Lasciò dunque che il suo istinto prendesse il sopravvento. Senza fermarsi a ragionare, chiuse gli occhi e si sbilanciò in avanti, girando su se stessa mentre cadeva. Avvertì per un istante il contatto con la pelle dell'altro corpo, una curiosa ma tutt'altro che spiacevole impressione di pienezza in qualche modo paragonabile a certe sensazioni della gravidanza, poi si trovò a rotolare sulla sabbia. Riaprì gli occhi, si mise seduta. Era sola.
Le orme impresse al suolo apparivano immutate. Due serie di tracce che si allontanavano, una che tornava.
Si spostò carponi fino alla sabbia più compatta e umida che preludeva all'acqua. Scelse una delle impronte piccole — bene arcuata, cinque dita chiaramente individuabili come singole cavità — e percorse leggermente con la punta delle dita l'interno degli avvallamenti. Passò all'impronta successiva, abbassandosi poi fin quasi a toccarla col naso. Percepì abbastanza distintamente l'aroma di Gaby. Le orme grandi, quelle che lei stessa aveva impresso, non le restituirono invece, come di consueto, alcuna impressione olfattiva. Cirocco, sebbene dotata di un senso dell'odorato disumanamente acuto, non riusciva peraltro a distinguere la propria pista dal suo stesso onnipresente effluvio.
Avrebbe voluto indugiare a riflettere, ma d'improvviso fiutò qualcos'altro, ancora molto distante eppure inconfondibile. Raccattò di slancio lo zaino e spiccò la corsa, alla massima velocità, in direzione di Tuxedo Junction.
OTTO
Robin ciarlò ininterrottamente per quasi un riv.
Chris se l'era aspettato, e non ci fece caso. La piccola strega, sull'onda del ringiovanimento, sprizzava energia da tutti i pori. Era in parte una questione di natura chimica, la spinta di misteriose sostanze che impetuosamente le si agitavano nel sangue, penetrando in ogni cellula per operarvi le loro trasformazioni. E in parte una questione psicologica, del tutto comprensibile. Robin appariva ringiovanita di cinque anni, e si sentiva bene come non mai negli ultimi dieci. Il risultato era una via di mezzo fra l'aver fatto uso di anfetamine e l'esser preda di una psicosi maniaco-depressiva. I picchi positivi, quasi insostenibili nella loro intensità, proiettavano ad altezze himalaiane; quelli negativi, misericordiosamente brevi, inghiottivano lacerando. Chris se lo ricordava bene.
Per lui, ormai, non era più un'esperienza così esaltante. Dopo ogni visita alla fontana continuava a sentirsi bene come in passato, ma si trattava di una condizione del tutto passeggera, che andava a mutarsi in sofferenza nell'arco di pochi riv. La sentiva nascere lungo la colonna vertebrale e sulle tempie, ma non se ne dava pensiero. Erano semplici dolori legati al suo processo di trasformazione.
Incapace di restarsene seduta, percorrendo avanti e indietro la stanza pentagonale che Chris aveva costruito e internamente tappezzato di pannelli in rame recanti rievocazioni di lei, Robin sciorinò con instancabile vivacità gran parte della storia della propria vita. Chris rimase semplicemente seduto al tavolo che occupava il centro dell'ambiente, annuendo al momento opportuno, fornendo risposte non impegnative quando gli pareva che la buona creanza lo richiedesse, e continuando a rimirare la solitaria candela che gli stava dinnanzi.
Infine Robin ritrovò la calma. Si appollaiò sull'alto sgabello dall'altra parte rispetto a Chris e appoggiò i gomiti sul tavolo, fissando la candela con occhi più luminosi della fiamma. Pian piano il suo respiro si acquietò, ed ella spostò lo sguardo dalla candela al volto di lui.
Era come se lo notasse per la prima volta. Dopo diversi tentativi andati a vuoto, le riuscì finalmente di spiccicar parola.
— Mi dispiace — disse.
— Non è il caso. Ti assicuro ch'è una gioia assistere a tanta esuberanza. E siccome hai la tendenza a essere piuttosto riservata, in questo modo mi sono risparmiato un sacco di domande.
— Grande Madre, quanto ho chiacchierato! Proprio non riuscivo a fermarmi, sai, dovevo assolutamente raccontarti…
— Lo so, lo so.
— Chris, ma questo è un fatto… miracoloso! — Si guardò il braccio, contemplando il tatuaggio sfavillante di colori. Si sfregò la pelle per la centesima volta, incredula, mentre sul volto le balenava un ultimo barlume del timore che quel prodigio potesse venir via.
Chris allungò una mano ad afferrare la pingue candela e la rigirò tra le dita inclinandola sulla base, osservando con aria imbronciata la cera sgocciolare lungo i fianchi.
— Sì, è meraviglioso — assentì. — È uno dei pochi luoghi sui quali Gea non ha potere. Vedendolo, ti rendi conto che questo dev'essere stato davvero un posto favoloso per viverci, tanto tempo fa.
Robin alzò la testa con decisione e lo fissò. Chris non fu capace di reggere quello sguardo.
— Allora — disse Robin. — Mi hai chiesto di venir qui per discutere di qualcosa. Hai parlato di una proposta. Vuoi dirmi di che si tratta?
Accigliato, lui seguitò a far finta d'interessarsi alla candela. Sapeva che Robin apprezzava la franchezza e si sarebbe spazientita, se avesse avvertito che lui continuava a menare il can per l'aia. Ma non riusciva a trovare il modo d'incominciare.
— Che progetti hai, Robin?
— In che senso?
— Dove hai pensato di stabilirti? Cosa pensi di fare?
Robin prese un'aria stupita, poi diede attorno un'altra rapida occhiata al bizzarro ambiente che lui aveva creato.
— Temo proprio di non averci ancora riflettuto. Quell'uomo, Conal, ha detto che non avresti avuto nulla in contrario se fossimo rimasti qui per un poco, e allora…
— Puoi esserne certa, Robin. Questo luogo appartiene a tutti i miei amici. Sarei felice se tu volessi farne la tua casa. Per sempre.
Lei lo guardò con gratitudine, ma anche con un pizzico di diffidenza.
— Ti ringrazio, Chris. Sarà bello trascorrere qui un po' di tempo, in attesa di prendere qualche decisione.
Lui sospirò, fissandola dritto negli occhi di là dal tavolo. — Adesso ti farò una richiesta precisa. Spero che vorrai considerarla attentamente, prima di rispondermi. E spero che sarai sincera.
— Benissimo. Ti ascolto.
— Voglio Adam.
Il viso di lei si raggelò. Per un tempo interminabile Robin rimase inerte come una statua di sale.
— Cosa provi in questo momento? — le chiese Chris.
— Rabbia — rispose lei con voce inespressiva.
— No, subito prima. Un attimo prima d'indossare la tua corazza.
— Gioia — disse, e si alzò.
Sì avvicinò al bassorilievo in rame che la raffigurava sulla parete di fondo, percorrendolo lentamente con la mano. Poi si volse a fronteggiare Chris.
— Pensi che sia una cattiva madre?
— Siamo rimasti separati per vent'anni. Non lo so. Ma vedo Nova, e mi rendo conto che nei suoi confronti tu sei una buona madre.
— E per Adam? Credi che anche per lui io sia una buona madre?
— Credo che ti sforzi di esserlo, e ho l'impressione che ciò provochi in te un conflitto.
Lei tornò al tavolo, trasse a sé lo sgabello e ci si arrampicò. Giunse le mani appoggiandosele davanti, e guardò Chris.
— Sei una persona intelligente, Chris, ma non è detto che tu sia un genio. Ti ho già raccontato che per poco non lo uccisi, appena nato. Forse stenterai a capire una cosa del genere, ma… se davvero lo avessi soppresso, non mi sarei sentita un'assassina. Perché sarebbe stata quella, la cosa giusta da fare. Lasciarlo in vita mi ha rovinato politicamente, socialmente… quasi in tutti i modi possibili. Però vorrei che tu ti convincessi che nessuno di quei fatti ha avuto alcun peso nella mia decisione.