Chris capiva perfettamente. Per un bel pezzo Cirocco s'era dovuta accontentare di masticare solamente erbe selvatiche. Ma l'aggettivo che lei aveva usato per definire il cibo lo fece sorridere. La "pancetta" era carne ottenuta da un sorrisone con geni di porco lasciatigli in eredità dai suoi antenati, in virtù di quello sconcertante sistema d'ibridazione geano che avrebbe mandato al manicomio Luther Burbank. Le "uova" provenivano da un arbusto comune in Dione. Se non fossero state colte, si sarebbero infine schiuse dando alla luce un rettile miriàpode, che a sua volta se ne sarebbe andato in giro a disseminare coi suoi escrementi i semi della pianta. Ma il frutto, di per sé, aveva un gusto che assomigliava molto a quello delle uova autentiche.
Il caffè, strano a dirsi, era vero caffè, un ibrido adattato alle precarie condizioni d'illuminazione imperanti su Gea. In seguito al crollo del commercio Terra-Gea, la coltivazione del caffè sugli altipiani era divenuta conveniente come quella della cocaina, tradizionale genere d'esportazione geano. E il mercato rigurgitava di coca, mentre il caffè risultava difficile da trovare.
— Kong è morto — annunciò Cirocco continuando a masticare.
— Davvero? Chi è stato?
— C'è bisogno di chiederlo?
Bastò a Chris una brevissima riflessione per giungere inevitabilmente all'unico possibile candidato.
— Perché non mi racconti cos'è successo?
— Vedi prima di schiaffare in padella un altro poco di quella pancetta, eh? — lo ricattò sogghignando. Con un sospiro, lui si alzò.
Mentre la pancetta incominciava a sfrigolare, gli raccontò quel che aveva visto in Febe. Intanto che parlava diede fondo alla seconda porzione. Si alzò a sciacquarsi il piatto, poi tornò accanto a Chris, e rimanendo in piedi tagliò delle fette gagliarde da una gigantesca pagnotta, quindi le dispose sopra un vassoio per metterle a tostare.
— Immagino che dovrà pur morire, no, quando gli faranno a pezzi il cervello? — Cirocco si accovacciò, infilando il vassoio nello scomparto inferiore della stufa, sotto il focolare, dove il calore radiante l'avrebbe riscaldato lentamente.
— Penso di sì. — Chris fece una smorfia.
Cirocco si rialzò e si sciolse i capelli, scrollando la testa per dispiegarli e ravviandoseli con le dita. Chris seguì l'operazione, notando che adesso quella chioma era quasi completamente bianca. Le scendeva giù fin oltre i fianchi. Chissà, si domandò, se li avrebbe mai più tagliati, quei capelli. Prima dell'operazione al cervello, da cui eran già trascorsi cinque anni, raramente se li era fatti arrivare sotto le spalle. Poi la sua testa aveva dovuto essere rasata, e da allora lei sembrava avere sviluppato un vera predilezione per i capelli lunghi.
— Qualcos'altro che dovrei sapere? — le chiese.
— Ho riparlato con Gaby.
Chris non replicò subito, continuando semplicemente a rigirare le fette di pancetta. Cirocco si diede a rovistare dentro un armadietto.
— Che ti ha detto?
Cirocco scovò una striglia titanide e incominciò a pettinarcisi i capelli. Per un po' non disse nulla, poi sospirò.
— L'ho vista due volte. Una volta più o meno tre ettoriv prima di andare alla montagna di Kong. E un'altra volta in Teti, poco dopo. La prima volta mi ha detto che Robin stava tornando su Gea. Il motivo non me l'ha spiegato. Solo che Robin aveva portato i suoi figli con sé.
Chris non fece commenti. Qualche tempo prima non se ne sarebbe certo rimasto zitto, ma da allora aveva incominciato a nutrire alcune perplessità. Sulla definizione di "razionale", per esempio, e riguardo al significato del termine "magia", e circa la linea di demarcazione fra la vita e la morte. Si era sempre considerato un positivista, lui. Un uomo civile. Uno che non credeva alla stregoneria. Sebbene fosse vissuto vent'anni in un posto dove c'era un "Dio" col quale aveva parlato, e benché avesse amato un "Demone" che una volta era stata una "Maga", egli non attribuiva a nessuno di questi termini il valore scaturente dal loro significato letterale. Gea era una divinità mediocre. Cirocco era una persona eccezionale, ma non deteneva poteri magici, né in bene né in male.
Di fronte alle cose di cui era stato testimone, o delle quali aveva sentito parlare, perché mai avrebbe dovuto preoccuparsi per una banale resurrezione?
Però quella vicenda, in effetti, gli aveva già dato un sacco di grattacapi. Gaby era spirata fra le sue braccia. Non avrebbe mai dimenticato le sue orribili ustioni. La prima volta che Cirocco gli aveva detto di aver visto Gaby, lui era andato su tutte le furie. Poi si era calmato e l'aveva trattata con gentilezza, temendo che la sua vecchia amica stesse diventando senile. Troppo facile, però, attribuire tutto agli offuscamenti della senescenza. Anche se la razionalità faceva cilecca, il pragmatismo continuava a essere affidabile, e Chris si considerava un pragmatico. Se funziona, esiste. E le conversazioni di Cirocco con Gaby avevano sempre funzionato molto bene nel predire il futuro.
— Quando arriverà? — le chiese.
— Qui su Gea? È già arrivata. Anzi, ormai dovrebbe anch'essere vicina a Junction.
— Sta venendo qui?
— Ce le sta portando Conal. Con loro ci saranno anche alcuni titanidi. Di che ti preoccupi? Non ce li vuoi?
— Non è mica per questo! Sarà bellissimo rivederla. Chi avrebbe mai potuto sperare in un suo ritorno? — Diede un'occhiata in giro per la cucina. — Solo che mi chiedevo se sono abbastanza attrezzato per ricevere tutti questi ospiti… Forse sarebbe meglio se facessi un salto a procurarmi…
Cirocco rise, circondandolo con le sue braccia. Egli chinò lo sguardo a fissarla in viso, riconoscendovi quell'inconfondibile scintilla di ribalderia.
— Oh, Chris, adesso non metterti a far la parte della brava massaia! — lo punzecchiò, baciandolo. — I titanidi se la cavano meglio di te, e poi loro ci si divertono sul serio…
— D'accordo. Allora che si fa? — L'abbracciò, fece scivolare le sue mani lungo la schiena di lei giù giù fino alle natiche, e la sollevò senza sforzo.
— Innanzitutto togliamo la pancetta e il pane dalla stufa prima che si brucino. Ho deciso che non sono poi così affamata come credevo.
— No?
— Be', non in quel senso lì. Sai, ho corso a perdifiato per tutta 'sta ruota fetente senza nulla da guardare a parte i Fabbri Ferrai. — Insinuò una mano fra i loro corpi, obiettivo il basso ventre di lui, e lì giunta, strinse. — Tutt'a un tratto, strano a dirsi, la tua brutta faccia tosta mi sembra persino attraente.
— Quello lì non è mica la mia faccia tosta, vecchia strega.
— Staremo a vedere — disse, e strinse ancora.
Al compimento del tredicesimo decennio di vita, la noia rappresentava uno dei più gravi timori di Cirocco. Le erano state risparmiate le devastazioni della vecchiaia, l'ottundersi dei sensi e l'offuscarsi delle facoltà mentali. Ci si poteva tuttavia aspettare che un giorno o l'altro il fatto di coricarsi con un amante e di celebrare con lui gli antichissimi rituali del coito le sarebbe venuto a noia. Quel giorno Cirocco sarebbe stata pronta a morire.
Ma, finora, tutto bene.
Se ne stavano insieme in mansarda, una specie di attico che sorgeva sull'edificio principale di Tuxedo Junction. Su ciascuna delle sei pareti si aprivano finestre. Una scala a pioli scendeva al terzo piano, mentre un'altra si arrampicava alla torre campanaria ospitante il carillon di Chris. Lungo una delle pareti, attraverso fori praticati nel pavimento e nel soffitto, sfilavano due dozzine di funi.
— Yuhuuu! - gridò Cirocco allungando un braccio verso le corde. Ne scelse una e le diede uno strattone. Sopra di loro, la più grande fra le squille di ottone rispose con uno scampanìo gioioso.
— Bello, eh? — disse Chris abbandonandosi su di lei.
— Tre volte bello — replicò Cirocco, e trasse dalla campana altri due squilli. Poi si avviluppò braccia e gambe attorno a Chris, stringendolo più forte che poté.