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Decollò quindi per Dione alla testa del Primo gruppo, cinque degli undici aerei che gli rimanevano su tutto il fronte orientale.

Gli aeromorfi della squadriglia di Teti avrebbero pressoché certamente attaccato Bellinzona. Sarebbe stata una follia, per loro, tentare di spingersi fino a Crono.

La Prima squadriglia, proveniente da Rea, era già quasi a corto di carburante, quando incontrò il Sesto e Settimo gruppo di Conal. Il Settimo constava, in effetti, di due soli aerei, il cui compito era consistito nel rimanere a guardia della base di Mnemosine mentre gli altri attaccavano la squadriglia d'Iperione. Al momento il Quinto gruppo era impegnato nei rifornimenti, e non sarebbe stato di aiuto. Inoltre esisteva ancora la possibilità di un'ultima ondata in arrivo da Crio, e la base andava difesa.

La squadriglia di Tea incominciò a lanciare missili già da gran distanza. Nugoli di crotali giunsero sfrecciando da ovest ancor prima che lo stormo apparisse alla vista.

Si rivelò una tattica efficace. Tre aerei di Bellinzona furono colpiti ed abbattuti. Due dei piloti riuscirono a lanciarsi col paracadute, atterrando incolumi sulle sabbie. Poi ebbe inizio il combattimento ravvicinato, ed entro dieci minuti il cielo era sgombro di aeromobili nemici.

Gli uomini del distaccamento di Mnemosine non lo sapevano ancora, ma per loro la guerra era finita.

In Crio, le bombe volanti superstiti continuavano a torneare sopra i rottami in fiamme del loro Luftmörder. Di tanto in tanto, una di esse lanciava un cavedano a cacciarsi nel relitto, come sperando di riportarlo in vita.

Con strida strazianti, veri funebri lamenti, rimasero a vegliare le spoglie mortali del loro condottiero sconfitto finché, una dopo l'altra, terminato il carburante precipitarono.

Il Luftmörder di Febe e il suo corteggio di bombe volanti giunsero a sorvolare Meti, constatando che, come in Teti e Tea, un gigantesco incendio stava distruggendo la base collocata sul cavo centrale.

Il Luftmörder era alle prese con un problema tattico. Aveva avuto ordine di attaccare l'Esercito di Bellinzona in Crono, distante duemila chilometri. Ma egli possedeva un'autonomia di milleottocento chilometri.

Se avesse risalito il raggio di Febe e traversato il mozzo, ridiscendendo poi lungo il raggio di Crono, sapeva che non avrebbe avuto problemi del genere. A parte il fatto che sarebbe stata un'eccellente azione di sorpresa.

Ma aveva fatto conto di ottenere carburante in Meti. Nessuno aveva provveduto ad informarlo che lungo il tragitto non vi sarebbero state soste di rifornimento, e fra le Direttive Primarie era compreso l'obbligo di procedere lungo il bordo per il compimento di qualunque missione, salvo diverse istruzioni. Tale Ordine doveva avere qualcosa a che fare con certe iniziative per la lotta ai rumori molesti nella zona del mozzo. Notoriamente, lassù ci stava Gea — o quanto meno una parte di lei — e poteva darsi benissimo che il rombo dei Luftmörder le desse il mal di testa.

Non esistevano tuttavia termini come disperazione o impossibilità, nel vocabolario del Luftmörder. Concluso l'attraversamento di Meti entrò in Dione… dove vide le carcasse in fiamme di coloro i quali l'avevano preceduto… indefettibilmente e supernamente fiducioso che la sua missione sarebbe stata condotta a termine. Le sue bombe volanti, provviste ciascuna di un solo motore, avevano un'autonomia di duemilacento chilometri. Esse sarebbero giunte a destinazione, e avrebbero combattuto.

Nel cielo di Giapeto diede l'addio all'ultima stilla di carburante, e si trovò di fronte a un dilemma.

Le bombe volanti non erano intelligenti. E limitato era il repertorio di ordini cui sapevano obbedire. "Seguitemi", "Attaccare", "Prepararsi al bombardamento", "Adottare azione difensiva", "Affrontare il nemico"… cose del genere. Cercò nell'elenco. Non esisteva un ordine come "Proseguite senza di me".

Problema davvero interessante. Non cessò un istante di riflettervi mentre, planando come un grande aliante, inesorabilmente digradava verso il suolo, accompagnato dal cupo ruggito delle fedeli truppe che gli tenevan dietro scaglionate in linea.

Giunto a circa due metri da terra, per la prima volta in vita sua un dubbio lo trafisse. Forse la missione non verrà compiuta, pensò, poi avvenne l'impatto, e il suo gran corpo s'abbracciò alla madregèa rovinosamente avvoltolandosi in un gigantesco sfracellamento.

Tallonandolo prone, le bombe volanti s'abbatterono al suolo una dopo l'altra.

Di lassù, la Seconda squadra dell'Aviazione di Bellinzona sgranava tanto d'occhi, incredula.

Circa venti minuti prima del totale autoannientamento dell'Undicesima Aerobrigata di Febe, agghiacciato d'orrore, Conal aveva visto la Decima di Teti ignorare Bellinzona e sfrecciare in direzione ovest.

Lui e gli altri piloti della Prima squadra s'erano occultati nei pressi del cavo centrale di Dione, in perfetto appostamento per tendere un'imboscata alla Decima e distruggerla. Ma ora il nemico s'era preso su di loro un bel vantaggio, e le altre sue squadre, alla base per rifornimento, avevano ancor meno possibilità di piombargli addosso. Impartì ordini al drappello, e passarono rapidamente a velocità supersonica. Certo, così facendo non avrebbero potuto disporre di molto carburante, quando fossero arrivati ad impegnarsi nel combattimento ravvicinato. Digitò, con mano tremante, il codice di chiamata dell'esercito.

— Roccaforte, qui Grancàn.

— Vai Grancàn.

— Rocca… Cirocco, la Decima è passata oltre Dione. Ho paura che potreste averla su di voi fra pochi minuti.

— Siamo perfettamente pronti ad accoglierla.

— Capitano… mi dispiace. Ho commesso un errore di valutazione. Ero convinto che avrebbero…

— Conal, non t'angustiare. Pensavamo di dover subire ancóra, come minimo, l'incursione di tre squadriglie, mentre finora non se n'è vista nemmeno l'ombra.

— Già, ma c'è ancora Crio, di cui non ho notizie, e Febe, ch'è stata individuata a venti minuti da noi.

— Crio è distrutta, Conal. Quanto a Febe… m'ha detto un uccellino che tra un po' saranno nei guai fino al collo, e senza che voi dobbiate far nulla. Di' ai tuoi di restare alla larga, di non affrontarli, di tener gli occhi bene aperti e riferire quello che vedranno.

— …be', se proprio sei sicura…

— Sono sicura. Adesso fate quel che potete con Teti, mentr'io corro a raccomandare a tutti quanti di tener giù la testa. — Roger, Roccaforte.

DIECI

Il Luftmörder era consapevole dei nemici che gli si stavano avvicinando in coda. Erano sbucati fuori dal nulla, e l'avrebbero raggiunto prima che lui e la sua squadriglia potessero impegnare gli avversari in Crono.

Poc'anzi egli aveva provato un sopraffacente desiderio di volgere a nord verso quel succoso, inerme obiettivo ch'era Bellinzona. La città l'aveva attratto come una calamita. Sì, egli voleva virare a nord…

Ma poi ecco apparire quei minuscoli, insignificanti aerei, ed egli aveva compreso che se n'erano rimasti acquattati in agguato, attendendo lui e i suoi sudditi al varco. Gea era grande. Gea era buona. Gea era saggia, e senza dubbio aveva saputo ch'egli sarebbe andato a cacciarsi in una trappola, se avesse volato a settentrione.

Supremamente fiducioso, continuò dunque la sua corsa in direzione Crono.

Quando la pattuglia nemica giunse a portata di missile, il Luftmörder diede ordine a quattro delle sue sette bombe volanti di far rotta indietro ed ingaggiar battaglia. Le comandate uscirono rapidamente di formazione. Egli proseguì la propria rotta, e tramite i retrosensi radar le osservò morire, una dopo l'altra. Ne trasse la medesima emozione di un tiratore di fucile che veda quattro suoi proiettili mancare il bersaglio. Fastidio, certo, per aver fallito il colpo, ma non un pensiero per la sorte dei proiettili.