Poi constatò che uno dei cinque aerei nemici stava precipitando. E, ancor meglio, tre dei superstiti risultavano ora assai attardati, avendo sprecato tempo e carburante per abbattere le quattro bombe. Solamente uno degl'inseguitori pareva conservare ancora la possibilità di raggiungere lui, e i resti della sua squadriglia, prima che essi giungessero a diffondere morte sull'esercito.
Dopo un attimo d'esitazione, stornò un'altra bomba volante allo scopo di rallentare quell'aereo. Non s'illudeva certo che essa fosse in grado di abbatterlo.
La bomba si slanciò sull'attaccante con impetuoso assalto frontale… e lo mancò. Prese quindi a virare, ma ormai era destinata ad essere raggiunta dagli altri tre inseguitori. E intanto il più vicino continuava ad avanzare.
Clic. Così sia. Ormai era quasi in Crono. Quell'aereo alle sue spalle avrebbe potuto neutralizzare uno, al massimo due dei residui aeromorfi cadetti. Non certo tutti e tre. Pur se lo stesso Luftmörder fosse stato abbattuto, le bombe volanti avevano i loro Ordini. Avrebbero attaccato sino ad esaurimento del carburante, quindi si sarebbero precipitate, in picchiata kamikaze, sul più ampio bersàglio disponibile.
Proprio come in un'esibizione acrobatica, si disse Conal, mentre attraverso il parabrezza vedeva la bomba volante ingigantire puntandogli direttamente addosso. Gli aerei si sarebbero diretti uno contro l'altro, e lo spettatore avrebbe pensato che non ce l'avrebbero assolutamente fatta ad evitare la catastrofe, ma poi, all'ultimissimo istante, uno di loro sarebbe sgusciato da una parte e uno dall'altra, e si sarebbero mancati per un palmo di mano.
Con la piccola differenza che, durante un'esibizione acrobatica, gli aerei non si sparano reciprocamente. Strie luminose si dipartivano dalla bomba in avvicinamento, sfiorandolo su entrambi i lati. Conal sentì due colpi trapassargli le ali, ma non si voltò a guardare.
Data la velocità a cui stavano viaggiando, dal momento in cui avvistò l'attaccante al momento in cui eseguì la manovra non dovettero trascorrere più d'un paio di secondi. Un'ora, gli parvero. Quello ingrandiva… ingrandiva… e Conal aspettava… aspettava… poi virò, con tale subitanea brutalità che perse i sensi.
Questione di pochi attimi. Quando risollevò la testa, si ritrovò ancora in volo, e quasi sulle tracce degli ultimi tre, sebbene fossero abbastanza distanti. Laggiù, lontano, alle sue spalle, l'attaccante era impegnato in un sibilante dietrofront, ma pensò che di quello poteva anche scordarsene: ormai non l'avrebbe più raggiunto.
Eseguì, guardingo, una rapida serie di verifiche essenziali. L'aereo non risultò danneggiato seriamente. Il cannoncino incastonato nell'ala destra non funzionava più, e alcuni comandi parevano rispondere con una certa lentezza, ma decise che sostanzialmente la baracca avrebbe retto. Continuò l'inseguimento, portandosi a ridosso dei tre aeromorfi.
A volte dava quasi l'impressione d'esser troppo facile. Abbatté in men che non si dica una delle bombe volanti, la quale neppure cercò di schivare il colpo. Quindi puntò dritto sul Luftmörder, che tuttavia deviò fulmineo verso l'alto eludendo quel primo attacco. Gli rimase sotto le grinfie l'ultima bomba volante, la quale non tentò neppure lei alcuna azione evasiva.
L'idea di perder tempo gli riusciva quasi odiosa, ma fornì comunque al computer una traccia di massima, il computer a sua volta impartì istruzioni a un missile, e il missile sfrecciò subito via andandosi a sprofondare nell'ugello di scarico della bomba volante.
Conal alzò lo sguardo e scorse il Luftmörder. Virò in quella direzione, lanciò un altro missile… ed immediatamente cambiò di nuovo rotta con ancora maggior decisione, vedendo un crotalo precipitarglisi addosso. Nonostante la brusca virata, quello riuscì a colpirgli l'estremità dell'ala sinistra ed esplose, strappandogliene quasi un metro.
La piccola Libellula sbandò fuori controllo, mentre Conal veniva proiettato violentemente contro le cinture. Perse trecento metri di quota con impressionante rapidità, mentre le ali trasparenti gemevano, sollecitate allo spasimo, nella ricerca lacerante di una conformazione che riuscisse a controbilanciare il danno. Finalmente — quattro, forse cinque secondi dopo — Conal ebbe la certezza che la Libellula era in grado di continuare il volo, quantunque con diminuite prestazioni.
Reindividuò il Luftmörder e lo controllò con occhio clinico. Aveva perduto uno dei quattro propulsori, e dallo squarcio fuoriusciva una scia di fumo nero, anche se il mostro pareva non risentirne. Stava discendendo, e Conal comprese che tale manovra adombrava uno scopo preciso, in quanto proprio di fronte, non troppo distanti, già si scorgevano disseminati punti di luce che tradivano la posizione dell'esercito.
Manovrò quindi per portarglisi in coda e in posizione dominante.
Con la massima precisione lo centrò nel dispositivo di puntamento, e ordinò al computer di spedirlo all'inferno.
Non accadde nulla.
Passò, imprecando, al controllo manuale, e cercò di sparargli col cannoncino alare ancora utilizzabile.
Nulla neppure stavolta.
Il computer pareva funzionare, ma non trasmetteva più agli armamenti neppure il più semplice comando.
Urlando tutta la sua rabbia, Conal continuò ad avvicinarsi.
Il Luftmörder non provava alcun senso di turbamento.
Si trovava nell'impossibilità di chiudere l'afflusso di cherosene al motore mancante, quindi l'incendio innescatosi in quel punto non si sarebbe spento, e ciò gli causava un certo disagio fisico, ma il dolore non l'avrebbe distolto dalla sua missione. Un rapido controllo del consumo gli confermò che non stava perdendo più carburante di quanto ne avrebbe utilizzato se il motore fosse rimasto al suo posto. Ce l'avrebbe fatta.
Sì, ce l'avrebbe fatta, bastava solo che quel piccolo…
Ma dove era andato a cacciarsi? L'aveva avuto sul radar solo un momento prima. Stava perdendo quota. L'avrebbe visto, se fosse precipitato. Scandagliò lo spazio tutt'intorno a sé con impulsi radar e prospezione ottica, ma non riuscì a trovarlo.
Finalmente, incominciò a preoccuparsi.
Conal si trovava dieci metri sotto il Luftmörder.
Aveva quasi l'impressione che allungando una mano sarebbe arrivato a toccare la sua mole gigantesca. Cavedani e crotali vi stavano aggrappati a sciami, contorcendosi di frenetica impazienza nel vento trascinante della corsa.
Vide i bordi d'uscita delle grandi ali piegarsi a morder l'aria, e dovette agire rapidamente abbassando gl'ipersostentatori posteriori, altrimenti si sarebbe ritrovato in pochi attimi a sopravanzare il mostro.
Il Luftmörder stava rallentando. Si preparava al bombardamento. Voleva agire con precisione, sganciare il maggior numero di bombe nel cprso di un solo passaggio. Sapeva, probabilmente, che a terra non esistevano né cannoni né fucili né pistole in grado di danneggiarlo.
Pistole?
Conal aveva pensato di speronarlo. Se il Luftmörder non avesse rallentato, sarebbe stata, in effetti, l'unica manovra possibile.
Alzò gli occhi a esaminare con più attenzione il ventre della bestia. Appariva, per quanto era lungo, tutto costellato d'increspature simili a sfinteri. Ecco, da dove uscivano le bombe. Avrebbe dovuto immaginarselo. Chissà quel sistema come solleticava il senso dell'umorismo di Gea…
Fece saltare il tettuccio. Il vento lo colpì con la violenza di un pugno. Per fortuna sia lui che la feroce creatura continuavano a rallentare, e un po' alla volta la situazione andò migliorando. Frugò nella tuta antiproiettile e ne estrasse la pistola da segnalazioni. Il vento si portò via il primo colpo scaraventandolo a sinistra del Luftmörder, tanto che mancò del tutto la fusoliera. Gliene restavano altri due. E se la bestia avesse incominciato a virare? Meglio non pensarci. Prese di nuovo la mira, cercando di tener conto della deviazione che il vento avrebbe impartito alla traiettoria. Vide il minuscolo razzo andarsi ad infilzare — in quella che, sorprendentemente, gli parve cedevole carne — a pochi centimetri da uno degli sfinteri. Era una carica di magnesio, così luminosa da non potersi guardare.