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L'aereo seguitò semplicemente a torneare.

Gea trasse un profondo respiro e urlò a squarciagola.

— Gli insegnerò ad amarmi, Cirocco!

Ancora nessuna reazione. Gli astanti incominciavano a domandarsi se Gea non avesse per caso commesso un errore. Gea aveva parlato loro per anni, di Cirocco Jones. Non era possibile che costei fosse dopotutto così insignificante.

Gea prese ad aggirarsi per Pandemonio acchiappando e scagliando in aria qualunque cosa le capitasse sottomano. Una roccia, un elefante, un tostamais, Brigham e cinque dei suoi Ladruncoli. L'aereo schivò il tutto agevolmente.

Poi fece oscillare le sue ali, ne inclinò una, e si tuffò. Tornò a stabilizzarsi a un centinaio di metri di quota, e adesso da quel bizzarro aggeggio veniva giù un bel ruggito a piena gola. Difficile credere che potesse combinare alcunché, eppure, a quel gregge di gente che per anni s'era ciucciata almeno quattro film di guerra alla settimana, la scena suggerì un nonsoché di paurosamente familiare. C'era in essa un po' dell'atmosfera tipica di quegli affondi degli F-86 ne I ponti di Toko-Ri, o forse richiamava più l'immagine di un caccianipponico Zero in periclitoso avvicinamento a quel chiattolone dell'Arizona in Tora! Tora! Tora! Evocabili, peraltro, un centinaio a piacimento d'altre pellicole d'aerobelligeranza in cui gli aerei s'approssimano rapidi e impetuosi e incominciano a sparare, solo che in quei film l'azione la si segue essenzialmente dall'aria, dove tutta la baracca prorompe sgargiante in faccia allo spettatore in formidabile fioritura policroma, e non da terra, dove in pochi brevissimi secondi succedono cose da non credere.

L'intera teoria di templi saltò in aria pressoché simultaneamente. Sull'onda di un lampo supersonico gli astuti missilini s'intrufolarono dentro direttamente dall'ingresso principale e buuum!, nient'altro che un uragano di frammenti e una fungoide colonna fiammeggiante. L'aereo si diede pure a smitragliare, ma invece di limitarsi a far ca-ciàu ca-ciàu ca-ciàu in ordinatamente reiterato zampillìo di piccole fontane di terra, quei maledetti nòccioli serpeggiavano e roteavano mettendosi in caccia della preda, e una volta raggiunto il bersaglio esplodevano con la violenza di bombe a mano.

Poi Cirocco invertì la rotta in piena velocità come fosse un giro di boa, strapazzando aereo e passeggeri con una dozzina di g, e sfrecciando talmente bassa che se laggiù ci fosse stato un campo, non solo sarebbe riuscita a impolverarsi l'ala, ma avrebbe potuto usarne la punta a mo' di aratro. Eccola dunque di ritorno, più veloce che mai, mitragliando, lanciando altri missili, ma pigliando la rincorsa da più lontano, dimodoché avessero tutti quanti il tempo di vedere lo sturm und drang che piombava loro addosso. Poi cabrò quasi in verticale, prendendo rapidamente quota, e sganciò tre bombe panciute, una, due, tre, che continuarono a salire mentre lei scartava allontanandosene, schizzarono in su fino a divenire quasi invisibili, si librarono un istante, e incominciarono a precipitare. Non era possibile che lei avesse avuto modo di orientarne la traiettoria. Un evento sovrannaturale, commentarono i presenti, un virtuosismo semplicemente inattuabile, eppure le bombe andarono a centrare dritte dritte le tettoie dei teatri di posa numero uno, due e tre, in quest'ordine preciso. Uno, due, tre, e non furono che un ricordo.

Umani e umanoidi erano rimasti comprensibilmente terrorizzati da tutto questo fuoco d'artificio, ma i fotofauni giubilavano al settimo cielo. Che riprese! Scoppiarono tafferugli presso i supporti per cineprese degli elicotteri, i quali presero il volo con cinque o sei panaflexi che aggrappati al carrello si contorcevano in cerca delle migliori inquadrature. Molti di loro realizzarono magnifiche riprese di missili dal punto di vista del bersaglio, scene mai girate in precedenza. Fu davvero un peccato che neanche un metro di quella pellicola si salvasse per conoscere l'onore della proiezione.

A quel punto Pandemonio era talmente soffocato dal fumo che risultava difficile prevedere da dove lei sarebbe sbucata fuori la volta successiva. La sconquassata compagnia prestò orecchio al rombo furioso dei motori della Mantìde, lo udì farsi più possente e vicino. E Jones gli fu di nuovo addosso. Un getto di fuoco liquido sgorgò dal ventre dell'aereo.

Lo videro attorcersi in aria… e, miracolosamente, cadere a un centinaio di metri dal luogo del massacro, in un semicerchio con al centro Pandemonio. I sopravvissuti avrebbero in seguito convenuto circa l'impossibilità di un errore. Troppo diabolicamente precisa s'era dimostrata Jones in ogni fase dell'attacco. Aveva dunque solo voluto far vedere che ce l'aveva, quella roba infernale, per dare agli astanti motivo di riflessione in vista di un eventuale prossimo incontro. E parecchi di loro avrebbero in effetti trascorso molto tempo, da allora in poi, pensando al napalm.

Nel bel mezzo di quel putiferio, salda come un bastione di granito, troneggiava Gea. Aggettarono torve le sue sopracciglia mentre ella guardava la mortifera zanzara distruggere ogni cosa all'intorno. Al quarto passaggio incominciò a ridere. E fu, chissà come, più orrendo ancora del deflagrare delle bombe e del crepitare degli incendi.

Jones eseguì un quinto passaggio, e per un attimo, mentre gli Archivi saltavano in aria, Gea cessò di ridere. Ventimila contenitori metallici di pellicola si ridussero a rottami fumanti. Diecimila copie rarissime, in gran parte insostituibili. Con una sola bomba Jones aveva fatto piazza pulita di due secoli di storia del cinema.

— Niente paura! — gridò Gea. — Ho i duplicati di quasi tutti. — I superstiti, rannicchiati sotto le macerie e con le orecchie tese alla virata della Mantide che si apprestava a un altro passaggio, si resero conto solo vagamente che Gea li stava rassicurando. Pensava, la dea, che l'acuto strale di quella perdita trafiggesse, al pari del suo, anche l'animo di costoro, mentre invece ciascuno di loro avrebbe dato volentieri ogni centimetro di pellicola mai girato in cambio della possibilità di uscire da quell'incubo. E di nuovo Gea rise.

L'aereo si stava riavvicinando. Alcuni dei presenti avvertirono che quello sarebbe stato l'ultimo passaggio, e qualcuno giunse persino à essere così curioso da sollevare la testa per assistervi.

Jones rientrò in scena puntandole direttamente addosso. Lanciò missili a coppie, e ciascuna sfrecciò verso Gea… deviando di fianco all'ultimo istante, mancandola per pochi centimetri. Numerosi altri missili le passarono accanto sibilando, per andare a esplodere cento metri alle sue spalle. Incominciò a rassomigliare al numero di un circense lanciatore di coltelli, con tutti quei proiettili che le sfioravano le caviglie, le braccia, le orecchie, le ginocchia. L'aereo continuava ad avvicinarsi, e Gea continuava a ridere.

Un sentiero di fori di pallottola apparve a solcarle il torace. Gea rise ancora più forte. Pareva che Jones avesse dieci armi di grosso calibro, a bordo di quell'aereo, e che tutte fossero in azione, mentre la Mantide veniva inesorabilmente avanti. Gea vacillava, insanguinata, crivellata dalla testa ai piedi.

È tutti potevano constatare ch'era incolume.

L'aereo s'impennò, guadagnò quota, continuò a salire. Giunto sui tremila metri, quando non fu più che un puntolino, riprese a librarsi in cerchio.

— Eppure io non gli farò del male, Cirocco! — gridò Gea. Poi si diede un'occhiata, aggrottò la fronte, e volgendosi vide un capoelettricista aggrappato allo schienale del suo saranno butterato dai proiettili.

— Bisognerà mettere al lavoro la seconda unità — gli disse. — E convocare la mia squadra truccatori. C'è un sacco di lavoro da fare.