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Come al solito, nessuno sapeva per qual motivo Gea avesse scelto proprio quei film nella sua sterminata cineteca, ma numerosi presenti osservarono che lei non sembrava soddisfatta. Guardava appena lo schermo. Era inquieta e pensierosa. Divenne talmente agitata che a un certo punto calpestò involontariamente due panaflexi e un umano, ammazzandoli tutti e tre.

I cadaveri vennero prontamente divorati dai Preti.

DECIMO EPISODIO

Nessuno aveva immaginato che la guerra sarebbe durata sette anni, ma così avvenne.

Come ogni guerra, conobbe alti e bassi. Ci fu un periodo di cinque mesi durante il quale non cadde neppure una bomba, e qualcuno osò sperare che il conflitto fosse terminato. Poi venne colpita Dallas, e gli scambi di convenevoli ricominciarono. Per quattro volte immense flotte di missili s'inarcarono dall'una all'altra zona del pianeta, possenti affondi destinati a por fine alle ostilità una volta per tutte. Senza riuscirvi. I contendenti si perdevano per strada man mano che giungevano al punto in cui non era rimasto in vita più nessuno in grado di dirigere gli attacchi. Ma un agguerrito gruppo d'una venticinquina di nazioni s'erano trincerate così solidamente che avrebbero di sicuro potuto continuare a combattere per un paio di secoli.

Un buon settanta per cento delle armi fecero cilecca in un modo o nell'altro. In centinaia di città caddero bombe che rimasero inesplose, peraltro seminando il loro carico di plutonio e preannunciando alla popolazione che un'altra bomba avrebbe presto fatto seguito. Articoli di condanna vennero scritti contro l'ingordigia dei fabbricanti di materiale bellico, i quali s'erano ingrassati sui contratti governativi pensando che, tanto, nessuno si sarebbe mai accorto che le bombe erano difettose. I presidenti delle ditte appaltatrici furono linciati; e il linciaggio divenne una moda diffusa a livello planetario, un sistema come un altro per distrarsi dall'assillo della guerra. I Generali vennero scorticati vivi, i diplomatici sbudellati e squartati, i primi ministri gettati nell'olio bollente, ma parve non servire a nulla. Quelli che contavano, continuavano a starsene ben rintanati nei loro rifugi cinque miglia sottoterra.

Furon compiuti tentativi di pacificazione. Ma le conferenze si concludevano di solito con la vaporizzazione della città ospite. Ne buscò Ginevra, poi toccò a Helsinki, a Giakarta, a Sapporo, a Juneau. Andò a finire che i negoziatori venivano trucidati a vista non appena tentavano di entrare in una città.

Dopo sette anni la guerra non faceva più notizia nei telegiornali della sera. L'intera struttura dell'informazione pubblica era andata distrutta." I satelliti venivano utilizzati a tempo pieno dai militari per lo scambio di messaggi cifrati, e a ogni modo nessuno disponeva d'un televisore funzionante in grado di ricevere qualche programma. A quel punto era stato utilizzato circa un centesimo dell'intero arsenale nucleare terrestre, mentre un altro ventesimo era stato annientato prima dell'uso. Ne avanzava ancora un bel po'.

Di gente, invece, in giro non ce n'era ormai più tanta.

Tre anni erano trascorsi dall'ultimo raccolto d'una qualche consistenza. I pochi sopravvissuti di superficie frugavano fra le macerie alla ricerca di cibo in scatola, andavano a caccia, e si mangiavano l'un l'altro. Ma c'era rimasta poca selvaggina, sia animale che umana.

Sin dall'inizio della guerra erano spuntati messia al ritmo di tre o quattro all'ora. Quasi tutti avevano proclamato di saper come arrestare il conflitto, ma nessuno l'aveva fatto. Quasi tutti erano morti, adesso, e ben presto la Terra intera lo sarebbe stata.

Per sette anni gli Avamposti c'erano andati coi piedi di piombo. Pronte a dichiararsi neutrali all'inizio della guerra, le città lunari e marziane e le colonie orbitali ambivano solo a starsene chiotte mentre laggiù sulla Terra la civiltà andava in malora. Esisteva disparità d'opinioni circa la possibilità delle tre nazioni selenite di sopravvivere senza aiuti terrestri. Allo scoppio delle ostilità vivevano sulla Luna quasi un milione di abitanti. I Marziani, d'altra parte, calcolavano di poter tirare avanti per vent'anni, non di più.

In numero ben superiore agl'insediamenti planetari c'erano poi le colonie O'Neil. Ne esistevano centinaia, con popolazioni comprese fra cinquemila e centomila abitanti. Si trovavano principalmente in L4 e L5, punti di stabilità gravitazionale situati a sessanta gradi da una parte e dall'altra della Luna. Raggruppamenti considerevoli erano inoltre presenti in L1 e L2, nonostante le perturbazioni che tendevano a spostare le strutture dai punti di librazione; per mezzo di un piccolo propulsore, anche le colonie di maggiori dimensioni potevano rimanere stabili con minimo dispendio d'energia.

Mentre il conflitto si trascinava lentamente avanti, tali propulsori si rivelarono utili anche a qualcos'altro. Con calma, senza far tanto chiasso, alcune delle colonie O'Neil presero a trasformarsi in veicoli spaziali. Quelle più recenti disponevano già di motori più che adeguati. Altre c'impiegarono un po' di tempo e dovettero intraprendere orbite a lungo raggio, ma ebbe però inizio una migrazione estesa a tutte le colonie che ritenevano di poter sopravvivere senza la Terra.

Esistevano un sacco di posti dove andare, ma nessuno che fosse un granché. Una delle colonie cercò di porsi in orbita attorno a Mercurio, dove c'è abbondanza di energia gratuita. Tant'è che ne fece indigestione. Alcune entrarono in orbita attorno a Venere o in orbita troiana circumsolare insieme a Venere. Molte altre si spinsero all'esterno sino ai paraggi di Marte, o andarono a collocarsi nei punti troiani dell'orbita terrestre. Il problema consisteva nell'allontanarsi dalla Terra quanto bastava a divenire bersagli non meritevoli di attenzione e difficili da colpire, rimanendo al tempo stesso abbastanza vicini al Sole per sopravvivere.

Pochissimi ardimentosi optarono per il grande balzo. Trasformarono le loro case in astronavi, e fecero rotta per lo spazio esterno.

Conal venne a conoscenza di questi eventi da profughi giunti durante il settimo anno di guerra. Inevitabilmente gli balenò un'immagine: vide la Terra come un globo annerito, ridotto a brandelli, avvolto dalle fiamme. E, sullo sfondo dell'apocalisse, precipitosi branchi di minuscoli animaletti in fuga disordinata.

— Come topi che abbandonano una nave che affonda — disse a Cirocco.

— E cos'altro ti aspetti che facciano, dei topi? — replicò lei. — Che colino coraggiosamente a picco? Il topo è forse l'animale più astuto che ci sia, e anche il più resistente. I topi non debbono un cavolo di niente, alla nave, e lo stesso vale per quella gente delle L5.

— Non c'è mica bisogno di arrabbiarsi.

— E invece continuerò ad arrabbiarmi finché tu continuerai a pensare che sia una buona idea dare retta a degli psicopatici. Chiunque in questo momento è in grado di allontanarsi dalla Terra e non lo fa, è come se dicesse che è giusto andare a letto con un cane idrofobo. Quegli L5 sono gente con la testa a posto che scappa dal manicomio. E forse dalla tomba.

Quando aveva tempo, a Conal piaceva gironzolare vicino al Portale appena fuori di Bellinzona. in missione di salute pubblica.

Il Portale era proprio quel che suggeriva il suo nome: il punto d'ingresso di tutti i miserabili rifiuti umani che approdavano in massa alle sponde di Gea. Sulla superficie esterna di Gea il solito raccoglitore tentacoluto era preposto al recupero dei semi di ritorno O delle non rare astronavi umane in cerca d'asilo. La gente veniva quindi trasbordata all'equivalente locale di Ellis Island, nel profondo delle viscere di Gea, dove veniva passata in rassegna. Le procedure d'immigrazione, un tempo lunghe e complesse, erano adesso di un'estrema semplicità: i santi a sinistra, i mortali a destra. Profeti, sacerdoti, predicatori, pastori, sciamani, guru, stregoni, dervisci, monaci, rabbini, mullah, ayatollah, parroci, negromanti, abati, patriarchi e vescovi venivano tutti quanti condotti direttamente alla presenza di Gea. Gli altri, assieme a quel poco che potevano portarsi addosso, erano caricati dentro apposite capsule e, dopo un breve tragitto attraverso il sistema circolatorio di Gea, pervenivano a una valvola a sfintere che venti alla volta li spremeva fuori scodellandoli in una piccola grotta che Cirocco chiamava "il bucodiculo del mondo".