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Cirocco poggiò sul tavolo la tazza vuota e lo abbracciò da dietro. Non gli arrivava più al collo, e allora in cambio gli schioccò un bacio sull'ampia schiena.

— Ciao, Chris — lo salutò.

— Giorno. Capitano. Colazione pronta fra un minuto. Già in piedi?

— Svegliata ora.

— Prima la doccia o la pappa?

— Pappa, poi doccia.

Chris annuì, quindi si avvicinò alla finestra.

— Vieni. Voglio mostrarti qualcosa.

Andò da lui, cercando di tenersi pronta a ogni evenienza. Si sporse a guardar fuori della finestra.

— Che c'è? Vedo solo acqua.

— Appunto. — La sollevò e la buttò fuori della finestra. Lei strillò durante tutto il suo volo a capofitto, e colpì l'acqua con un tonfo spettacolare. Lui aspettò di veder riaffiorare la testa. Quando Cirocco riemerse sputacchiando, le gridò: — Ci vediamo fra cinque minuti!

Poi, continuando a sogghignare, tornò alla stufa, e ruppe dieci uova dal guscio verdognolo sulla pancetta rosolata.

PRIMO SPETTACOLO

Ciò che vogliamo è una storia

che incomincia con un terremoto

e procede gradualmente

sino al punto culminante.

Sam Goldwin

UNO

Poco dopo l'arrivo di Cirocco alla casalbero, una carovana di sette individui — tre titanidi e quattro umani — raggiunse la sommità dell'ultima collina che dava accesso alla valle ove il fiume Briareo faceva gomito. Guardando giù videro la grande roccia, l'immenso albero, e la casalbero di Chris annidatavi dentro.

Nel tempo impiegato dal gruppo a percorrere i duecento chilometri intercorrenti fra Bellinzona e il Briareo, Cirocco aveva corso per quasi metà della circonferenza interna di Gea.

Avrebbero potuto viaggiare più in fretta. Ma uno di loro si era rifiutato di cavalcare a dorso di titanide, e quindi l'intero gruppo aveva dovuto rallentare per non lasciarlo indietro. Parecchi degli altri sei avevano osservato quanto poco il settimo componente avesse mostrato di apprezzare tale attenzione.

Dopo una breve sosta, durante la quale i titanidi intonarono lodi al grandioso panorama e composero alcune canzoni per celebrare l'arrivo, il gruppo prese a discendere lungo l'incerto sentiero che conduceva al fiume.

Conal era di nuovo innamorato.

Non che fosse infedele a Cirocco. L'amava ancora, e l'avrebbe sempre amata. Ma questo era un altro genere di amore.

E neppure si dava il caso ch'egli potesse venire ricambiato, poiché colei lo detestava nella maniera più assoluta. Ma insomma, l'amore è amore, e sperare non costa nulla. E poi, lei odiava tutti. Conal non riusciva a credere che qualcuno potesse odiare per sempre tutti gli altri. Magari, quando lei fosse giunta a superare quella fase, l'avrebbe notato che bravo ragazzo era Conal Ray.

Non erano esattamente queste le considerazioni che Conal stava rimuginando mentre il gruppo intraprendeva l'ultima tappa del suo viaggio al fiume Briareo, sebbene analoghi pensieri gli navigassero per la mente. Disteso sull'ampio dorso di Rocky il titanide, egli ondeggiava al momento in una piacevole condizione sospesa tra il sonno e la veglia. Gran parte del viaggio l'aveva trascorsa dormendo. Lavorando per Capitan Cirocco, che era capace di rimanere sveglia per un intero ettoriv e non sembrava mai stanca, Conal aveva appreso quanto fosse importante concedersi tutto il sonno possibile. La sua era una filosofia da soldato di fanteria: riposo a iosa in un letto asciutto, ventre bello pieno, e la vita gli sorrideva.

Si svegliò solo quando le donne s'abbandonarono con voci stridule a una di quelle loro ferocissime discussioni. Le prime volte aveva temuto che venissero alle mani, nel qual caso una di loro sarebbe morta di sicuro. Ma si erano sempre fermate in tempo. Alla fine aveva concluso che non sarebbero mai giunte alle estreme conseguenze, e s'era quindi potuto godere i loro scontri a suon di urla per quel gran spettacolo che erano. Davvero incredibile, la quantità d'imprecazioni che conoscevano quelle donne! Ciò ampliò il suo vocabolario, e accrebbe il suo amore.

Conal si girò dall'altra parte, addormentandosi profondamente. Benché il sentiero fosse ripido e sassoso, l'incedere dei titanidi era morbido e uniforme come il movimento di una ruota di gomma su un pavimento di linoleum. Qualcuno aveva detto che quelle creature rappresentavano il più comodo mezzo di trasporto mai scoperto.

I titanidi non erano proprio entusiasti di venir considerati un mezzo di trasporto, ma neppure se ne offendevano. E portavano sulla loro schiena solamente chi desideravano portare. Pochissimi umani potevano dire d'aver cavalcato un titanide.

Mellotron (Trio Lidio Doppiodiesis) Rock'n'Roll non aveva nulla in contrario a portare Conal. Dal giorno in cui aveva operato Cirocco Jones, quasi cinque miriariv prima, lui e Conal erano divenuti amici per la pelle. Succedeva, a volte, fra un titanide e un umano. Rocky conosceva il caso di Chris e Valiha, che si erano amati per vent'anni, e quello di Cirocco Jones e Cornamusa, che talvolta erano amanti oltre a essere nonna e nipote… sebbene non si trattasse di un normale grado di parentela, poiché nessun albero genealogico titanide è mai semplice. E aveva sentito parlare del grande amore che Gaby Plauget aveva nutrito per Salterio (Trio Lidio Diesis) Fanfara.

Rocky non aveva mai fatto fisicamente l'amore con Conal, non si aspettava di farlo, e sapeva che Conal sarebbe rimasto scandalizzato se avesse scoperto che Rocky la considerava un'esperienza desiderabile. E poi non aveva nulla a che vedere con ciò che gli umani sono abituati a considerare amore. Chris Major l'aveva imparato con Valiha, e quella consapevolezza l'aveva ferito. Ma neppure coincideva con l'amore che un titanide poteva provare per un suo simile. Era qualcosa d'altro. Era qualcosa che qualunque titanide percepiva chiaramente. All'improvviso, e senza un valido motivo, ognuno di loro comprendeva che questo o quell'umano apparteneva al tale o talaltro titanide, sebbene avessero tutti la delicatezza di non esporre la situazione in questi termini. Rocky sapeva che Conal era il suo umano, nel bene e nel male.

E si domandava se anche Conal pensasse a lui come al suo titanide.

Dietro Conal e Rocky venivano Robin e Valiha.

Robin era emotivamente esausta. E niente affatto ansiosa di rivedere Chris dopo tutti quegli anni.

Lui era rimasto su Gea, lei invece se n'era andata… ma non era tornata a casa. Non ce l'aveva più, una casa. Nella Congrega aveva fatto carriera fino ai massimi livelli, e per qualche tempo era stata Madonna Nera, capo del Consiglio. Aveva ottenuto tutti gli onori che la sua società potesse concedere, a un'età inferiore a quella di chiunque altra prima di lei.

Era stata, e continuava a essere, disperatamente infelice. Quei venti, difficili anni, avevano lasciato il segno. Si domandava cos'avessero significato per Chris.

— Valiha, non sai se…

La titanide ruotò il capo verso di lei, e Robin desiderò che non l'avesse fatto. I titanidi erano spaventosamente dinoccolati.

— Sì? Che cosa?

Robin aveva dimenticato la sua domanda. Scrollò la testa, e Valiha tornò a dedicare la propria attenzione al sentiero. Era rimasta esattamente come Robin se la ricordava. Quanti anni aveva avuto, allora? Cinque? Dunque adesso doveva essere sui venticinque. A partire dai tre anni, allorché raggiungevano la maturità, e sin verso i cinquanta, quando incominciavano a mostrare i segni dell'età, i titanidi non mutavano granché di aspetto.

Aveva dimenticato tante di quelle cose… L'atemporalità di Gea, per esempio. Avevano viaggiato a lungo, ma quanto, non avrebbe saputo dire. Si erano accampati due volte, ed era stata così stanca che aveva dormito un sonno profondo come non le capitava da anni. Il viaggio era durato abbastanza da permettere al suo naso di guarire e alla ferita sulla spalla di migliorare.