Выбрать главу

Udì i titanidi attraversare il ponte suscitando un rumore come di valanga. Si volse, e vide Serpentone additare Chris, vide Rocky scavalcare d'un balzo il parapetto e fluttuare qualche istante in aria, zampe anteriori protese in basso, prima di colpire l'acqua con un rimescolìo spettacolare che scagliò fontane di spruzzi a quindici metri d'altezza. La sua testa riemerse subito e lui si diede a nuotare vigorosamente, mentre Serpentone e Valiha attraversavano l'ingresso principale di Tuxedo Junction senza neanche prendersi il disturbo di aprire la porta.

Un fracasso di arbusti spezzati annunziò l'irrefrenabile avanzata di qualcosa attraverso la boscaglia, e Robin si girò in tempo per vedere Cirocco precipitarsi lungo la sponda del fiume. Passò oltre la roccia di Robin, superò Chris, raggiunse un punto adatto al decollo e spiccò il balzo. Il suo corpo seguì una traiettoria quasi rettilinea, giungendo ad almeno dodici metri dalla riva prima di toccare l'acqua.

E non affondò. Cirocco aveva inarcato la schiena, teneva le braccia puntate rigidamente all'indietro in foggia di ali a freccia come fosse un jet, il mento proteso in alto al momento dell'impatto, e rimbalzò due volte a mo' di pietra piatta, poi planò per un altro prezioso metro e mezzo prima che l'acqua la catturasse. Era giunta a neanche dieci metri dall'obiettivo, e avanzava con bracciate impetuose.

Robin si ritrovò accovacciata, dondolante in precario equilibrio sulle ginocchia, coi pugni serrati e i denti stretti, a fare il tifo per Cirocco. Udì vagamente il rumore prodotto dal tuffo di Valiha e Serpentone da qualche parte dietro di lei, ma con gli occhi non abbandonò un istante la donna che nei suoi pensieri sarebbe per sempre rimasta la Maga. Appariva probabile che Cirocco avrebbe ridotto quel bastardo a pezzettini, non appena l'avesse acchiappato, e non c'era spettacolo al mondo che Robin desiderasse di più.

Alle sue spalle si levarono alte grida. Una grande ombra trascorse su di lei a velocità mozzafiato, poi non vide altro che la magra sagoma di un angelo in prospettiva posteriore, ali di sei metri a tutta apertura, con le punte che sfioravano l'acqua.

L'angelo ripiegò le ali di poche frazioni di millimetro, parve indugiare nel suo slancio precipitoso… Quindi ghermì Adam con l'elegante disinvoltura di un'aquila che agguanta una trota. Riguadagnò rapidamente quota, trasformando la velocità di traslazione in moto ascensionale. A circa sessanta metri di altezza riprese a battere le sue grandi ali, e in breve tempo svanì a oriente.

UNDICI

Sulla strada per Tuxedo Junction, Luther ebbe una Visione. Seppe che le cose non sarebbero andate lisce, per lui, e pensò che Gea intendesse utilizzare quella consapevolezza per spronarlo. E infatti, allorché raggiunse la cima dell'alta collina sovrastante il lago, l'albero e la casalbero, era appena in tempo per assistere al finale.

La Visione era ancora con lui. Essa non si affidava al suo unico globo oculare superstite; alberi, pareti e distanze non le erano d'alcun impedimento. Luther poté quindi vedere le truppe di Kali invadere la casa, e il bimbo rimaner solo a giocare nella stanza. Osservò il selvaggio semititanide correre su e giù per le scale, vide Cirocco Jones irrompere di corsa sulla scena, conobbe il momento in cui i due umani e i tre titanidi s'immersero nel fiume.

Quando il Demone si tuffò in acqua, per un istante osò sperare. Sebbene odiasse Jones profondamente, sapeva bene che nessun membro della banda di Kali poteva starle alla pari… né, quanto a questo, alcuno dei suoi stessi discepoli. Nulla avrebbe recato più gioia a Luther del vedere il Demone fare a pezzi la putrida progenie di Kali. Allora il bambino avrebbe potuto essere suo…

Non poté far altro che rimanere a guardare, incredulo, mentre l'angelo piombava a capofitto sulla preda.

— Angeli! - strillò. — Angeli? Uìo Dio, uìo Dio, ferché ui hai avvandonato?

I suoi discepoli gli si agitavano nervosamente accanto, impazienti di proseguire. Non disponendo di menti proprie, essi rimanevano in qualche modo in sintonia con le emozioni di lui. Percepivano la sua furiosa frustrazione, il suo odio verso il Demone e Kali… e l'immediato, asperrimo timore per il peccato mortale che aveva appena profferito.

Luther portava alla cintura una particolare Croce di bronzo, coi bordi tutti affilati come rasoi. La tirò fuori e incominciò a squarciarsi le gambe, sentendo il sacro simbolo penetrare in profondità, esaltandosi nella mortificazione della carne.

Udì sopra di sé un suono gloglottante.

Alzò la testa, e vide Kali scendere dalla sua postazione appollaiata fra i rami di un albero. Un binocolo le sbatteva acciottolando contro il petto inverosimile. Il suo schiavetto personale, un ragazzino nudo di circa otto anni, le trotterellava dietro agile come una scimmia, col suo collare d'oro attaccato al metro e venti di catena pure d'oro che lo vincolava a Kali.

Kali era tutta oro e corruzione. La catena dello schiavetto era foggiata in metallo a quattordici carati, ma le decine di anelli che le contornavano le dita delle mani e dei piedi erano in oro puro, tenero, sottile. A sostegno delle sue gigantesche mammelle color ocra, ella indossava un originale reggipetto di ottone munito di contrafforti come una cattedrale gotica. Le sue gambe e le sue quattro braccia apparivan recinte d'un centinaio di nastri e anelli riccamente decorati, tutti quanti troppo angusti in proporzione all'arto cui strettamente s'avvolgevano, ragion per cui le carni debordavano rigonfie loro attorno. In vita s'inguainava di un busto d'oro del diametro di venticinque centimetri, dopo di che il suo corpo traboccava in steatopigia abbondanza. L'espressione "sagoma a clessidra" avrebbe anche potuto essere stata coniata per lei sola.

Sfoggiava unghie di bronzo lunghe quindici centimetri.

Il suo volto… be'. non era del tutto esatto parlare del volto di Kali, dal momento che lei disponeva di tre teste. Però quella di destra e quella di sinistra erano semplicemente imbullettate in loco. Ciascuna di esse portava un cappio da strangolatore stretto al collo. Quando una delle teste diveniva completamente putrefatta, Kali provvedeva a sostituirla attingendo alle vaste riserve di Gea. Al momento in cui ella scese giù dall'albero dirigendosi verso Luther — con una grottesca andatura vistosamente ancheggiante che le dava l'estro di una puttana in una camera mortuaria — uno dei due capi posticci risultava ormai fin troppo maturo, mentre l'altro era un acquisto recente. Quello vecchio era appartenuto a una femmina bianca. Ora come ora appariva decisamente marcio, color porpora, rossi globi oculari prominenti e nera lingua sporgente, e penzolava all'indietro trattenuto da un brandello di carne. L'altra testa, che aveva coronato il corpo di un uomo negro, non era mutata granché di colore per via dello strangolamento, e attualmente ciondolava come ubriaca tutta in avanti, oscillando ossequiosa all'incedere di Kali.

La testa di centro era stata — nel medesimo senso in cui Luther era stato un tempo il Reverendo Arthur Lundquist — una sacerdotessa che nella sua precedente esistenza aveva portato il nome di Maya Chandraphrabha. Di Maya, solamente quella testa rimaneva. Il suo era stato, in vita, un corpo immaturo, sgraziato e sterile. Colei che adesso portava l'appellativo di Kali non accusava mai fuggevoli rimpianti, non pativa mai neppure i passeggeri tormenti che talvolta assalivano colui che ora si chiamava Luther. Ella esultava della propria virulenta fecondità. Il suo grembo era prolifico come una medusa; ogni chiloriv ella partoriva una nuova urlante mostruosità a maggior gloria di Gea.