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Non erano molte le creature della sua specie. Gea ne ospitava solamente dieci. E tutte stavano parimenti appese ai cavi, simili a giganteschi cirripedi.

L'essere aveva condotto sin'allora un'esistenza di torpido tedio, ma egli era paziente. Non aveva ancora avuto occasione di provare le sue ali, ma il giorno sarebbe venuto. Egli lo attendeva con ansia.

Il Luftmörder non poteva dirsi una creatura particolarmente intelligente, ma sarebbe stato un errore definirlo stupido. Era votato a perseguire un unico scopo, e a tempo debito l'avrebbe saputo fare con tenace scaltrezza. Se n'era rimasto tranquillamente appeso per tre miriariv, nutrendosi del cherosene stillante dal cavo.

Avrebbe potuto restarsene lì appiccicato per altrettanto tempo, e ancor di più, ma non riteneva che sarebbe stato necessario. Percepiva la crescente agitazione di Gea. Presto sarebbero giunti ordini.

Abbarbicandosi a turno al suo corpo, in perenne disputa in mezzo alle file di freddi capezzoli che s'allineavano sulla parte inferiore delle ali, s'avvicendavano innumerevoli creature dette crotali e cavedani. Erano alquanto stupide; una necessaria seccatura. I cavedani erano più grandi, i crotali più veloci, almeno in teoria.

Non essendo riutilizzabili, ciascuna di loro avrebbe avuto una sola possibilità di raggiungere il bersaglio. Erano creature organiche modellate attorno ad uno scheletro di combustibile solido, e provviste di un cervello sovrapposto a un nucleo d'esplosivo. Vedevano nella banda dell'infrarosso, e amavano gli oggetti luminosi proprio come le falene sono attratte dal chiarore della fiamma.

Il Luftmörder non era una bomba volante, sebbene con tali dispositivi potesse dirsi imparentato. I nove aeromorfi che aderivano al cavo nelle sue vicinanze, invece, erano piuttosto simili a bombe volanti, allo stesso modo in cui un levriero o un dobermann possono dirsi somiglianti ad un chihuahua.

Il Luftmörder era l'indiscusso caposquadriglia. Egli osservò attentamente, col suo apparato visivo all'infrarosso, mentre a gran distanza sotto di lui i due aerei si trastullavano in vane evoluzioni. Li vide procedere assieme per un po', vide il più grande innescare una combustione molto più rapida e deviare verso nord. Le bombe volanti volevano partire, ma egli consigliò pazienza. Quando l'aereo più grande fu giunto ben lontano, quando esso fu atterrato entro quella sorgente di cherosene di cui i suoi istinti geani gl'indicavano indubitabilmente la presenza, solo allora distaccò, uno alla volta, cinque dei suoi subalterni, e li osservò cadere verso le sabbie rilucenti.

DICIOTTO

— Un giorno o l'altro dovresti dargli un'occhiata da vicino — disse Conal, quando si accorse che Nova guardava fuori in direzione del cavo centromeridionale di Mnemosine. — Non credo proprio che tu abbia mai visto nulla del genere.

— Sembra così piccolo, da qui — commentò Nova. — Un semplice pezzo di filo.

— Quel filo ha uno spessore di quasi cinque chilometri. È formata di centinaia di trèfoli. Ci sono animali e piante che vivono su di essi e non scendono mai a terra.

— Mia madre mi ha detto che una volta Cirocco Jones s'è arrampicata fino in cima a uno di quegli affari. — Allungando il collo arrivò a scorgere il punto in cui il cavo si congiungeva alla volta arcuata di Mnemosine. — Non capisco davvero come abbia fatto.

— Era insieme a Gaby. E non su per uno di questi qui, che salgono a perpendicolo. Cirocco ne scalò uno inclinato, tipo quelli laggiù davanti a noi. Li vedi come s'incurvano verso l'alto ed entrano nel raggio di Oceano? L'interno del raggio non è assolutamente visibile, di qui. Cirocco mi ha detto che sono i cavi a tenere insieme Gea.

— Perché questa regione è così desolata, senza traccia di vita?

— Per via del verme della sabbia. È così grosso che potrebbe usare il monte Everest come stuzzicadenti.

— Credi… — Si dovette interrompere per fare uno sbadiglio enorme. — …Credi che lo vedremo?

— Di', perché non ti fai un sonnellino?

— Ma non ho mica sonno.

— No, dico sul serio. Faresti bene a dormire. Se dovesse succedere qualcosa d'importante ti chiamerò, altrimenti fra un paio di riv potrai darmi il cambio.

— Quant'è lungo un riv?

— Più o meno quanto un'ora.

— Va bene. Dormirò. Grazie. — Si girò leggermente sul sedile.

— Come va la mano? Vuoi che ti riavvolga la fasciatura?

— No no, è a posto… l'ho rifatta io mentre stavo aggrappata all'ala. — Gli rivolse un assonnato, amichevole sorriso, poi sembrò ripensarci e tornò seria. Conal trattenne anche lui un sorriso. Nova stava davvero migliorando, se doveva ricordarsi di fare la scontrosa. Magari fra qualche giorno se ne sarebbe dimenticata del tutto… Forse la felicità non era poi così lontana.

Lei chiuse gli occhi, e dieci secondi dopo era già immersa nel sonno. Conal la invidiò. A lui di solito occorreva almeno un minuto.

Sentendosi un po' in colpa, la osservò mentre dormiva. Il suo viso era disteso, e la ragazza sembrava ancor più giovane dei suoi diciott'anni.

Aveva ancora lineamenti fanciulleschi, con guance paffute e il labbro inferiore sporgente. Conal ritrovava i tratti di sua madre in quel nasino all'insù e nella mandibola ampia. Ora, a occhi chiusi, quell'inquietante somiglianza con Chris era difficile da notare.

Distolse risolutamente lo sguardo quando si accorse che scendeva a vagare sulle curve generose del petto, sulle rotondità dei fianchi, sulle lunghe gambe. Davvero un volto di bimba su un corpo di donna.

— Attenzione — disse il computer. — Rilevata presenza di aeromobili ostili…

Conal lo fece tacere e lanciò un'occhiata a Nova. Le sue palpebre palpitarono, poi, con un ansito non troppo femmineo, lei si raggomitolò ancor più profondamente fra le accoglienti braccia del sedile imbottito.

Anche stavolta soltanto una seccatura. Quel maledetto computer non dimenticava mai nulla. Innumerevoli informazioni circa la guerra aerea di Cirocco contro le bombe volanti erano state a suo tempo inserite nei suoi banchi di memoria, ed egli cercava adesso di avvertire Conal dell'esistenza di una base nemica che era deserta ormai da diciotto anni. Le bombe avevano l'abitudine di radunarsi presso i cavi centrali. Potevano rimanervi appese per anni, a punta in giù, aspettando l'occasione propizia per attaccare. Erano obbligate a stazionare in quella posizione, in quanto non potevano accendere il motore senza aver prima accumulato una certa quantità di energia cinetica. Si era trattato di una primitiva forma di autoreattori, nulla da spartire con il raffinatissimo propulsore che ronzava sommessamente in coda alla Libellula.

Conal era contento che fossero tutte morte.

Eppure, non sarebbe stato buffo se…

Portò lo sguardo sul cavo centrale, e vide un minuscolo puntolino cadere verso il deserto. Batté le palpebre, si stropicciò gli occhi, la macchiolina era scomparsa. Continuò un poco a osservare il cavo, poi scosse la testa. Era facile dimenticare quanto fosse gigantesco. Cosa si aspettava di vedere, bombe volanti aggrappate sul fianco?

D'altronde, che diavolo poteva essere stato quel puntolino?

Si diede a trafficare con il radar, ma non ottenne alcun rilevamento. Gettò un'occhiata all'angelo che trasportava Adam. Tutto regolare.

Obbedendo a un impulso improvviso, diede potenza al motore e salì velocemente a sei chilometri.

E il radar si svegliò.

— Allarme — disse il computer. — Quattro… mi correggo, cinque aeromobili non identificati in avvicinamento. Mi correggo, tre aeromo… mi correggo, quattro…

Conal escluse l'audio, che serviva solo a distrarlo. Il monitor poteva dirgli molto di più.

Ma non fu così. Vide sullo schermo due chiare eco che si muovevano rapide in direzione del suo aereo. Poi divennero tre, quindi d'un tratto ne spuntò fuori un'altra. CONTROMISURE RADAR IN AZIONE, comunicò l'elaboratore servendosi del monitor.