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Vivere su Gea presentava aspetti positivi e aspetti negativi. Ad alcune cose, come l'immutabilità della luce ambientale, Cirocco non prestava quasi più attenzione. L'avvicendarsi del giorno e della notte era ormai solo un vago ricordo. Uno dei lati positivi cui lei di solito non faceva caso, era la bassa gravità. E l'amplesso restava l'unica occasione nel corso della quale tornava ad accorgersene. Neppure un uomo grande e grosso come Chris pesava poi tanto, in quelle circostanze. Lungi dal divenire un fardello soffocante, il suo corpo rimaneva in ogni istante una calda e confortante presenza. Potevano rimanersene a giacere così per ore intere, se lo desideravano, lui completamente rilassato, e lei senza correre il rischio di farsi spremere come un pomodoro. A Cirocco piaceva molto. Quando un uomo era dentro di lei, detestava essere costretta a distaccarsene.

Sollevandosi leggermente, Chris stette lì a guardarla. Luccicava di sudore, e anche questo le piaceva molto.

— Non ha detto nulla del… — Chris non sapeva come concludere la frase, ma la cosa non aveva importanza. Cirocco aveva capito lo stesso.

— Nulla. Nemmeno una parola. Ma io so che accadrà, e presto.

— Come fai a saperlo?

Lei si strinse nelle spalle. — Non lo so. Chiamala intuizione di una sessantenne…

— È passato un bel pezzo da quand'eri una sessantenne.

— Come sarebbe a dire? Ci sono arrivata già due volte, tutto qui. Sono una sessantenne doppia, più dieci.

— Sì, e credo proprio che ciò ti renda il doppio desiderabile di qualunque altra, più dieci.

— Ora sì che dici bene. Anzi…

L'udirono contemporaneamente. Non lontano, voci titanidi s'innalzavano in un canto. Chris la baciò, alzatosi andò alla finestra, guardò giù in direzione del ponte. Cirocco si girò su un fianco, indugiando a rimirarlo. Era assai soddisfatta di ciò che le mostravano i suoi occhi, ma si chiedeva cosa ne avrebbe pensato Robin.

Dalla vita in giù, Chris risultava l'umano più peloso che lei avesse mai veduto. Pareva quasi che indossasse pantaloni di pelle d'orso. Era un pelo color castano, come i suoi capelli, e in nessun punto scendeva sotto i venticinque centimetri di lunghezza. Era morbido e sottile, senza dubbio la più bella pelliccia in cui fosse possibile avvolgere le proprie gambe.

Chris stava mutandosi in un titanide. La trasformazione durava ormai da cinque miriariv. Sul torace e sulle braccia non presentava ombra di peli. La barba aveva smesso di crescergli da un bel pezzo, e adesso il suo mento era liscio come quello di un ragazzo. In condizioni di luce favorevoli, il suo viso poteva passare per quello di un dodicenne. C'erano pure altre cose, qua e là, che avrebbero senza dubbio lasciato Robin sbigottita… come la coda, per esempio. La parte carnosa della novella appendice misurava solo una quindicina di centimetri, ma Robin era in grado di contraria e farne sventolare il crine fluente come un vivace cavallino. Egli andava assolutamente orgoglioso della sua coda, e non ne dominava le reazioni più di quanto avrebbe potuto fare un cane. Mentre lui osservava il gruppo attraversare il ponte, quella gli scodinzolava avanti e indietro tutta eccitata. Sorridendo, Chris si volse a Cirocco.

— Sono loro — annunciò, e le lunghe orecchie gli si rizzarono impettite svettando oltre la sommità del capo. La mente di Cirocco volò indietro di centoventicinque anni, riportandola a un film già vecchio a quei tempi: un cartone animato con dei ragazzi che si trasformavano in asinelli, e un bambino di legno, e sua madre che gli tendeva la mano nel buio… ma non riuscì a ricordarne il titolo.

— Gli vado incontro — disse Chris avviandosi giù per la scala. Indugiò. — Tu non vieni?

— Fra un minuto. — Lo guardò andar via, poi si mise a sedere sull'enorme sacco imbottito di paglia che avevano usato come letto. Si scansò dal viso la folta massa di capelli bianchi, si stiracchiò, e guardò dalla finestra opposta a quella che aveva usato Chris.

Là fuori c'era Gaby. Seduta sul ramo di un albero all'altezza della torre campanaria, distante non più di quindici metri.

— È stato bello? — chiese Gaby.

— Sì. — Pur rendendosi conto che Gaby poteva esser lì da chissà quanto, Cirocco non provò imbarazzo né risentimento.

— Devi stargli molto dietro, a Chris. È in grave pericolo.

— Che posso fare?

— Ci sono risposte che non conosco. — Un'ombra di tristezza scese a oscurarle il volto, ma fece presto a liberarsene. — Due cose — disse. — Primo, egli è padre di entrambi. Potrebbe anche saperlo, perché Robin ne è già abbastanza certa.

— Chris?

— Sì. Te ne accorgerai. Con Nova, per lo meno. Ma anche col ragazzo.

— Il ragazzo? Che ragazzo?

— Secondo — continuò Gaby. Sogghignò. — Non strozzare la ragazza. Ti farà diventar matta, ma cerca di sopportarla. Ne vale la pena.

— Gaby, io… — Poi Cirocco restò senza fiato, mentre Gaby si ribaltava giù dal ramo tuffandosi verso il laghetto sottostante. Ne colse un'ultima fugace visione, braccia protese verso il basso, punte dei piedi dritte a piombo dietro di sé, poi l'apparizione fu inghiottita dal fogliame.

Rimase tanto, ad ascoltare, ma non udì il tonfo del corpo in acqua.

TRE

I titanidi prepararono un banchetto. Giudicando dall'allegria dei loro canti, Robin li dedusse inconsapevoli delle umane tensioni che si agitavano tutt'attorno. Ma sbagliava. Ciò che stava accadendo, i titanidi lo sapevano anche meglio di lei, però si rendevano conto di non poterci fare un bel nulla. Adottavano quindi un sistema che aveva funzionato abbastanza bene per quasi un secolo. Lasciavano che gli umani si facessero i fatti loro.

Robin aveva dimenticato quanto potesse essere delizioso il cibo titanide. Poco dopo il ritorno alla Congrega, appena prima della nascita di Nova, era aumentata di venti chili oltre il suo peso forma. Una dieta feroce aveva eliminato il sovrappiù, scongiurandone il ritorno per dodici anni.

Poi, a un certo punto, aveva perso interesse nel cibo. Per cinque anni non aveva avuto problemi a conservarsi magra. Anzi, durante quel periodo aveva addirittura dovuto costringersi a mangiare. Nulla le sembrava buono. Ma ora, aggredendo i piatti stracolmi che le offrivano i titanidi, si domandava se fra un po' non avrebbe dovuto ricominciare a riguardarsi.

Gravava, sui commensali, una strana atmosfera permeata di tristezza e precarietà. Chris, Cirocco e Conal sorridevano molto ma parlavano poco. Nova, ovviamente, s'era andata a rintanare col suo piatto nell'angolo più appartato della sala. Mangiava con fare circospetto, come un animale selvatico, e non spiccicava gli occhi di dosso a Cirocco.

— Nova — la chiamò Robin — vieni a sederti a tavola con noi.

— Preferisco rimanere qui, Madre.

— Nova.

Con fiero cipiglio, e strascicando i piedi, la ragazza si decise ad accostarsi. Robin aveva la sensazione che sua figlia non avrebbe continuato a chinare il capo ancora per molto, pur se la virtù dell'obbedienza era solida, nelle giovani della Congrega, ambiente in cui la famiglia differiva notevolmente dal tradizionale modello umano. Nova doveva a Robin assoluta acquiescenza sino al compimento del ventesimo anno, e un atteggiamento di grande rispetto anche dopo quella data. Ma ormai era diciottenne. Ancora un anno, due anni… limiti di tempo che avevano poco senso, su Gea.

Lievi sintomi positivi venivano comunque ad alleviare le sue inquietudini. Sin dall'arrivo a Tuxedo Junction non c'erano ancora stati litigi, fra loro due, e Robin ne traeva grande consolazione. Quegli alterchi le straziavano il cuore. Quando ci si azzuffa, è molto importante essere sicuri di avere ragione, e ormai a Robin non capitava quasi più di scoprire in sé tale certezza.