Comunque stavolta era troppo. Troppo perdavvero.
E non c'è neanche da dire che non se ne fosse avveduto per tempo. Tant'è vero che aveva fatto istanza già da undici miriariv! Uno virgola cinque megalitri di acido cloridrico al novantanove per cento, ecco tutto quel che gli serviva per mantenere colmo il suo serbatoio. C'è questa cosa, le aveva detto. Tipo serpente, ma spaventosamente grosso. Non è roba mia. Magari è roba tua. Però scorrazza da queste parti, ed è passato qui dentro da me già due volte, e quel fottutone diventa ogni volta più grosso. E non solo, ma il livello cronicamente basso dell'acido sta provocando l'essiccamento delle mie sinapsi superiori. E mi fa stare continuamente male…
Ma lei non gli aveva creduto. Roba mia nemmeno, gli aveva replicato. Lascia correre. E Giapeto, che ti sgraffigna il tuo HC1, e io non posso farci un cavolo di nulla. Quindi sta' zitto e lasciami tornare ai miei film.
E va bene.
Stavolta, però, era maledettamente deciso a fare rapporto. Chiamò dunque Gea. Ma si ritrovò in linea, come sempre più spesso accadeva, con la sua nuova assistente. La loro conversazione non si svolse a parole, ma a volerne trasporre almeno in parte il gusto peculiare si potrebbe far ricorso alla seguente trascrizione:
— Pronto? Qui Cinematografica Geana.
— Vorrei parlare con Gea, per favore.
— Dolente, ma Gea è agli Studi.
— D'accordo, allora mi metta in linea con Pandemonio. È importante.
— Chi devo annunziare, signore?
— Crono.
— Pardon? Come si scrive?
— Crono, dannazione! Il Sovrano della regione di Gea — un dodicesimo esatto, per inciso, della complessiva area territoriale estesa lungo il bordo — nota appunto come Crono.
— Oh, sì, ovviamente. Allora si scrive Ci, Acca, Erre, O…
— Crono! Crono! Mi faccia parlare immediatamente con Gea!
— Spiacente, signore, ma Gea è in sala proiezione. Spartacus, se non erro. Dovrebbe proprio vederlo, sa? Uno dei migliori film epici d'ambientazione romana che mai siano…
— Vorrebbe limitarsi a passare la comunicazione?
— Impossibile. Ascolti, se mi lascia il suo numero la farò richiamare quanto prima.
— Ma si tratta di un'emergenza! Gea dev'essere informata senza indugio, perché quell'affare si stava guardacaso dirigendo giustappunto dalla parte di Pandemonio. …E poi lei deve avercelo già, il mio numero.
— …ah, sì, eccolo qui. Era scivolato dietro… dunque, vediamo, è ancora il…
— L'avverto che riferirò a Gea l'intera conversazione.
— Faccia un po' come le pare.
Clic.
Più tardi, Crono ritentò. Beccò di nuovo quella saccente d'una segretaria, la quale gli disse che Gea era in riunione coi direttori di produzione, e non la si poteva assolutamente disturbare.
Benissimo. Che andasse a farsi fottere, allora.
QUATTRO
Da quando si trovava "ospite" a Tara, per diverso tempo Chris non era riuscito a procurarsi una bottiglia di birra degna di questo nome. Ce n'era, sì, un certo tipo disponibile agli spacci per chi poteva dimostrare di avere terminato il proprio turno di lavoro, ma era roba piuttosto mediocre, e a Chris non andava giù.
Adesso, invece, nei frigoriferi di Tara non mancava mai birra di ottima qualità. Faceva caldo. Adam non pareva nemmeno accorgersene, e a Chris non è che desse poi un gran fastidio, ma una o due birre fresche erano proprio quel che ci voleva, dopo un'interminabile giornata trascorsa a cercare di distogliere l'attenzione di Adam dagli onnipresenti televisori senza peraltro dar troppo nell'occhio.
Sì, due o tre birre erano proprio quel che gli ci voleva.
Era difficile non riconoscere che tutti quei giochi li inventava più che altro per impedire al Bambino di seguire i programmi televisivi. Se non ci fosse stata la TV, avrebbe ugualmente trascorso molte ore in compagnia di Adam… ma sarebbe anche stato ben disposto a lasciarlo giocare da solo un po' più spesso. Così come stavano le cose, invece, aveva persino paura di passare troppo tempo insieme a suo figlio. Stava diventando sempre più difficile catturare il suo interesse. Adam si stancava spesso sia dei giochi sia dei giocattoli. E ogni tanto, quand'era giù di corda più del solito, Chris aveva l'impressione che Adam accettasse la sua compagnia solo per far piacere a lui.
Pensieri proprio da paranoico, caro Chris. Vedrai che tre o quattro birre ti faranno passare l'umor nero.
Ma la cosa peggiore, il fatto più spaventoso…
A volte gli capitava di fermarsi appena in tempo prima di prenderlo a schiaffi, quel marmocchio.
Trascorreva praticamente ogni ora di veglia accanto al Bambino, e faceva tutto il possibile per partecipare attivamente a ogni momento della sua giornata. Ma un essere umano adulto può tollerare solo una dose limitata d'interessi infantili, di linguaggio infantile, di giochi infantili, di sciocche risatine infantili… Chris aveva una grande capacità di sopportazione, però c'è un limite a tutto. Spasimava dalla voglia di una compagnia intelligente… no, no, no: non era quello il termine giusto, non era quello per niente. Bruciava dalla voglia di una compagnia adulta. Ecco.
Di conseguenza, quando Adam era addormentato e lui si sentiva così tremendamente solo, quattro o cinque birre erano il toccasana per recare sollievo ai suoi nervi scossi.
Aveva bisogno di vedersi, di sentirsi attorno persone adulte. E tutto quello che incontrava era un vispo, intelligente, delizioso frugoletto di due anni… e Amparo, e Sushi. C'erano donne di servizio che andavano e venivano cambiando continuamente, e non rivolgevano mai a Chris neanche una parola. Probabilmente avevano avuto ordine da Gea di trattarlo come una specie di uomo invisibile. Solo Amparo e Sushi erano fisse. Avevano tutt'e due fatto da balia al piccino nei primi tempi dopo il suo arrivo a Tara. Amparo dava l'idea di essere una donna sveglia, tuttavia non conosceva l'inglese e non le interessava minimamente apprenderlo. Chris era riuscito a mettere insieme, riesumandolo dalla memoria, quel po' di traballante spagnolo che gli bastava a comunicare con lei, ma insomma rimaneva una questione piuttosto penosa.
Quanto a Sushi…
Chissà come si chiamava, in realtà. Comunque era un'idiota. Poteva essere anche stata un supergenio, prima di sbarcare su Gea, ma purtroppo la padrona di casa aveva pensato bene di giocarle uno dei suoi scherzi di cattivo gusto. E lei ne portava il marchio in fronte: un gonfiore sottopelle, in foggia di croce rovesciata. Quando Chris aveva finalmente capito che la mente di Sushi era davvero vuota come il suo sguardo, un giorno le aveva toccato quel rigonfiamento, ed era rimasto sbalordito nel vederla cadere a terra e torcersi scompostamente come fosse in preda agli spasimi di un accesso convulsivo. Dopo più attento esame — e qualche imbarazzato esperimento compiuto vincendo la ripugnanza — era giunto alla conclusione che non si trattava di normali convulsioni, bensì della risposta all'applicazione di un principio vecchio come il mondo. Il principio del piacere. Gea aveva inserito nel cranio di Sushi un qualcosa di simile a Spione, collegandolo, appunto, ai centri nervosi del piacere. E Sushi avrebbe fatto qualunque cosa, pur di procurarsi una di quelle scosse. A maneggiarsi da sola non ne ricavava nulla. Bisognava che lo facesse qualcun altro. Pareva averne bisogno almeno tre volte al giorno. Se non riusciva a farsi toccare da Chris, allora andava a strofinarsi gattoni addosso all'ignaro Adam, il quale trovava assai divertente vedere Sushi contorcersi sul pavimento e gemere e masturbarsi.
Chris era quindi costretto, nel corso di ciascun periodo di veglia, a soddisfare Sushi diverse volte.
Meno male che dopo, almeno, poteva scolarsi cinque o sei birre, per mandare giù la nausea.
La chiamavano Sushi per una ragione semplicissima. Si nutriva esclusivamente di pesce crudo. Non le importava nemmeno che fosse fresco. Alle squame non ci faceva caso, e anche le teste non le davano alcun fastidio.