In effetti, da quando si trovavano in quel luogo, Nova s'era lasciata sfuggire sì e no una dozzina di parole. Si limitava a sedere in silenzio, fissandosi le mani o gettando lunghe occhiate a Cirocco. Robin seguì lo sguardo rivolto da sua figlia alla Maga… anzi, sì corresse, al Capitano… che stava cantando a Serpentone chissà quali incomprensibili frasi in lingua titanide, poi tornò a osservare Nova.
Grande Madre, abbi pietà di noi.
— Hai mangiato a sufficienza, Robin?
Colta alla sprovvista, le occorse qualche istante per riaversi dalla sorpresa. Poi cercò di sorridere a Cirocco. Immerse un cucchiaio nella ciotola di cibo che i titanidi avevano preparato appositamente per il bambino, e lo insinuò nella boccuccia di Adam.
— Io? Sì sì, ho finito e sto proprio bene, però a lui gli ci vuole un po' di più.
— Potrei parlarti? In privato?
Non c'era nulla che Robin desiderasse maggiormente, ma d'un tratto si sentì spaventata. Ripulì la bocca di Adam da qualche debordante brìccica di pappa e fece un gesto vago.
— Certamente, appena…
Ma Cirocco aveva già fatto il giro della tavola e preso in braccio il bambino. Lo porse a Chris, che ne parve compiaciuto.
— Andiamo. Lui con Chris è in buone mani, vero, vecchio mio?
— Senza dubbio, Capitano.
Cirocco afferrò Robin per il gomito, spingendola gentilmente ma con fermezza. La piccola strega si arrese. Seguì Cirocco attraverso la cucina, poi fuori, lungo un ramo orizzontale, per uno dei sentieri provvisti di parapetti, e quindi in leggera salita fino a un edificio isolato, seminascosto nell'intrico verde. Era di legno, a forma pentagonale. Il vano dell'uscio si apriva così basso che per entrare Cirocco dovette chinarsi. A Robin invece, nel varcare la soglia, avanzarono sopra il capo almeno due o tre centimetri.
— Che posto bizzarro…
— Anche Chris è un tipo molto originale. — Cirocco accese una lampada a olio e la pose sul tavolo nel centro della stanza.
— Raccontami di lui. Valiha me l'aveva detto che era cambiato, però non avrei mai… — La voce le venne meno. Aveva finalmente dato un'occhiata all'interno del padiglione.
Tutte le pareti erano di rame. Sbalzate a martello sulle superfici metalliche risaltavano numerosissime figure, alcune delle quali piuttosto familiari a Robin, altre interamente estranee, mentre una parte di esse pareva farle riaffiorare alla memoria cose ch'erano rimaste per lungo tempo sepolte nei recessi della sua mente.
— Cos'è, questo? — sussurrò.
Cirocco accennò alla più grande delle raffigurazioni. Robin si avvicinò e riconobbe l'immagine stilizzata di una donna, goffa e approssimativa come un geroglifico. Era nuda, incinta, e aveva tre occhi. Un serpente le si avviluppava attorno da una caviglia alla spalla opposta, ove rizzava la testa a guardarla dritta in volto. La donna ricambiava imperturbabile lo sguardo del serpente.
— Quella… dovrei essere io? — La mano le corse involontariamente a sfiorare la fronte, sulla quale portava tatuato il suo terzo Occhio. Se l'era guadagnato più di vent'anni prima, e senza di esso non avrebbe mai potuto far ritorno su Gea.
Robin portava addosso anche il tatuaggio di un serpente che partendo da una gamba le si attorceva al corpo sino a giungerle sul petto.
— Cos'è, questo? — ripeté.
Nella stanza c'erano due sedie di legno a schienale diritto. Cirocco ne trasse una verso il centro del locale e vi sedette.
— Forse sarebbe meglio che tu lo chiedessi a Chris. Secondo me dovrebb'essere una specie di… monumento commemorativo. Lui ti voleva bene. Era convinto che non ti avrebbe rivisto mai più. Non potendo fare altro, ha creato quest'opera.
— Ma' è… è straordinaria!
— Come ti ho già detto, anche Chris è una persona eccezionale.
— Che gli sta succedendo?
— Fisicamente, vuoi dire? Sta ottenendo ciò che Gea gli promise tanti anni fa.
— È una cosa ripugnante.
Cirocco rise. Robin arrossì, poi comprese che Cirocco non stava ridendo di lei, ma a causa di qualche suo pensiero privato.
— No, non è affatto una cosa ripugnante — replicò. — È solo sorprendente. Tu te la sei trovata davanti d'un tratto e tutta insieme. Io l'ho veduta verificarsi giorno per giorno, e ai miei occhi appare del tutto naturale, e giusta. E quanto alla sorpresa… be', ti dirò che tu l'hai sconvolto più di quanto lui non abbia sconvolto te.
Robin non fu capace di reggere quello sguardo, e chinò la testa. Sapeva bene qual era il suo aspetto attuale.
— Si chiama età — disse in tono amaro. La cosa peggiore era che lei pareva molto più anziana di Cirocco.
— No. Sei invecchiata, certo, ma non è questa la cosa sconvolgente. A modo tuo, sei cambiata altrettanto radicalmente di Chris. Qualche terribile paura s'è incisa a fuoco sulla tua anima.
— Non sono d'accordo. Fallimento e disonore, sì, ma non paura.
— Paura — proseguì Cirocco inesorabile. — La Grande Madre ti ha abbandonato. Il centro della tua esistenza è svanito. Non ardi più, vacilli, i tuoi piedi sono incapaci di trovare appoggio sul grembo della terra. Non hai luogo ove posarti, non hai più Ombelico.
— Chi ti ha detto queste cose? — urlò Robin.
— So quello che vedo.
— Sì, ma le parole, le… le parole segrete… — Alcune di esse appartenevano ai riti della Congrega, a cerimonie ed esorcismi che Robin era certa di non aver mai neppure menzionato alla Maga. Altre nascevano dagli angoli più tenebrosi della sua stessa coscienza.
— Ho avuto qualche suggerimento. E adesso, voglio conoscere il motivo della tua presenza qui. Perché sei tornata? Cosa speri di ottenere?
Robin si asciugò le lacrime e avvicinò l'altra sedia a Cirocco. Si mise a sedere, e finalmente fu di nuovo capace di guardare in faccia l'interlocutrice.
Poi narrò la sua storia.
Non diversamente da tanti altri, Robin era venuta su Gea in cerca di una cura al suo male.
Gea era una divinità che non regalava mai nulla. A Robin aveva detto che avrebbe dovuto provare il proprio valore e compiere qualcosa di eroico, prima di poter sperare in una guarigione. Inizialmente Robin non era stata affatto disposta ad accettare la sfida. Non portava una malattia con la quale fosse impossibile convivere, e sino a quel momento l'aveva affrontata con estrema determinazione. Una volta, allorché la mano aveva preso a tremarle manifestando i sintomi iniziali dell'attacco epilettico, non aveva esitato ad amputarsi il mignolo.
Tuttavia, in seguito all'opera di persuasione compiuta su di lei da Gaby Plauget, Robin aveva finito per partecipare a un viaggio lungo il perimetro interno della ruota, accompagnata da Gaby, Cirocco, i titanidi Salterio, Oboe, Cornamusa e Valiha, e Chris Major, anche lui impegnato a guadagnarsi una cura.
Gaby e Cirocco, a parte il far da guide ai due pellegrini, perseguivano un scopo recondito: trovare almeno un alleato fra gli undici cervelli regionali di Gea. Gaby s'era impegnata nella ricerca con decisione assai maggiore rispetto a Cirocco; la Maga, infatti, alcolizzata all'ultimo stadio, aveva dovuto letteralmente essere trascinata in quell'impresa. Alcuni cervelli regionali erano fedeli a Gea. Altri la osteggiavano. Tali schieramenti risalivano al tempo della ribellione di Oceano, avvenuta quando gli umani vivevano ancora nelle caverne.
L'intento di Gaby consisteva nientemeno che nel rovesciamento e nella sostituzione della stessa Gea. Lei era quindi partita per arruolare un nuovo Dio. Quella missione le era costata la vita, senza contare altre gravi conseguenze. A Cirocco era costata la sua condizione di Maga. Rimaneva da vedere se fosse costata ai titanidi la loro sopravvivenza come razza.
I soli che pareva avessero tratto beneficio da quell'impresa malriuscita erano Robin, Chris e i Fabbri Ferrai. Robin e Chris erano guariti. Ai Fabbri Ferrai, per ignoti motivi, era stato concesso di espandersi oltre i confini della loro minuscola isola situata al centro del Mare di Febe, al punto che adesso contendevano ai titanidi il dominio della grande ruota.