Senz'altro indugio si proiettò allora stridendo egli stesso in aria, cadde sino a raggiungere la velocità di accensione, e attivò tutti e quattro i possenti propulsori. Dietro di lui, l'intera squadriglia prese a sganciarsi per stargli appresso…
Una bomba volante esplose. La mignatta appiccicatale sul fianco scavò uno squarcio sino alla camera di combustione, e l'aeromorfo sbandò fuori controllo e precipitò in vorticosa rotazione, tracciando una scia di fumo e di fiamme.
Un'altra non fece neanche in tempo ad allontanarsi dalla base. Non appena accese il motore, la carica di dinamite depositata nel postcombustore deflagrò, sventrandola in mille pezzi che svanirono fluttuando verso il suolo.
Il Luftmörder eseguì una strettissima virata e prese a risalire. Non provava odio, ma solo un travolgente, insopprimibile impulso a polverizzare ogni angelo esistente su Gea.
Per un certo tempo ci s'impegnò a fondo. Lanciò alcuni crotali, riuscendo a mettere a segno un colpo contro un angelo in volo. Spedì un missile a far centro sul loro nido. A giudicare dai risultati dell'esplosione, doveva già essere vuoto.
Dopo di che, gli angeli si rivelarono bersagli praticamente irraggiungibili. Osservò i suoi subalterni attorcersi nell'aria in infiniti, inutili serpeggiamenti. Entro pochi minuti non si vide più in giro nemmeno un angelo. Erano tutti volati a rifugiarsi sul cavo, strisciando all'interno di angusti anfratti. Vano sarebbe stato tentare di colpirli, e poi avrebbe potuto mettere in pericolo…
La sua concentrazione era stata così intensa, che solamente adesso si rese conto che la base era in fiamme. Impetuosi getti di carburante traboccavano dal punto di attracco ch'egli aveva poco prima abbandonato, riversandosi a colare lungo il fianco del cavo. L'incendio, lo sapeva, non si sarebbe estinto sin quando la Sorgente, di qualunque cosa si trattasse, non fosse giunta, essa per prima, ad esaurirsi.
Clic. Il suo cervello fece scattare quell'informazione al proprio posto, e attorno ad essa elaborò una nuova tattica.
Egli non possedeva alcuna capacità di spegnere incendi. E non aveva conoscenza di alcun'altra creatura geana attrezzata per raggiungere e combattere una così impetuosa ed inaccessibile vampa. Di conseguenza, la base era perduta. Di conseguenza, egli doveva difendere la base superiore. Prese a salire…
Presto dovette constatare che anche quella base era in fiamme.
Clic. Altra informazione immagazzinata.
Chiamò la sua squadriglia, ordinando che gli si disponessero attorno in formazione. C'era una base, in Tea. Per il momento li avrebbe condotti là. Trasmise via radio a Gea una precisa e succinta descrizione dello scontro, e attese i Suoi Ordini, fiducioso che un trasferimento a Tea fosse la sola soluzione logica.
Non era affatto preoccupato.
Nelle ultime sei regioni di Gea che ospitavano forze aeree, Luftmörder e bombe volanti si distaccarono in volo dalle basi in fiamme. La Squadriglia di Teti fu quella che se la cavò con le perdite minori: soltanto due bombe volanti. Crio perse tre bombe e il Luftmörder, mentre i superstiti rimasero a girovagare senza meta attorno al cavo in fiamme, incapaci di decidere dove andare. Iperione fu il più colpito, con ben sei delle nove bombe volanti distrutte o gravemente danneggiate nel corso del primo attacco.
I Sovràngeli di Dione conobbero morti e feriti, come ben sapevano che sarebbe accaduto. Entro pochi decariv, dopo aver serbato a sufficienza in cuore, con amorevole cura, il ricordo delle povere vittime, si sarebbero riuniti per compiangerle.
Nel frattempo, rimossero dalla propria mente il pensiero delle perdite subite.
Era stato, senza dubbio, uno scherzo delizioso.
— Grancàn, tutte le basi in fiamme. Ripeto, tutte. Superstiti in volo. Grande confusione al momento.
Conal inghiottì a fatica. Stava pensando che prima o poi si sarebbero riorganizzati, e che qualcuno sarebbe arrivato fin lì. Molti, forse.
Ascoltò Cirocco snocciolare in dettaglio l'elenco delle batoste inflitte al nemico, le andò sommando via via mentalmente, e alla fine confrontò la rimanenza con le forze a sua disposizione. Pur tenendo conto di variabili incerte o ignote, come il loro massimo raggio d'azione e l'eventuale esistenza di stazioni di rifornimento non distrutte dai Sovra, ne veniva fuori un quadro tutto sommato abbastanza confortante.
I superstiti di Rea e Iperione si sarebbero senza dubbio diretti verso Crono, guardando all'esercito come unico possibile obiettivo. I suoi piloti li avrebbero attesi in Mnemosine, dove forse sarebbe stato possibile, sebbene Conal non ci contasse molto, tender loro un'imboscata.
I rimasugli di Crio avrebbero potuto prendere una direzione qualsiasi… anche se, supponendo corrette le stime circa l'autonomia di volo dei contingenti nemici, non sarebbero riusciti comunque a combinare granché.
La Squadriglia di Tea avrebbe probabilmente potuto spingersi fino a Crono. Anche Teti sarebbe stata in grado di farcela. Febe no, però poteva sempre attaccare Bellinzona.
Dal punto di vista tattico, il gran vantaggio di Conal stava nel fatto che avrebbe potuto affrontare i diversi gruppi separatamente. Gli appariva infatti del tutto improbabile che i nuclei più vicini rimanessero inattivi ad orbitare in zona, sprecando carburante, nell'attesa di essere raggiunti dagli sbandati.
Tanto per cominciare, non riteneva che la mente dei Luftmörder funzionasse a quel modo. Quei mostri parevano invece fissarsi su un obiettivo e spingersi senza esitazioni fino al suicidio, pur di acchiapparlo e distruggerlo.
Schierò dunque i piloti in base a tale principio.
I Suoi Ordini giunsero. Il Luftmörder aveva opinato correttamente… ma fino a un certo punto. Si era aspettato che come bersaglio gli venisse assegnata la città. Ma gli Ordini, pervenuti tramite il Luftmörder di Tea, erano concisi ed espliciti. Lui e la sua Squadriglia dovevano volare fino a Crono e attaccare l'esercito. Egli avrebbe dovuto combattere sinché non fossero rimasti né un solo aereo nemico in aria né una sola bomba da sganciare sull'esercito. Solamente allora avrebbe potuto prendere in considerazione la possibilità d'una propria ulteriore sopravvivenza.
Tali disposizioni non costituirono una sorpresa, per lui. L'ultima parte di esse, per lo meno. Certe cose non avrebbero neppure avuto bisogno di esser dette, in quanto rientravano nelle Direttive Primarie. Quel che invece stentava ad inserirsi opportunamente nel suo computer tattico, era qualcosa cui negli Ordini non si faceva alcun cenno: la necessità di effettuare rifornimento presso la base di Tea.
Egli pervenne dunque tanto vicino a disobbedire agli Ordini quanto poteva farlo un Luftmörder. Decise che, nell'approssimarsi alla base di Tea, avrebbe chiesto il permesso di rifornirsi. Ciò non avrebbe potuto in alcun modo configurarsi come disobbedienza. Tale decisione appariva soddisfacente sott'ogni punto di vista.
Poi raggiunse il cavo centrale di Tea, e vide che la base era in fiamme. Ciò spiegava tutto.
Neppure stavolta si preoccupò. Proseguì verso Crono a tutta velocità.
Il Quinto e Sesto gruppo delle forze aeree di Conal attendevano nell'ombra radar del cavo di Mnemosine. Quando sopraggiunsero i superstiti della Seconda Aerobrigata d'Iperione, diretti a pieno regime verso Crono e l'esercito, quattrocento chilometri più ad ovest, i minuscoli velivoli piombarono loro addosso come falchi vertiginosamente calanti sulla preda, e li ridussero a brandelli.
Il Luftmörder d'Iperione, prima di morire, fece in tempo ad avvertire la squadriglia di Rea circa la trappola esistente in Mnemosine. Sarebbe giunta entro una ventina di minuti.
Il Secondo e Quarto gruppo dell'Aviazione di Bellinzona tentarono un agguato analogo in Dione, ma dovettero attendere di avere la certezza che il nemico non si stesse dirigendo sulla città. La squadriglia di Tea poté così godere di un margine di reazione un po' più ampio, e diede buona prova delle sue capacità. Conal, tornato alla base di Giapeto e pronto a correre in aiuto con la Prima squadra, sentì morire tre dei suoi piloti, mentre un quarto fu costretto a paracadutarsi. Fra le vittime figurava un capopattuglia, quindi diede ordine che i sei aerei superstiti della Seconda e della Quarta si riunissero in una sola squadra e rientrassero a Giapeto per fare rifornimento.