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I titanidi si schierarono lungo il bordo della banchina. I guardiani li occhieggiarono nervosamente, e così pure il caposchiavista.

— Sono in vendita? — gli domandò Valiha.

L'uomo accolse la richiesta con evidente sorpresa. Non s'era mai sentito dire che i titanidi acquistassero schiavi. Ma una giudiziosa prassi commerciale imponeva di tenersene accuratamente alla larga e non recar mai loro oltraggio… o quanto meno di trattarli da pericolosi animali quali erano.

L'uomo discese quindi dalla portantina e accennò un rapido inchino. Si espresse in un inglese non eccelso, ma sufficiente.

— Tutti in vendita, certo. Desiderate acquisto?

— Per l'appunto — rispose Valiha. Gli passò un braccio intorno al collo, e strinse. Tanto, tanto tempo prima, pensò Valiha, una creatura umana era stata madre di costui. Ed egli era stato il suo caro bambinetto. Provò un istante di rammarico nell'udire le vertebre che si spezzavano con un colpo secco. Chissà che cos'era accaduto, a quel fanciullo?

Fu la sola orazione funebre che ottenne da lei.

Quando Valiha rialzò gli occhi, i dieci guardiani erano morti. S'era tutto svolto talmente in fretta che molta gente, sul viale affollato, incominciava appena a rendersi conto dell'accaduto. Un attimo prima c'era stata una carovana di schiavi, e adesso c'erano solo schiavi e titanidi che disponevano dei corpi ordinatamente in fila. Alcuni dei presenti fuggirono via. Altri, notando che i titanidi non manifestavano più intenti aggressivi, rimasero a osservare cautamente, poi se ne andarono per i fatti loro. Nessuno gridò. Nessuno pianse.

I titanidi spogliarono i cadaveri e ammucchiarono sulla strada armi e indumenti, quindi affrancarono gli schiavi dalle loro catene. Ci volle un po' a convincerli che erano davvero liberi. Valiha e il suo gruppo tennero lontani gli sciacalli quanto bastava a consentire agli ex schiavi di raccattare la parte migliore del bottino. Cembalo si offrì di scortare le donne intenzionate a rifugiarsi nel Quartiere delle Libere Femmine.

— Gran parte di costoro saran di nuovo schiavi avanti dieci riv — cantò Cornamusa.

— Ben lo so — cantò di rimando Valiha. — Comunque non venni qui per ripulire il mondo intero. Questa piccola parte appena, e per un attimo soltanto. — Frugò nella sua borsa estraendone la radio.

— Rocky, mi ricevi? — disse in lingua inglese. Il canto titanide subiva soventi alterazioni, se affidato a quei rozzi congegni umani.

— Ti ascolto, Valiha.

— Quattro titanidi son diretti alla tua volta. Costruiranno recinti per queste creature. Ce ne siamo procurate undici. Il Capitano ti ha impartito istruzioni circa la loro sistemazione?

— Sì. Fin quando non avrem certezza se l'elisir di Nova rimanga efficace all'interno della casa, esse andran tenute a qualche distanza. Ho scelto un luogo adeguato.

— Saremo con te fra breve.

Non ebbero problemi a sortire dalla città.

Valiha fece una sosta al cimitero e raccolse una certa quantità di terriccio in una sacca di cuoio. Probabilmente non sarebbe stato necessario — la maggior parte delle salme non cremate finivano per divenire zombi — però era certo che il suolo di Bellinzona fosse saturo di spore di necròfidi.

Impiegarono davvero poco tempo per giungere a Tuxedo Junction. Una volta là sistemarono i cadaveri a terra, schiena contro schiena e petto contro petto, cospargendoli di terriccio. Quando gli zombi incominciarono ad agitarsi debolmente furono confinati nelle loro gabbie nuove di zecca.

Valiha si sentì soddisfatta, allorché il lavoro fu portato a termine. Osservò le mostruose creature strascicarsi insensatamente avanti e indietro, urtare contro le pareti, senza meta.

Sarebbe stato molto interessante vedere che cosa riusciva a ucciderle.

DICIASSETTE

— Non mi piace — disse Conal per la terza volta.

— Ma io l'aeroplano non lo so guidare — obiettò Nova. Agganciò il cavo di sicurezza all'imbracatura del paracadute, e lo guardò.

— Non mi piace lo stesso — brontolò Conal. — Non so se ti rendi conto del pericolo che correrà Adam.

— Probabilmente me lo merito — commentò Nova, tenendo saldamente sotto controllo la sua collera. — Ma ho accettato le tue regole. Vado là fuori a salvare la mia sorellina.

Lui la fissò a lungo, poi annuì.

— Attenta a dove metti i piedi — l'avvertì ancora una volta. — E per l'amordiddìo, cerca di non farti colpire.

— Starò attenta, ma non per l'amor di Dio. — Nova aprì il portello, lo fissò in modo che non si richiudesse, e uscì sull'ala. Furtivamente, rimanendo girata in modo che lui non se ne accorgesse, slacciò il cavo e lo agganciò a un'asola della camicetta. Se lo zombi avesse lasciato cadere il suo fra… la sua sorellina, Nova era decisa a buttarsi per riprenderl…la.

Grande Madre, ascolta tua figlia e concedile fortuna.

Guardò in basso, e notò con soddisfazione di provare solo un senso di cautela, e non di paura. Non era preoccupata di cadere, ma di cadere al momento sbagliato.

Si tenne salda mentre Conal portava pian piano l'aereo più vicino alla preda. Accostò lentamente finché Nova non giunse quasi a toccarla. La ragazza impugnò il coltello con ferma decisione.

Lo zombi volse il teschio verso di lei, inclinò un'ala, e si tuffò puntando dritto verso terra.

Nova sentì Conal che urlava nella radio. Si avvicinò al portello, infilò la testa dentro e si mise a gridare anche lei.

— Inseguilo, accidenti a te! Stagli dietro! Portami abbastanza vicino che possa strappargli le penne a quel cristodiddìo!

Conal fece quello che gli veniva chiesto, ma non con la rapidità che avrebbe desiderato Nova. Anche così, lei fu costretta ad aggrapparsi con entrambe le mani. Inerzia, si disse. Ci si sente leggeri, però la massa del proprio corpo è sempre quella.

Conal discese in picchiata riducendo la spinta al minimo, ma l'aereo guadagnò ugualmente velocità. Giunsero di nuovo vicinissimi alle spalle dello zombi…

…che deviò con un guizzo sprezzante delle consunte penne caudali. Conal gli sfrecciò accanto, cabrò, piegò a sinistra…

…e Nova si ritrovò aggrappata soltanto con le unghie, poiché i piedi le erano scivolati sulla superficie dell'ala trasparente.

Con abile manovra, Conal impartì alle ali un leggero ondeggiamento che lasciò momentaneamente Nova senza peso, ed ella avanzò carponi sino a ritrovarsi coi piedi ben piantati, sentì il peso ritornare, e alzò la testa appena in tempo per vedere che stavano andando addosso all'angelo.

Stavolta, quando Conal ebbe concluso le sue frenetiche evoluzioni, Nova spenzolava aggrappata con una mano sola. Conal portò l'aereo in assetto orizzontale e ridusse di nuovo la spinta, e Nova poté riarrampicarsi sull'ala ansimando affannosamente.

— Così non va bene — disse Conal. — Per un pelo non l'ho investito.

— Me ne sono accorta — disse lei, rientrando nella carlinga.

Conal aveva in mano l'estremità libera del cavo di sicurezza, e sul viso un'aria tempestosa. Era sul punto di dire qualcosa, quando attraverso la radio giunse la voce di Cirocco.

— Sta ancora perdendo quota, Conal. Perché non ti rimetti in rotta e ti unisci a noi?

Conal compì una virata, individuò l'aereo di Cirocco alle spalle dell'angelo, che adesso scendeva più lentamente, e picchiò per raggiungerli.

Lo zombi continuò a discendere per molto tempo. Quando finalmente si stabilizzò, si trovava a un'altitudine di circa un chilometro.

— Be' — disse Cirocco in tono dubbioso — comunque bisognava provare. Se non avessimo fatto questo tentativo, non avremmo più smesso di rimproverarcelo.