Cirocco si ritrovò ad innalzare mute invocazioni a Santa Gaby. Ti prego, non lasciare ch'io cada in errore. Ti prego, non lasciare che questo esercito… l'esercito che ho accettato di radunare solo perché tu m'hai promesso che avremmo potuto salvare Adam senza mai costringere i nostri fratelli umani a scannarsi l'un l'altro in una sporca guerra… sì, ti prego, non permettere che essi imparino a godere nel provocare la morte dei loro simili.
Un altro pensiero l'aiutava ad andare avanti. Se fosse morta, e l'esercito avesse dovuto combattere, sarebbe in ogni caso stato meglio, per gli esseri umani coinvolti nel conflitto, fare una fine cruenta, piuttosto che vivere in schiavitù.
L'esercito riprese la marcia a tappe forzate.
Quando la strada incominciò ad essere inghiottita dalla giungla, il gruppo dei titanidi si portò in testa.
Ora c'è da osservare che, a proposito dei titanidi, era serpeggiato qualche mormorio di malcontento. Non basato sulla logica, ma si sa, certe reazioni, con la logica, non hanno mai granché da spartire. Non importava che i soldati, immobilizzati al suolo, non avessero avuto nulla con cui replicare efficacemente ai colpi degli attaccanti… anzi, diciamo pure che in realtà non avevano affatto combattuto. E non importava che, fosse stato minimamente possibile, anche gli umani se la sarebbero filata dal campo di battaglia. Il semplice fatto era che i titanidi avevano alzato gli zoccoli, mentre gli umani erano rimasti lì in mezzo a beccarsi le pallottole e le bombe.
Ma ci pensò la giungla, a dare uno scrollone a questa latente ostilità.
Era lento e difficile avanzare attraverso la giungla. Percorrendo l'interminabile, cupa, opprimente galleria di fogliame, gli uomini superavano gruppi di esausti, sanguinanti titanidi accovacciati sui bordi del sentiero. Seduti accanto a loro, i soldati della Legione che aveva in precedenza marciato all'avanguardia. Allorché la carovana aveva terminato di passare, Legione e titanidi si accodavano in retroguardia. Ciò accadeva all'incirca ogni due riv.
Quando una Legione veniva a trovarsi in testa, si rendeva conto di come funzionasse la cosa. Un gruppo di cinquanta titanidi si faceva strada a colpi di lama nel fitto della vegetazione con la rapidità e l'energia di una gigantesca, inarrestabile sega circolare. Era uno spettacolo che incuteva timore. Piccole, feroci creature tutte zanne e artigli li aggredivano senza un attimo di tregua. Piante velenose graffiavano le loro tenaci pelli multicolori. Non ci voleva molto a capire che, se a spianare la strada vi fossero stati degli esseri umani, l'esercito avrebbe avanzato a circa un decimo della sua velocità attuale, e solo a prezzo di pesanti perdite.
Risultava comunque abbastanza dura anche per chi godeva il momentaneo beneficio di trovarsi in mezzo alla colonna, con tutte quelle bestiacce che ad ogni momento saltavano fuori dalla boscaglia. Fra le truppe si era diffuso un certo nervosismo. C'era chi moriva così, all'improvviso, senza ragione apparente, vittima di veleni che agivano per semplice contatto.
Quando si accampavano, la giungla si richiudeva su di loro serrandoli in un abbraccio micidiale. Creature demoniache, più adatte a popolare incubi da tossicomani che ad infestare la vita reale, scaturivano brancolando dalle tenebre ed emergevano per breve tempo alla luce, talmente formidabili da opporsi a quattro o cinque titanidi.
Due volte, dovettero fare il campo. Nessuno dormì molto.
Come se tutto ciò non bastasse, esisteva poi un altro motivo di tensione costante. S'era sparsa la voce che un nuovo attacco in forze avrebbe potuto essere sferrato contro di loro mentre ancora si trovavano in Crono, notoriamente alleato di Gea. Nessuno conosceva la natura di tali ipotetici nemici, ma, da quello che s'era visto sarebbe stata certo una cosa spaventosa…
Tuttavia, per un qualche motivo, Crono non attaccò. L'esercito uscì dall'altra parte della giungla, e tutti trassero un gran sospiro di sollievo… tutti, tranne cinquantadue titanidi e sedici umani, che non avrebbero respirato mai più.
Si accamparono assai più confortevolmente in riva all'Orione, sul limitare del gran deserto di Mnemosine, non lungi dal punto in cui il fiume s'immergeva nel sottosuolo, percorrendo poi duecento chilometri prima di tornare in superficie.
Cirocco li lasciò riposare, riprendersi dalle fatiche e dalle emozioni della giungla, e raccogliere le forze di cui avrebbero avuto bisogno per attraversare il deserto. Si organizzarono incontri di calcio. Uomini e donne poterono appartarsi nelle tende coniugali, e dimenticare per un poco le loro paure.
Tutti i recipienti disponibili furono riempiti fino all'orlo. Non avrebbero incontrato oasi né sorgenti, non vi sarebbe stata da attingere una sola stilla d'acqua finché non avessero raggiunto le nevi di Oceano.
TREDICI
Universalmente condiviso era il sacro timore nei confronti del verme delle sabbie.
Molte storie si narravano sul suo conto, sebbene fra gli umani di Gea soltanto Cirocco potesse dire d'averlo veduto.
Era lungo dieci chilometri e aveva una bocca larga duecento metri, dicevano alcuni. Era assetato di sangue umano, secondo altri. Amava rimanersene sepolto nelle profondità sabbiose, ove poteva muoversi più rapido di quanto non corresse un titanide, per poi prorompere d'improvviso in superficie a divorare interi eserciti.
Be'… più o meno.
Parecchi narratori, diciamolo pure, avevano in mente l'immane creatura apparsa in un film di tanti anni prima, uno dei preferiti di Gea. Anzi, le era piaciuto a tal punto da costruirla, quella bestia, lasciandola poi libera di scorrazzare in Mnemosine: regione che, stando alle leggende titanidi, aveva brillato un tempo come il Gioiello della Ruota.
In verità c'era molto di più, e molto di meno.
Durante l'attraversamento del deserto ebbero la ventura d'imbattersi, verso metà strada, in una delle immense spire del verme. L'animale era lungo, in effetti, trecento chilometri, con un diametro di quattro. Preferiva, sì, mantenersi sotto la superficie, ma dove il substrato roccioso era profondo meno di quattro chilometri non aveva scelta, e anse del suo corpo sconfinato divenivano visibili già a grande distanza. Intento da sempre a triturare le rocce gradualmente riducendole in sabbia sempre più fina, viveva nutrendosi dei minerali che in qualche modo ne estraeva.
Quanto alla sua velocità…
Trecento chilometri di sabbia creano un'enorme quantità di attrito. Il verme delle sabbie era composto di giganteschi segmenti anulari, lungo ciascuno un centinaio di metri. Accadeva, in pratica, che uno dei segmenti visibili si spingeva, con uno strattone, avanti di sei o sette metri, poi il segmento successivo seguiva l'esempio di quello precedente, quindi era la volta di una terza sezione, e così via. Due o tre minuti dopo la procedura si ripeteva daccapo, e ciascun segmento avanzava di altri sei o sette metri.
Tanto grande fu il sollievo provato dai soldati nel constatare che il mitico verme delle sabbie, pur imponente e formidabile, era del tutto innocuo, da dare il via a una bizzarra moda che Cirocco non fece nulla per ostacolare. L'esercito incominciò a coprire la creatura di scritte d'ogni genere.
Man mano che ciascuna Legione transitava accanto ai due o tre chilometri di verme visibili in superficie, i comandanti accordavano una breve sosta, e tutti si affollavano accanto al fianco dell'animale per non rinunziare al piacere di scrivere la loro sulla più grande parete vivente che avessero mai veduto, ma anche per ridere dei messaggi lasciati da chi li aveva preceduti. Si notava una certa sentimentale predilezione per i nomi di persona e di città. "Marian Pappadapolis, Giakarta". "Carl Kingsley, Buenos Aires". "Fahd Fong, GRANDE Stato Libero del Texas!"