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— È svanita?

Robin parve sorpresa. — No, è uscita dalla porta.

Cirocco rimase un po' in silenzio, e Robin non se ne diede pensiero. Attendeva altre domande. Sentì invece la pressione della mano di Cirocco sulla sua testa prima cessare, e poi riprendere. Stavolta però non si trattava del palmo, bensì delle dita chiuse a pugno. Era un tocco lieve, ma a Robin sembrava che Cirocco potesse quasi scandagliare, attraverso la volta cranica, il tracciato che formavano i corrugamenti e le circonvoluzioni del suo cervello.

Udì una voce sottile.

— Lasciami andare, vecchia troia.

Robin non aveva mai sentito nessuno apostrofare Cirocco a quel modo. La voce andò un poco avanti senza mutare stile. Poi Robin sentì il pugno contrarsi, e la vocina emettere un grido stridulo.

— Ti denuncerò a quei finocchi della protezione animali, sacco di merda. Ti fotterò dentro quelle tue orecchiacce pelose, ti attaccherò la sifilide, t'impesterò di schifi che ancora non gli hanno nemmeno dato un nome, ti…

Nuova stretta, seguita da un urlo ancora più acuto.

— Ti ordino di parlare — disse Cirocco. Robin rimase in silenzio. Sapeva, in qualche modo, che quell'ordine non era diretto a lei.

— Gea piscerà cherosene e cacherà napalm quando saprà…

— Parla!

— Conosco i miei diritti, voglio un maledetto AVVOCAAATO! Voglio…

— Parla!

— Aaaaaaah! Aaah! Sì, sì, sì, parlerò, parlerò!

— La mano di Gea è su questo bambino? Ti ordino di rispondere.

— Non posso, non posso, non posso sapere… sapere… credo forse…

— Parla!

— No, no, no! Gea l'ha toccata tanto tempo fa, Gea sa che lei è qui, Gea ha programmato la famiglia del bambino, ma non ha toccato loro. La mano di Gea non è su questo bambino.

E, d'improvviso, neppure la mano di Cirocco fu più su di lei. Si ritrovò lì seduta, ammiccante, con la sensazione che la sua testa fosse stata liberata da un peso terribile.

— Adesso puoi alzarti, Robin. Adagio, con calma. Va tutto bene.

Robin si alzò. Si sentiva rianimata. Trasse un respiro profondo, batté le palpebre più volte, si volse. Cirocco stava riponendo in uno zaino un recipiente di vetro. Impugnava un oggetto familiare: una vecchia Colt .45 automatica. Gliela porse. Robin se la rigirò in mano. La sicura era tolta. La rimise, poi rialzò la testa.

— È la mia pistola.

— Te l'ho presa io prima che Cirocco ti svegliasse — spiegò Chris.

— Che roba era? — chiese Robin accennando allo zaino.

— Il mio demone. — Gli occhi di Cirocco s'appuntarono penetranti in quelli di Robin. — Sei capace di serbare un segreto?

Robin indugiò a restituirle lo sguardo, e infine annuì.

— Se questo è ciò che vuoi.

Cirocco approvò con un cenno del capo, e si rilassò leggermente.

— Posso dirti soltanto che era una cosa che andava fatta. In passato usavo un altro sistema. Ma non era così affidabile, oltre a essere molto più complicato. — Per un attimo l'ombra di una terribile sofferenza scese a velare i suoi occhi. Distolse lo sguardo, poi tornò a Robin. — Domandalo a Conal, una volta o l'altra. Magari aspetta che sia un po' brillo.

— Pensavi che fossi una spia di Gea?

— Dovevo partire dal presupposto che tu potessi esserlo. Saresti stata in grado di garantirmi il contrario?

Robin fu sul punto di prorompere in un indignato ma certo che sarei stata… però non ne fece nulla. Le tornarono in mente certe minuscole cronocapsule, certe immacolate concezioni… Gea l'ha toccata tanto tempo fa. Gea ha programmato la famiglia del bambino.

— Può fare tutto quello che vuole, vero?

— Le piacerebbe che tu la pensassi così. Comunque è vero, quasi tutto. E ancora non hai idea di quanta malvagità c'è in lei.

— Mi avresti uccisa?

— Sì.

Robin pensò che avrebbe dovuto sentirsi in collera, ma così non era. Provava, anzi, un singolare empito di sollievo. Se Gea le avesse nascosto in corpo qualche sua insidia ripugnante, avrebbe preferito esser morta.

— Ma allora anche Nova… — esclamò all'improvviso.

— Vedo che finalmente incominci pure tu a diventare sospettosa al punto giusto — commentò Cirocco. — Ma ce n'hai messo di tempo per raggiungermi! Nova l'ho esaminata diverse ore fa. E, col caratterino che si ritrova, ho pensato fosse prudente rimuovere da lei il ricordo dell'esperienza. Le ho ordinato di dimenticare, e così sarà.

— E Adam?

— Innocente come un bambino — le disse sorridendo Chris. Lei ricambiò il sorriso, rammentando d'un tratto con quanta tenerezza l'avesse amato, tanti anni prima. Era persino disposta a perdonargli tutto quel pelo, almeno per il momento. Poi, per la prima volta, si guardò attorno, e aggrottò la fronte.

— Che razza di posto è, questo qui? — domandò.

— La fontana della giovinezza — rispose Cirocco.

C'erano state un tempo dodici fontane, su Gea. Quella di Oceano era andata distrutta durante la Ribellione. Quella di Tea giaceva a grande profondità sotto i ghiacci, e quelle di Teti e Mnemosine erano sepolte nella sabbia. Quanto alle altre otto, sette di esse si erano bruscamente inaridite un certo giorno di vent'anni prima, un giorno che aveva anche assistito alla morte della prima incarnazione di Gea e a una pioggia di cattedrali dall'alto dei Cieli.

Ma Gea non aveva alcun potere su Dione, perché il cervello centrale di Dione era morto. Non poteva influenzare quel territorio né in bene né in male. Poteva inviarvi le sue truppe e rendere Bellinzona un vero e proprio inferno, ma le strutture funzionali sotterranee più profonde sfuggivano al suo controllo.

Ciò nonostante, Dione se la cavava sorprendentemente bene. Cirocco pensava che potessero averci messo lo zampino i folletti. Fatto sta che le piante continuavano a crescere, le acque a scorrere, l'aria a circolare.

E la fontana a produrre la sua manna.

Era la fontana il motivo principale che aveva indotto Chris a edificare Tuxedo Junction proprio in quel luogo. Egli ne aveva bisogno non meno di Cirocco, e sembrava una buona idea mantenersi nelle vicinanze per poterla tenere d'occhio.

— Come posso essere certa che non mi farà male? — chiese Robin.

— Nessuno ti obbliga — replicò Cirocco.

— Lo so, me l'hai detto, però… come fai, tu, a essere sicura? Forse è un tranello. Forse la mano di Gea è su di te.

— In tal caso sei spacciata — osservò Cirocco. — Prima hai dichiarato di aver fiducia in me. Quindi o ti fidi, o non ti fidi.

— Mi fido. Sul piano istintivo.

— E infatti è l'unico approccio corretto. In questo caso la logica non serve a nulla. Non esiste un sistema razionale per dimostrare che Gea non mi tiene sotto controllo.

— Mi rendo conto. Scusami. È che sono nervosa.

— Calmati. E spogliati.

Cirocco si girò dall'altra parte, intuendo che il fatto di doversi spogliare innervosiva Robin non meno di ogni altro aspetto di quella situazione. Pensò se non fosse il caso di mandar via Chris, facendolo tornare più tardi per il suo trattamento. Ma poi, voltandosi proprio mentre Robin stava finendo di togliersi i pantaloni, comprese che la presenza di Chris non c'entrava nulla. Si augurò che nulla le trasparisse sul volto, ma sentì in fondo alla gola un fiotto di calore, un senso soffocante di subitanea compassione.

Robin aveva davvero un aspetto pietoso, immobile lì nella sua nudità. Sarebbe apparsa miseranda comunque, ma per chi l'aveva conosciuta all'epoca del suo massimo splendore, era una visione da spezzare il cuore.

Tutti i tatuaggi risultavano terribilmente sbiaditi. Cirocco aveva già potuto osservare l'Occhio e il Pentacolo che le ornavano la testa, e parte del serpente che aveva sul braccio. Tanto vivacemente policromi avevano spiccato sulla Robin diciannovenne, quanto adesso s'appiattivano opachi, con solo qualche traccia di rosso smorto o verde spento su uno sfondo essenzialmente grigio ardesia. Il quarto tatuaggio, il serpente attorcigliato alla gamba, versava nelle medesime condizioni degli altri. Ma sul quinto pareva che qualcuno avesse infierito con furia selvaggia.