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— Insomma, che ci fai qua sotto? insisté Conal.

Gene gli dardeggiò un'occhiata obliqua, ma non parve neppure vederlo. Si grattò la testa — Cirocco trasalì nell'osservare quanto profondamente le sue dita affondassero nella protuberanza frontale — e borbottò qualcosa fra sé. Sembrava non essere più consapevole della loro presenza.

— Gaby — bisbigliò Cirocco. — Ma come mai… quel modo di parlare, non è…

— Zotico? Bizzarro? Colloquiale? — Un angolo delle labbra le s'incurvò in un sorriso amarognolo. — Curioso, eh, per uno laureato ad Harvard, un niuiorchese in forza alla NASA… è questo che vuoi dire? Rocky, Gene è il più infelice figlio di puttana che sia mai vissuto. Quella là gli ha giocato certi scherzetti, che al confronto quelle che ha fatto a noi paiono simpatiche birichinate. Guardagli la testa. Avanti, devi solo guardargliela.

Sin dal momento del loro arrivo, a onor del vero, Cirocco non aveva quasi fatto altro.

Ora, però, si sentì afferrare anche da un'impellente coazione a toccarla, quella testa. Resisté per quanto le riuscì, poi si alzò, andò ad inginocchiarglisi dinnanzi, e gli appoggiò sulla fronte il palmo della mano. Ne ricavò un'impressione di morbida cedevolezza. Sottopelle, qualcosa si moveva pigramente.

Pensò che avrebbe dovuto sentirsi nauseata, però non lo era. Fissò la propria mano come se appartenesse a qualcun altro, e avvertì il potere che in essa si andava accumulando. Gene alzò lentamente le mani, le strinse attorno all'avambraccio di lei, ma non fece alcun tentativo per allontanarla. Cirocco percepì chiaramente la sua inquietudine. E provò l'assurdo impulso — assai vicino a un cedimento isterico — di gridargli — Guarisci!

Poi si ritrovò a stringere qualcosa di umido che si contorceva ed emanava un fetore nauseabondo. Lo esaminò con calma, freddamente. Era tutto coperto di sangue, così come la mano che lo impugnava. Mostrava una notevole somiglianza con Spione, ma era rigonfio, grottescamente obeso, con due occhi roteanti che parevano due acini d'uva sbucciati. Emetteva un suono gracidante.

— Figlio di puttana — mormorava Gene. — Figlio di puttana. Figlio di puttana.

Cirocco udì Conal allontanarsi incespicando, poi lo sentì vomitare nel buio. Rimase immobile, concentrata sulla preda. Sapeva, inspiegabile consapevolezza, di non dover distogliere assolutamente gli occhi dalla creatura gracidante. Accanto a lei Gaby si stava esibendo in uno dei suoi giochi di prestigio. Ma invece di un coniglio o di una colomba evocò dal nulla, con gesto elegante…

…un recipiente cilindrico di spesso vetro nero. Cirocco ci ficcò dentro quella mostruosità, e avvitò stretto il coperchio.

Solo allora volse lo sguardo su Gene. Lui si stava palpando la fronte, che pur recando impresse le impronte sanguinolente lasciate dalle dita di Cirocco appariva intatta. La pelle, non più tesa, ciondolava, ma non v'erano tracce di ferite o cicatrici.

— Figlio di puttana — ripeté Gene.

— Come Spione? — domandò Cirocco. Adesso ch'era tutto finito, si sentiva addosso un languore prossimo allo svenimento.

— No — rispose Gaby. — Simili, ma non uguali. Spione si limitava ad ascoltare, e riferire. — Si picchiettò con le dita sulla fronte. — Il mio ascoltava e basta. — Prese in mano il recipiente nero. — Ma questo, era ciò che nel gergo dello spionaggio si chiama una talpa. Scavava in profondità, rimescolando le carte. Ogni volta che poteva, faceva in modo, senza mai uscire allo scoperto, che accadessero certe cose. Stupri, per esempio, e guerre, e sabotaggi… Finché la vita intera di Gene non si ridusse ad una serie di risposte alle pressioni di quel mostriciattolo. Povero Gene, nient'altro che un burattino nelle mani di Gea.

— Anche… lassù, sul cavo?

Perplessità circa l'atteggiamento di quell'uomo le avevano nutrite, tanti anni prima, già poco dopo il naufragio del Ringmaster, quando Gene aveva tentato, in diretta violazione delle procedure di Primo Contatto previste dai regolamenti delle Nazioni Unite, di suggerire ai titanidi l'uso di nuove armi nella loro guerra contro gli angeli. A quel tempo, tuttavia, s'erano indotte a sottovalutare le implicazioni di tale comportamento, ritenendolo unicamente dettato dal desiderio di aiutare i titanidi.

Non avevano quindi esitato a portarlo insieme a loro nella lunga scalata al cavo in direzione mozzo. Ma, durante l'ascesa, era accaduto che Gene aveva stordito Gaby, violentandola e lasciandola come morta. Poi aveva violentato anche Cirocco, e le avrebbe uccise entrambe, non fosse stato per un pizzico di fortuna ed un agile gioco di gambe.

Gaby era senz'altro intenzionata a castrarlo hic et nunc, ma Cirocco non glielo aveva consentito. Decisione della quale non si era mai pentita, pur se nel corso dei settantacinque anni successivi Gene aveva provocato infiniti fastidi, dando anche il via agli eventi sfociati nella morte di Gaby. Aveva rimpianto molte volte di non averlo ucciso, questo sì.

Comunque avevano dovuto constatare che Gene era un osso piuttosto duro. Gaby una volta gli aveva tagliato la gola, abbandonandolo per morto.

Ma lui era sopravvissuto.

In un certo senso aveva finito per diventare come Spione. Quando Cirocco voleva qualcosa da Spione, per indurlo a collaborare era costretta a torturarlo. E, nel corso degli anni, ogni volta che Gaby aveva incontrato Gene gli aveva portato via qualcosa… un orecchio, qualche dito, un testicolo. Gene era sempre immancabilmente guarito, solo che, a differenza di Cirocco e Gaby, gli erano rimaste le cicatrici.

— No, sul cavo no — rispose Gaby. — Non direttamente, intendo. Non è che quella cosa lo costringesse fisicamente. Però gli sussurrava paroline molto convincenti. E Gene si è ritrovato con una personalità schizofrenica. Ecco… credo che una certa propensione alla violenza ce l'avesse già, altrimenti, almeno all'inizio, quella cosa non sarebbe riuscita, da sola, a spingerlo in tale direzione. Poi, col passare del tempo, quel che Gene poteva pensare o non pensare, volere o non volere, non ha più avuto la minima importanza. In un certo senso, Gene se n'era andato. Sì, da questo punto di vista, il Gene che conoscevamo è morto ormai da parecchi anni.

Gaby sospirò, scosse la testa, quindi continuò.

— E ti dirò che ora mi sento persino imbarazzata a stargli qui davanti. Perché vedi, se c'è un vero miracolo, in questa storia, è proprio in lui, nella tenacia con cui ha resistito per tutto questo tempo. Anche il solo fatto d'esser venuto qui… nell'unico luogo di tutta la ruota in cui Gea non guarda mai… Lei i suoi rapporti dalla talpa li riceve ancora, però finge che provengano da qualche altro luogo.

— E perché?

— Perché? Perché è pazza. E… anche per un altro motivo che vedrai fra poco.

Ricomparve Conal, ancora pallido in viso.

— Ma che cosa gli ha fatto? — domandò, con voce controllata e al tempo stesso veemente.

Cirocco credette per un attimo che intendesse riferirsi a quel che aveva fatto lei. Ma Conal si rivolgeva a Gaby, e Gaby gli spiegò la natura e il senso e la durata della condizione di schiavitù cui Gea aveva condannato il suo avo. Conal ascoltò attento, in silenzio.

— Anche Calvin? — domandò a un tratto Cirocco.

— Sì, anche lui aveva il suo. Ma Finefischio se ne accorse e lo uccise quasi immediatamente. Non so com'abbia fatto. Finefischio non s'è mai preso la briga di raccontarcelo… e un po' gliene faccio una colpa, anche se mi rendo conto che le faccende umane non gl'interessano un bel nulla. — Fece una spallucciata. — Comunque è proprio a causa dell'uccisione del suo parassita, che adesso Calvin sta morendo.

— Chi è Calvin? — volle sapere Conal.

— Ricordi il tuo fumetto? — rispose Cirocco. — Be', lui era quello di pelle nera.

— Anche lui è ancora vivo?

— Sì. — Cirocco tornò a rivolgersi a Gaby. — E di Bill che mi sai dire?