crede che manterrai la parola data.

— La manterrà — confermò Cornamusa.

Conal non sapeva per qual motivo il titanide fosse tanto fiducioso. Ben presto lo lasciarono di nuovo solo, ed ebbe altro tempo da dedicare alla riflessione, ma si ritrovò a percorrere i medesimi sentieri mentali che già conosceva. Un giuramento prestato sotto costrizione… ma era la sua Parola.

E, alla fine, seppe di non avere altra scelta. Doveva saltare, o mantenere la sua parola. Partendo da quei rimasugli di dignità, forse sarebbe riuscito a costruire un uomo capace di guadagnarsi il rispetto della Maga.

Conal e Rocky entrarono nel quartiere delle Libere Femmine.

Ciascuna delle sette sentinelle volle esaminare attentamente il lasciapassare di Conal, e anche dopo il controllo apparvero chiaramente riluttanti a consentirgli l'ingresso. Da quando, due anni prima, era stato istituito il quartiere, nessun maschio umano che fosse andato più di cinquanta metri oltre quella barriera era vissuto abbastanza a lungo per raccontarlo. Ma le Libere Femmine, per loro stessa natura, erano l'unica comunità umana che riconoscesse l'autorità della Maga. Cirocco Jones era una dea, per loro, un essere sovrannaturale, una figura leggendaria divenuta realtà. Lei faceva, alle Libere Femmine, più o meno lo stesso effetto che avrebbe esercitato, su un gruppo di fanatici sherlockiani, un autentico Holmes in carne e ossa: qualunque cosa chiedesse, la otteneva. Se voleva che a quell'uomo fosse dato accesso al quartiere, così doveva essere.

Oltrepassato il posto di guardia, s'incontrava un camminamento d'un centinaio di metri noto come la Zona della Morte. C'erano ponti levatoi, casematte corazzate con feritoie per il lancio di frecce, calderoni pieni d'olii infiammabili; il tutto predisposto allo scopo di ostacolare un eventuale assalto quanto bastava a radunare un reparto di amazzoni.

Una donna era ad attenderli. Portava i suoi quarantacinque anni con una serenità che molti si auguravano, ma pochi raggiungevano. Aveva lunghi capelli bianchi. Secondo l'usanza delle Libere Femmine all'interno del loro territorio, non indossava nulla dalla vita in su. Dove un tempo era stata la mammella destra, s'incurvava ora una levigata cicatrice bluastra, estesa dallo sterno alla settima costola.

— Qualche problema? — chiese la donna.

— Salute a te, Trini — disse Conal.

— Nessun problema — le assicurò il titanide. — Lei dov'è?

— Da questa parte. — Abbandonando la banchina, Trini scese sul ponte di una chiatta. I due la seguirono sino a un'altra imbarcazione un po' meno imponente, e attraverso una passerella traballante giunsero a una terza barca.

Fu un tragitto affascinante, per Rocky, che si era sempre domandato che aspetto avessero i nidi degli umani. Quasi tutti piuttosto lerci, concluse. E con minime concessioni all'intimità, oltretutto. Certe barche erano davvero piccole. Incontrarono minuscole scialuppe a fondo piatto protette da tende di stoffa, e altre a cielo aperto. Tutte quante straripavano di femmine umane d'ogni età. Vide donne distese a dormire su pagliericci piazzati il più possibile lontano da quell'improvvisata pubblica via, e altre donne intente a fornelli e bambini.

Giunsero infine a un natante di maggiori dimensioni, provvisto di un ponte ben saldo. Si trovava alla periferia del quartiere, vicinissimo alle acque aperte della Baia Piperita. In coperta s'innalzava una grande tenda. Trini ne tenne scostato un lembo per far entrare Conal e Rocky.

All'interno, in uno spazio che ne avrebbe potuti contenere cinque comodamente, erano presenti sei titanidi. Con l'arrivo di Rocky salirono a sette. A parte Conal, il solo altro umano presente, all'estremità opposta della tenda, era Cirocco Jones, ammantata di coltri, semidistesa in quella che avrebbe potuto sembrare una bassissima poltrona da barbiere. Tale positura situava la sua testa a una trentina di centimetri dal ponte, dove andava ad adagiarsi fra le gialle zampe anteriori conserte a grembo di Valiha (Assolo Eolio) Madrigale. La titanide era impegnata a guidare pian piano un rasoio a lama aperta sul cuoio capelluto di Cirocco, dando gli ultimi tocchi a una rasatura che lasciava nuda la testa della Maga dalla sommità in avanti.

Lei sollevò il capo, inducendo Valiha a tubarle un ammonimento. Rocky notò che la sua testa oscillava, che i suoi occhi non erano bene a fuoco, e che stentava ad articolare le parole: ma c'era da spettarselo.

— Bene — disse Cirocco. — Adesso possiamo incominciare. Taglia quando sei pronto, doc.

Conal conosceva tutti i titanidi presenti, tranne un paio. C'erano Rocky e Valiha, e poi ovviamente Cornamusa, e Serpentone, il figlio di Valiha. A parte gli organi sessuali anteriori, Valiha e Serpentone apparivano identici come gemelli, sebbene Valiha avesse vent'anni e Serpentone soltanto quindici. Conal era stato a lungo incapace di distinguerli. Rivolse un gesto di saluto a Viola (Duetto Ipolidio) Toccata, che conosceva appena, e venne presentato a Celesta e Chiarina, entrambe dell'accordo Salmo, che gli accennarono con fare austero.

Poi vide Rocky avanzare e inginocchiarsi di fianco al Capitano. Serpentone gli porse una valigetta nera, che Rocky aprì estraendone uno stetoscopio. Mentre lui se lo aggiustava sulle orecchie, Cirocco afferrò l'altra estremità applicandosela sulla testa nuda. Poi si picchiettò in capo con le nocche.

— Dong… dong… dong… — intonò Cirocco cupamente, e si mise a ridere.

— Molto divertente, capitano — commentò Rocky, porgendo bisturi e trapani di balenante acciaio a Serpentone, incaricato della sterilizzazione. Conal si avvicinò e andò a sedersi accanto a Rocky. Cirocco allungò una mano ad afferrargli una delle sue, stringendola forte.