Un simile accorgimento portava a concludere che si trattasse di Libellule, o di Cirocco che tornava con la Mantide. Conal ipotizzò che lei stesse guidando tre aerei servendosi del pilota automatico, ma per farne che cosa, e perché non lo aveva avvertito prima?
Le bombe volanti, d'altronde, non erano certo in grado d'ingannare il radar.
— Altolà, Conal — mormorò. L'unica cosa certa era che lui una bomba volante non l'aveva mai vista. E tanto meno combattuta. E illudersi che su Gea le cose rimanessero sempre uguali, era il modo più rapido per farsi ammazzare.
— Svegliati — disse a Nova scuotendole una spalla. Lei fu sul chi vive in men che non si dica.
— Cirocco, ho sul mio schermo alcuni segnali non identificati. Almeno quattro, probabilmente cinque. Non reagiscono alla procedura di attivazione risposta. Mi si stanno avvicinando a circa… cinquecento chilometri orari, e adottano contromisure radar. Sono salito a sei chilometri, nell'evenienza che… che intraprendano atti ostili. Credo… — Esitò, e col dorso della mano si deterse il sudore che gl'imperlava la fronte. — Accidenti, Cirocco, cosa devo fare?
Rimasero entrambi in ascolto, ma attraverso la radio rispose soltanto il fruscio della statica. Nova stava scrutando minuziosamente l'arco di cielo sovrastante, ma Conal dubitava che sarebbe riuscita a vedere qualcosa. Poi, brava ragazza, si volse in fretta e cominciò a tirar fuori dai bagagli il resto delle tute antiproiettile.
— Cirocco, mi ricevi? — Ancora silenzio. Probabilmente era fuori dell'aereo, occupata a raccogliere e controllare l'armamento. Forse però lo sentiva, e in quel momento stava correndo a rispondere.
— Cirocco, innanzitutto li attirerò lontano da Adam, poi cercherò di abbatterli. Lascio aperto il canale. — Nova gli porgeva il casco e i gambali. S'infilò il casco, ma con un gesto rifiutò gli altri componenti. — Lascia perdere, non c'è tempo. Stringi le cinture e tienti forte. — Nel momento preciso in cui lei ebbe terminato di allacciarsi saldamente la cintura sul grembo, Conal tirò a sé la cloche e diede potenza. Il piccolo aereo balzò avanti e virò verso l'alto con la fulmineità di un missile.
Nova continuava a perlustrare lo spazio innanzi a loro, volgendo lo sguardo da una parte all'altra della direzione di volo.
— Quelli apparsi sul radar erano più in basso di noi — disse Conal. — Andavano rasente al terreno. Quindi adesso dovremmo averceli dietro, e non credo…
— Eccolo là! — esclamò Nova, indicando avanti a sinistra.
Puntava direttamente addosso a loro, piombando come un falco, a ogni istante più grande.
Conal virò a destra, tirò la cloche, e schizzarono via di traiettoria. La bomba volante, sibilando e rombando, li mancò di pochi metri. Conal colse la fuggevole visione di una bocca da squalo ingurgitante aria, di pinne che s'inarcavano alte e digradavano poi inclinandosi all'indietro. Furono sballottati dal getto d'aria calda che fuoriusciva dall'ugello della bomba, quindi Conal invertì la rotta e inclinò un'ala per migliorare la visuale.
— Perché non gli hai tirato? — chiese Nova.
— Perché… perché m'ero scordato che siamo armati — confessò Conal. — Le vedi ora, laggiù?
— Sì. La prima sta tornando indietro, e le altre quattro…
— Le ho vedute. — Le altre quattro stavano salendo in formazione serrata. Alla mente di Conal si riaffacciò il ricordo di una fredda giornata d'inverno. Lui era un bambino di dieci anni, e stava assistendo a un'esibizione degli Snowbirds, la pattuglia acrobatica canadese. Avevano volato ala contro ala, compiendo evoluzioni di squadra quasi fossero un solo aereo. E a un certo punto s'erano lanciati uniti verso l'alto, proprio come adesso stavano facendo le bombe, e al culmine della traiettoria…
…le bombe volanti si disseminarono a corolla virando in quattro differenti direzioni, e tracciando nel cielo neri pennacchi di gas combusti.
Ora Conal le aveva tutte inquadrate sul radar. Le immagini erano chiare. Il computer, inizialmente tratto in inganno, stava imparando a interpretare correttamente i segnali di ritorno. Conal pensò che era davvero una gran bella cosa poter disporre di un radar, dal momento che quelle maledette riuscivano a sfrecciar fuori del campo visivo con sbalorditiva rapidità.
Tuttavia si sentiva piuttosto disorientato. Lui e Nova osservarono le tracce radar serpeggiare in tortuose evoluzioni, apparentemente non riconducibili a uno schema sensato. Si rendeva conto che avrebbe dovuto preparare una qualche manovra, cosa che le bombe stavano probabilmente facendo, ma ignorava tutto della guerra aerea.
Si asciugò sui pantaloni le mani madide di sudore, e incominciò a raccogliere le idee.
Cosa sapeva delle bombe volanti?
— Erano grosse, goffe, relativamente lente, e non equipaggiate per affrontare combattimenti aria-aria. — La memoria gli riportava quasi le precise parole di Cirocco. Non è che gli avesse parlato poi molto, di quelle creature. — La loro tattica fondamentale era lo speronamento. Dovevo starci molto attenta, poiché per loro vivere o morire sembra che non facesse nessuna differenza. Una volta mi lasciai cogliere alla sprovvista, e fui maledettamente fortunata a uscirne tutta intera.
Sì, d'accordo, tutto molto interessante, e senza dubbio quella che li aveva quasi urtati era grossa, forse tre volte più lunga della piccola Libellula. Ma… goffa? Lenta?… Ridiede un'occhiata alle tortuose traiettorie che le bombe stavano ricamando là fuori. Pensò che il suo aereo era più veloce, e certo più manovrabile, ma non gli sembrava che quei mostri fossero poi tanto impacciati…
— Ne abbiamo una dietro, in avvicinamento — avvertì Nova.
— La vedo. — Vagliò rapidamente alcune possibilità, cercando di valutarne l'efficacia. Ma l'unica tattica precisa che gli veniva in mente era quella di certi duelli aerei che aveva visto al cinema. Nei film, per piombarti addosso di sorpresa il nemico volava controsole… ma su Gea una manovra del genere non avrebbe funzionato granché. E poi ti si metteva in coda, e ti abbatteva facilmente. Ma siccome le bombe volanti non disponevano di armamento, anche da quel punto di vista non c'era nulla da temere.
Conal incominciò a sentirsi meglio. Rallentò leggermente, lasciò che la bomba si avvicinasse, poi s'impegnò in una rapida serie di virate e picchiate, senza mai perdere di vista le altre quattro. L'inseguitrice ripeté le sue manovre, ma con minor velocità e precisione. Conal provava una crescente sensazione di sicurezza. Benissimo, veniamo al dunque…
Passò dal pensiero all'azione, tirando a sé con decisione la cloche e inerpicandosi in un'ascesa mozzafiato, con cinque g che lo schiacciavano contro il sedile. Si immise senza rallentare in una traiettoria circolare che lo portò a discendere e poi di nuovo a risalire, e la bomba lo imitò tallonandolo distanziata lungo un ampio cerchio, ma Conal eseguì una repentina virata da otto g verso destra, si reimmerse in picchiata, compì un'ulteriore deviazione strappabudella… ed eccola finalmente quasi sotto di lui, la bestiaccia, sicché Conal ridusse la spinta e le ali della Libellula si dispiegarono vibranti a mordere l'aria, tentando di stabilizzare il velivolo, ma Conal ne mantenne saldamente il muso puntato in basso.
La bomba riempì il mirino, ed egli si trovò a urlare mentre i cannoncini alari sincopavano la loro canzoncina. Continuò a gridare intanto che seguiva i frenetici serpeggiamenti della preda. Poi da essa scaturì un getto di fiamma colore arancio, e Conal fu costretto a cabrare e ad aumentare la spinta per evitare di andarlesi a infilare dentro l'ugello di scarico. Sfrecciò attraverso una cortina di fumo nero, e guardando in basso vide la bomba volante, mùtila di un'ala, precipitare a spirale verso il suolo distante dieci chilometri.