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Era assurdo che lo zombi fosse morto.

Morto? Diavolo, lo credo bene, pensò Chris. Naturale che fosse morto, era stato morto fin dall'inizio, ma in passato questa circostanza non li aveva mai ostacolati, anzi.

Gli sarebbe piaciuto prendere a calci quella cosa immonda fino a spiaccicarne i resti sulle pareti, ma non ne aveva il tempo. E neanche aveva tempo di stare a immaginare che cosa l'avesse uccisa. A dire il vero, non avrebbe neppure avuto tempo di dare un'occhiata a Nova, ma lo fece ugualmente.

Conal aveva un'aria stordita. Gli usciva sangue da una ferita al cuoio capelluto, e un'enfiagione grossa come un uovo gli tumefaceva un lato della testa.

— Dov'è Adam? Conal, mi senti?

— …sotto… — mormorò. — Piano di sotto… Corri, Chris… zombi…

Fuori della stanza, nel corridoio, c'era un altro zombi morto, o comunque immobile sul pavimento. La direzione di provenienza pareva esser quella della camera di Cirocco. Chris corse giù per le scale, girò uno spigolo, entrò di volata nella sala della musica… e finì dritto fra le braccia di un altro zombi.

Stavolta dovette combattere. Questo qui non era ridotto nelle condizioni di quello che era penetrato in camera di Nova: a occhio e croce, doveva esser morto da non più di una o due settimane. Chris sollevò lo zombi e lo scaraventò via da sé, sperando di guadagnar tempo. L'unico modo efficace di affrontare quelle cose consisteva nel far uso di armi da taglio. Tornava utile altresì poter sfoggiare il ritmo costante di un boscaiolo nel pieno delle sue funzioni, nonché possedere lo stomaco forte di Conan il Barbaro. Prenderli a pugni o farci la lotta rappresentava invece un buon sistema per farsi ammazzare. Nel corpo a corpo erano capaci di andare avanti praticamente all'infinito, e anche a smembrarli continuavano a combattere. Ma arrivando a mozzare in sufficiente quantità i rettili necròfili che conferivano agli zombi un'oscena parvenza di vita, alla fine si riusciva a neutralizzarli.

Erano creature incredibilmente forti. E se riuscivano ad afferrare la vittima, i necròfili ne straziavano il corpo a morsi.

Mentre lo zombi andava a sbattere contro il muro, Chris era già in cerca di un'ascia o di un coltello. Ma non sembravano essercene, nei paraggi. Chris afferrò una sedia, con l'intenzione di usarla per rintuzzare gli assalti dello zombi mentre lui si faceva strada fino alla cucina, ma poi si accorse di una cosa. La creatura non si rialzava.

Lo zombi — femmina, da vivo, come dimostrato dalle rigonfie mammelle putrescenti che gli pendevano sul petto — era rovinosamente crollato a terra, distruggendo un vecchio trombone d'argento di ottima fattura.

Neppure in questa occasione Chris indugiò a meravigliarsi o a domandarsi il motivo di tanta fortuna. Non aveva avuto la minima intenzione di venire alle mani con quello zombi, se lo era semplicemente trovato di mezzo. Abbandonò in fretta la sala della musica, andò in cucina e acchiappò la sua mannaia più grossa, poi riattraversò di corsa tutta la casa giusto in tempo per vedere Robin in equilibrio sopra un davanzale, ginocchia piegate e braccia tese avanti.

Le gridò un avvertimento, ma lei si era già tuffata.

Robin riuscì quasi a precedere Chris sulla soglia della Stanza di Rame, poi rischiò di scontrarsi violentemente con lui, dal che sarebbe uscita malconcia, in quanto a quel punto Chris aveva già accumulato abbastanza slancio da non aver neanche più bisogno di una porta; avrebbe potuto semplicemente sfondare la parete. Frenò il proprio impeto quanto bastava a lasciarlo passare, poi sortì anche lei, e, correndo al limite delle sue forze, rimirò sbalordita lo spettacolo di Chris Mayor lanciato a tutta velocità. Non riuscì a seguirlo per molto. Pareva che volasse.

Grande Madre, quell'albero era davvero immenso!

Le sembrò d'impiegarci un'eternità, ma giunse finalmente a spalancare con violenza la porta sul retro e percorse a precipizio una stanza dopo l'altra chiamando Chris, Nova, Conal… tutti quanti. Non indugiò un solo istante. A un certo punto, con la coda dell'occhio, colse una fuggevole visione di un qualcosa di orrendo che traversava con andatura dondolante una stanza vuota, ma non esitò. Nulla avrebbe potuto arrestare la sua corsa finché non avesse trovato Nova… e la causa di quell'urlo. Conosceva bene sua figlia, sapeva che non era stato un topo a strapparle un grido come quello.

Eppure qualcosa riuscì a fermarla. Gettò uno sguardo dentro una stanza con un mucchio di cuscini e di giocattoli sparsi per il pavimento, udì il pianto di Adam, e intravide una creatura in forma umana — c'era un nonsoché di tremendamente sbagliato, in essa, ma non le riuscì di definir che cosa, in quella breve occhiata — che si gettava dalla finestra stringendo il bimbo tra le mani.

Frenare rapidamente il proprio abbrivio in un ambiente a un quarto di g è questione che richiede una certa pratica. Robin non ne aveva ancora a sufficienza, e dovette urtare violentemente contro una parete, riproiettarsi all'indietro con uno scatto di braccia e roteare all'interno della stanza afferrandosi con una mano allo stipite della porta. Poi corse alla finestra, si affacciò, e vide la creatura allontanarsi nuotando con un solo braccio. L'altro le serviva per sostenere Adam fuori dell'acqua.

Robin si liberò degli stivali con un calcio, salì sul davanzale, e saltò giù.

In seguito avrebbe negato d'essersi dimenticata che non sapeva nuotare. Le era già capitato una volta di trovarsi completamente immersa in un fiume, e in quell'occasione s'era attivato in lei un qualche meccanismo che l'aveva messa in grado di raggiungere la riva. Confidava che sarebbe accaduto di nuovo, ma non andò così.

Colpì l'acqua con un tonfo sbalorditivo, poi lottò strenuamente per aprirsi un varco verso la luce.

Riemerse con il capo alla superficie, trasse un respiro profondo, e cercò di nuotare. Ma più ci s'impegnava, e peggio andava. La testa continuava a tornarle sotto, e il meglio che le riusciva di fare era cercar di tenere il naso fuori dell'acqua… un'aspirazione che peraltro andava ampiamente frustrando col mulinare scomposto delle sue inesperte bracciate. La corrente la stava trasportando nella medesima direzione in cui si trovava l'oggetto dei suoi sforzi natatori, ma ciò non serviva a nulla, in quanto il rapitore, lui sì, oltre a sfruttare il flusso delle acque, nuotava anche, e le poche brevi occhiate che poté gettargli glielo mostrarono ogni volta più lontano. I flutti in rapido movimento incominciavano adesso a formare vorticosi mulinelli, e qua e là si scorgevano rocce affioranti, ma l'acqua continuava a essere profonda, e gelida, e ben presto lei comprese che in quel fiume sarebbe annegata. La sua testa riemergeva sempre meno spesso, e per periodi sempre più brevi, e il più delle volte, boccheggiando in cerca d'aria, otteneva solo d'inghiottire grandi sorsate d'acqua.

Poi un braccio la afferrò intorno al collo, e qualcuno sollevò il suo corpo costringendolo sul dorso. Si divincolò per qualche istante, ma il braccio strinse più forte sin quasi a soffocarla. Tossì risputando un po' d'acqua, e si lasciò andare. Fendendo energicamente i flutti, Chris prese a trascinarla in direzione della riva.

Portò Robin sino a una roccia che spuntava nel mezzo del fiume, dove lei poté aggrapparsi rimanendo col busto fuori dell'acqua e senza esser troppo sospinta dalla corrente.

— Tienti forte! — le disse.

— Prendilo, Chris! — gli gridò lei con voce rauca.

Un attimo dopo se n'era già andato.

Robin si tirò un poco più su e gettò uno sguardo oltre la cima della roccia. Il rapitore aveva su Chris un vantaggio di forse una trentina di metri, e la distanza fra loro stava diminuendo. Più avanti, però, il corso del fiume si faceva estremamente turbolento.

L'avvolse una sorta di gelido torpore. Si sentiva esausta, aveva sfiorato la morte, e tutto quel che adesso poteva fare era starsene aggrappata a quella roccia a guardare gli eventi svolgersi dinanzi ai suoi occhi. Non pareva che la riguardassero granché. Era in grado di chiedersi se il rapitore ce l'avrebbe fatta a superare le rapide conservando vivo Adam, ma incapace di associare a se stessa la sopravvivenza o la morte del bambino. Un urlo continuava a gorgogliarle in gola, ma non trovava alcun bersaglio su cui sfogarsi.