— Non ho difficoltà a crederlo. Le opinioni altrui non sono mai state molto importanti, per te.
Lei gli fece un gran sorriso, e per un attimo parve tornata ai suoi diciannove anni.
— Ti ringrazio. Ma vedi, per un po' le opinioni degli altri furono molto importanti. Penso che non mi avresti riconosciuta. Quando però lui lasciò il mio corpo uscendo alla luce, mi feci un bell'esame di coscienza. E da allora non ho più smesso.
— Lo ami?
— No. Provo per lui un grande affetto. E sarei pronta a morire per difenderlo. I miei sentimenti nei suoi confronti… no, dire che sono ambivalenti non rende affatto l'idea. Forse lo amo davvero. — Sospirò. — Però Adam non fa nascere in me nessun conflitto. Ho fatto pace con lui e con il nostro comune destino, e sarò una buona madre.
— Non ne ho mai dubitato.
Lei lo fissò aggrottando la fronte, e fece un ampio gesto con la mano.
— Allora non capisco.
— Robin, io non ho mai avuto intenzione di salvarlo da te, e mai ho neppure immaginato che potesse averne bisogno. — Per un istante il suo volto s'incupì. — Comunque debbo ammettere che Nova mi dà qualche pensiero.
— Anche lei è giunta vicina a ucciderlo.
— La cosa non mi sorprende. È molto simile a com'eri tu quando avevi la sua età.
— Io ero peggiore. La differenza tra me e lei consiste nel fatto che io sarei riuscita sul serio a ucciderlo, e lei invece no. E il motivo per cui non ci sarebbe riuscita, è che in effetti non ne aveva l'intenzione. Infatti scelse un momento in cui non potevo fare a meno di sorprenderla, e simulò quel gesto disperato più che altro allo scopo di verificare se avrei davvero cercato di fermarla.
— Credi che adesso Adam non debba temere nulla da lei?
— Nel modo più assoluto. Ha dato la sua parola. Ricordi quale importanza aveva per me un giuramento? Bene, e allora tieni presente che in confronto a Nova io avrei potuto essere tranquillamente considerata una vanerella senza spina dorsale. — Prese la candela dal centro del tavolo e la spostò da una parte. — E adesso potresti dirmi qual è il vero motivo per cui mi hai chiesto Adam?
— Perché sono suo padre. — Trasse un respiro profondo. — Bisognerà che tu mi spieghi diverse cose. Innanzitutto com'è congegnata una famiglia nella Congrega. Non so come funzioni la faccenda, visto che siete tutte donne. Che fate, vi sposate fra di voi? E i bambini hanno uno o due genitori?
Robin si prese qualche istante per rifletterci, e infine fece una smorfia.
— Ne parlai un poco a Gaby, tanto tempo fa, e lei mi spiegò qualcosa delle usanze eterosessuali. Ricordo che arrivai alla conclusione che non si tratta poi di due stili di vita tanto differenti. Circa il trenta o il quaranta per cento di noi formano un legame di coppia e lo portano avanti. Anche le altre, quasi tutte, cercano d'impostare un rapporto duraturo, ma l'unione va in pezzi entro pochi anni. Più o meno un dieci per cento tengono rigorosamente scissa la vita sessuale da quella familiare, hanno amori occasionali o periodici e sono contente così.
— Genitori separati — osservò Chris. — Nel posto dove sono cresciuto io, la quota dei divorzi si aggirava sul settantacinque per cento. Ma ora sto parlando della mia educazione, della mia percezione di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato. E io sento che un padre ha delle responsabilità, nei confronti dei propri figli.
— Come la mettiamo con Nova? Anche lei è figlia tua.
— Temevo appunto che tu me lo chiedessi. Non è più una bambina, d'accordo, ma rimane ancora parte di me, e cercherò di agire anche nel suo interesse.
Robin scoppiò a ridere.
— Però non dovresti dirlo così a denti stretti, perché in questo modo m'induci un poco a dubitare delle tue intenzioni…
— Non sarà una passeggiata, te lo concedo.
— Dai, non ti preoccupare. Nova è un sacco di cose, ma facile da amare, questo proprio no. Comunque, lasciando un momento da parte la questione, ed evitando di addentrarci in quella tua idea di fare ciò ch'è giusto per Nova, di qualunque cosa possa trattarsi… insomma, ancora non m'hai detto veramente perché vuoi Adam. Soltanto perché sei suo padre?
Chris allargò le mani sul tavolo e rimase lì a fissarle… grandi, irruvidite dal lavoro, e in quel frangente del tutto inutili.
— Non so se riuscirò a spiegarmi. — Si accorse d'essere assai prossimo alle lacrime. — Mi sento disorientato… pieno di dubbi… — Accennò con una mano alle proprie orecchie, mezzo nascoste tra la profusione di capelli. Erano lunghe e appuntite. — Sto cambiando. L'ho chiesto io, e lo volevo davvero… almeno credo. Ormai è un po' tardi per tornare indietro. Io e Valiha… oh, accidenti, non è un discorso da affrontare adesso, come faccio a parlartene ora…
Si nascose il viso fra le mani, e pianse. Pareva non esserci modo di farle capire.
Abbandonato al pianto, perse la nozione del tempo. Quando rialzò la testa constatò che lei era ancora al suo posto e lo fissava incuriosita. Gli rivolse un sorriso lieve, inteso probabilmente a rassicurarlo. Chris si asciugò gli occhi.
— Ho l'impressione che qualcuno m'abbia giocato un brutto tiro. Eppure ho aiutato Serpentone a venire al mondo, per me è come un figlio, e lo amo teneramente. Amo tutti i titanidi. E un giorno sarò uno di loro.
— Quando?
— Non lo so. Rientra fra le mie incertezze. È un processo misterioso. Interminabile. E inoltre sta cominciando a diventare doloroso. Immagino che farei ancora in tempo a fermarmi, e rimarrei bloccato per sempre in questa condizione intermedia fra l'umano e il titanide. Vedi, Robin… i titanidi non sono umani. Sono migliori e peggiori, simili eppure diversi, ma comunque non sono umani. Il novantanove per cento di me vuol'essere titanide, e così… così non potrò più soffrire come ho sofferto per tanto tempo. E poi capirò Valiha, e forse riuscirò anche a spiegarle il perché di certi miei comportamenti. Però rimane sempre quel fastidioso uno per cento, spaventato a morte dalla prospettiva di smarrire definitivamente la propria umanità.
— Allora sei tu, quello ch'è lacerato da un intimo conflitto…
— Una definizione calzante, tutto sommato.
— Quindi Adam incarnerebbe il tuo ultimo legame con la natura umana.
— Sì. E io sono comunque suo padre, a prescindere da quanto tortuoso possa essere stato il procedimento che ha creato questa parentela.
Robin si alzò, accostandosi nuovamente alla parete. Chris prese la candela e la raggiunse. Tenne alta la piccola fiamma, mentre Robin sfiorava i bassorilievi in rame.
— Mi piace — disse.
— Grazie.
— All'inizio non credevo, ma dev'essere una cosa che convince piano piano. — Seguì delicatamente i contorni della propria immagine, movendo un dito lungo la convessità del ventre gravido. Si rivolse a Chris.
— Perché mi hai raffigurato incinta?
— Non lo so. Non è stata una scelta cosciente.
— E poi hai tralasciato… — Si poggiò le mani sull'addome, nel punto in cui sino a poco prima aveva recato un orrendo tatuaggio, un mostruoso, provocatorio, disperato graffito che una fanciullina orgogliosa aveva voluto scarabocchiare sul proprio corpo. La prodigiosa fonte l'aveva portato via. Ed era come se non fosse mai esistito.
— D'accordo, prendilo — gli disse.
Per un istante Chris non riuscì a credere di averla intesa bene.
— Ti ringrazio.
— Dalla tua faccia non si direbbe che ti aspettassi di convincermi…
— E infatti non me l'aspettavo. Cosa ti ha fatto cambiare idea?
Un pensiero divertito guizzò a deporle un ricciolo d'irrisione in canto di labbra.
— Quante cose hai scordato, di me… Questa decisione l'avevo già presa circa mezzo secondo dopo avere udito la tua richiesta. Ma poi ti ho lasciato esporre le tue motivazioni, perché volevo essere certa di non essermi semplicemente lasciata attrarre dalla soluzione più facile.