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Promemoria: proiettare I tre volti di Eva, un giorno di questi.

La parte di lei che teneva sotto controllo il proprio equivalente di un utero, non rivelava agli altri frammenti di personalità cosa stesse combinando quella specifica estensione. Gea era soddisfatta di tale soluzione. Dopo tre milioni di anni, qualche sorpresa ci voleva proprio. Una volta al chiloriv il suo corpo le proponeva qualcosa di nuovo. Nel corso dell'ultimo anno esso aveva dato alla luce una nidiata di dragoncini, una tigre di quattro metri, e una creatura ch'era una via di mezzo tra una piovra e un Modello-T. La maggior parte dei neonati non campavano a lungo, mancando di taluni organi essenziali tipo un cuore o un naso. Gli altri erano ibridi. Il subconscio di Gea non poteva certo star dietro alle sottigliezze.

Ma il cammello era riuscito davvero bene. Si trattava, per l'esattezza, di un dromedario completamente sviluppato, sano come un pesce, e adesso era morto perché Gea aveva finalmente deciso a cosa adibirlo. Si apprestava a farlo passare per la cruna di un ago.

Diciamo pure che era un ago di generose dimensioni. Accoppiato a esso svettava un grande imbuto, e lì accanto faceva bella mostra di sé un congegno tritacarne servito a ridurre il cammello in poltiglia.

Mentre un centinaio di cineprese entravano in azione, Gea salì sull'impalcatura che sovrastava l'imbuto, versandovi dentro il primo recipiente di purè di cammello.

Tre riv dopo, stanca e affamata, Gea ordinò una pausa. Circa metà cammello era ormai passato attraverso la cruna, e il resto dell'operazione si prospettava solo come una noiosa replica. E poi, le riprese già effettuate potevano venire montate con qualche inquadratura finale dell'imbuto, da realizzare una volta che si fosse svuotato.

Andò a prender posto per assistere ai due film del giorno, che erano Lawrence d'Arabia e… niente, non se lo ricordava. Agitata e impaziente prese a dimenarsi nella sua poltrona.

Insomma, quand'è che Cirocco si sarebbe decisa a fare sul serio?

Gea era in attesa del Grande Evento.

QUATTRO

— Robin, svegliati.

Robin fu all'istante sul chi vive. Vide incombere su di sé la sagoma indistinta di Cirocco.

— Tutto a posto. Non aver paura.

— Non ho paura. — Si stropicciò gli occhi. — Che ore…

Cirocco sorrise, guardando Robin riprendere coscienza del luogo dove si trovava.

— Hai dormito per circa sette ore. Sono sufficienti?

— Certo. — Cirocco continuava a sussurrare, e quindi Robin fece altrettanto. — Ma… sufficienti per che cosa?

— Voglio che tu venga con me — disse Cirocco.

Mentre sua madre si vestiva, Nova rimase a occhi chiusi e non si mosse. Dopo che Robin ebbe lasciato la stanza richiudendosi dietro il battente, Nova si alzò e sgattaiolò fino all'uscio. Aprendolo di una frazione di centimetro poté scorgere Cirocco e Robin che parlottavano sottovoce nel corridoio. Poi le due donne uscirono dal suo campo visivo, e le udì scendere le scale che conducevano al primo piano.

Sbirciando dalla balaustra del secondo piano le vide attraversare la sala, poi sentì la porta d'ingresso aprirsi e chiudersi. Si affrettò a tornare nella camera che divideva con sua madre e Adam.

Diede un'occhiata alla culla, e fu sorpresa nel constatare che il bambino non c'era più. Sapeva che non era stata sua madre a prendere quel piccolo mostro, e ne dedusse che doveva avercelo Cirocco.

Affacciandosi alla finestra poteva vedere l'estremità esterna del ponte sospeso. Si sporse… ma subito con un guizzo si ritrasse indietro. Le due donne stavano traversando il ponte. Il bambino era in braccio a Cirocco.

In pochi attimi si vestì, discese le scale, e già si apprestava a girare la maniglia, quando un pensiero la pervase.

Non ce l'avrebbe mai fatta.

Nova non era tipo da sopravvalutare le proprie capacità. A casa sua, sul suo terreno, qualche possibilità di pedinare Cirocco senza farsi scoprire l'avrebbe anche avuta. Ma Cirocco era troppo abile. Pareva capace di sentire sulla pelle il peso degli sguardi, di cogliere al volo i pensieri più fugaci…

Era assolutamente inconcepibile che Nova potesse, attraverso una foresta a lei ignota, seguire impunemente una donna di quel genere.

Eppure, Grande Madre, moriva dalla voglia di andare con loro.

All'inizio Robin non aveva capito che stavano percorrendo un sentiero. Non si trattava di un tracciato ben definito, ma c'era. Dovevano chinarsi per evitare rami bassi e arrampicarsi sopra i tronchi di alberi abbattuti. Ma era pur sempre un sentiero. Robin cercò di fare appello alle sue scarse conoscenze circa le abitudini delle bestie selvatiche, chiedendosi se quella non fosse una pista da selvaggina, poi si rese conto che quel poco che sapeva si riferiva alla Terra, non a Gea. Chi poteva dire per qual motivo un animale geano si comportava in un certo modo?

— Robin, ti fidi di me?

— Fidarmi di te? Certo, credo di sì. Perché?

— Crederlo non basta. Pensaci bene.

Robin ci pensò, continuando ad arrancare dietro la donna che nel suo intimo non aveva mai cessato di chiamare Maga. Si sentiva goffa, debole, e tanto vecchia. Cirocco, davanti a lei, le appariva snella, flessuosa, sembrava scaturire dalla terra stessa su cui volavano i suoi agili piedi.

Fidarsi di lei? A Robin venivano in mente un sacco di pro e di contro. Quando Robin l'aveva conosciuta, la Maga era un'alcolizzata. Guarivano mai gli alcolizzati, ma sul serio, dal loro vizio? Non era possibile, quando le cose si mettevano male, che lei riannegasse nella bottiglia?

Robin le diede un'altra occhiata. No, non era possibile. Non aveva idea di come facesse a esserne tanto sicura, ma lo era. In quella donna si era verificato un cambiamento fondamentale.

— Mi fido della tua parola. Sono convinta che se tu prometti di fare una cosa, posso star certa che manterrai.

— Sicuro, se non muoio prima.

— Ho fiducia nella tua volontà di compiere ciò che ritieni giusto.

— Giusto per chi? Per te, per me, o per tutti quanti? Spesso bisogna distinguere.

Robin era d'accordo con quella osservazione, e volle rifletterci meglio.

— Per tutti quanti. Penso che me lo diresti, se tu dovessi accingerti a una scelta che giudichi la migliore, ma che potrebbe danneggiarmi.

— Si, te lo direi.

Per un poco procedettero in silenzio, poi Cirocco si girò a mezzo e fece segno a Robin di venirle accanto. Adesso il sentiero era largo a sufficienza per accogliere due persone. Prese Robin per mano, e camminarono fianco a fianco.

— Ti fidi se debbo serbare un segreto?

— Certo.

— Non mi sono espressa bene. Ci sono cose che devo tener segrete a te. Non posso dirti il perché. In parte per via della vecchia regola aurea dei cosiddetti "servizi segreti". Quello che non sai, non lo puoi rivelare.

— Parli seriamente, vero?

— Non sto giocando, ragazza mia. Quassù c'è una guerra in corso proprio come ce n'è una sulla Terra. Per certi versi, è anche altrettanto brutta.

— D'accordo, continuerò ad avere fiducia in te anche se mi devi nascondere qualcosa. Almeno finché non ne saprò di più.

— Così va abbastanza bene. — Si fermò, fronteggiò Robin fissandola in volto. — Adesso rilassati e guardami negli occhi. Voglio che ti rilassi completamente. Tutti i tuoi muscoli si abbandonano, e tu incominci ad aver sonno, tanto sonno…

Robin era già stata ipnotizzata, in precedenza, mai però con tanta facilità. Cirocco parlò poco e non si servì di alcun oggetto. Si limitò a immergere il suo sguardo in quello di Robin, e le sue pupille divennero grandi come il Mare di Febe. Sussurrò sommessamente, sfiorò le gote di Robin col palmo delle mani, e Robin si rilassò.