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Accostando un piede a toccare uno dei suoi, li confrontò. Tanto differenti, eppure la medesima struttura fondamentale. Lo stesso per le gambe. Poi la zona genitale, così completamente diversa. Lei con la sua sistemazione compatta ed ordinata, lui… con le sue vistose, esuberanti, morbide convessità esterne, sonnecchianti ora là soddisfatte e stremate e inumidite dall'intimo contatto col grembo dell'amante.

Non le era mai sembrato brutto, neppure in erezione. Pareva talmente vulnerabile… e lo era davvero, come aveva imparato tanto tempo prima in occasione di una sfortunata esperienza con Chris.

Provò a immaginare di piazzare la propria testa al posto di quella di Conal. Che impressione le avrebbe fatto guardarsi e vedere tutto quell'apparato? Per quanto si sforzasse, non andava oltre la paura che, secondo lei, Conal doveva continuamente provare. Si figurava di dover camminare tutta rannicchiata, perennemente in allarme nell'attesa di un'aggressione, miseramente indifesa. Quello era un tipo di nudità che lei non avrebbe mai sperimentato. E ringraziò la Grande Madre di aver avuto la fortuna di nascere donna.

— Lo sai che cosa m'è piaciuto? — gli chiese d'un tratto.

— Cosa?

— Il tuo pene così piccolo. Quando sono stata con Chris mi son trovata a disagio, perché lui ce l'ha tanto più grosso del tuo, ma la prima volta che…

Accortasi che Conal pareva in preda a un tremito convulso, Robin si girò a guardarlo. Aveva la faccia tutta contorta, sembrava che facesse fatica a respirare, poi anche lui la guardò, provò a dire qualcosa, e scoppiò a ridere.

Era una di quelle risate piuttosto difficili da controllare, e contagiosa, ma fino a un certo punto. Per un poco Robin rise insieme a lui, ma ben presto provò quella caratteristica sensazione d'incertezza che deriva dal fatto di non avere, in realtà, afferrato lo scherzo, e dal conseguente timore di poterne essere l'oggetto. Finalmente, in preda al singhiozzo, si calmò anche lui.

— Ho detto qualcosa di sbagliato? — gli domandò glaciale.

— Robin, non posso far altro che ringraziarti. Voleva essere un complimento, e lo accetto volentieri.

— Temo proprio di non aver capito, Conal.

Lui sospirò. — Be', non posso darti torto. Mi sa che ti dovrò spiegare… — Volse gli occhi al cielo. — Oh, Grande Madre, dammi tu la forza!

Quell'espressione così inattesa la fece ridere.

— O questa come t'è venuta in mente?

— Non lo so. Ma credo d'averla sentita a iosa da Nova tutte le volte che andava a battere il muso in qualche piccola novità d'usi e costumi. E ho avuto l'impressione che Costei fosse la sola a poter comprendere.

Robin attese paziente che lui si asciugasse gli occhi e trattenesse il respiro nel tentativo di sconfiggere il singhiozzo.

— È una cosa stupida, Robin, ti avverto. È una di quelle cose che o ci ridi o ci piangi. Mica tanti anni fa l'avrei presa come un insulto. Graziadìo sono un pochino cresciuto, da allora.

Dunque gliela spiegò, e aveva ragione, si trattava proprio di una cosa idiota. Robin non era di sicuro un'esperta in materia, ma comunque capì subito che quella bischerata poteva assumere un'estrema importanza per un uomo. Gli domandò se fosse un fatto collegato alla vulnerabilità maschile, e se un uomo traesse una qualche sensazione di sicurezza dal possedere un grosso pene. Ma Conal disse che la logica non c'entrava affatto. Poi fu lui a domandarle se nella Congrega esistesse qualcosa di corrispondente, ma a Robin non venne in mente nulla del genere. Allora le spiegò che sulla Terra le dimensioni del seno giocavano spesso un ruolo essenziale per l'amor proprio di una donna.

— Nella Congrega no — disse Robin. E aggiunse: — Ascolta, mi spiace davvero per quello…

— Ma va' là, te l'ho detto, l'avevo capito che era un complimento sincero. Solo, mi ha demoralizzato che… lo sai.

Sì, lo sapeva, e il fatto la rattristava.

— È un'altra dimostrazione del perché fra noi non potrebbe funzionare, Conal.

Lui si fece serio, la fissò, e a malincuore annuì.

— Credo che tu abbia ragione.

Lo abbracciò, egli la ricambiò, e fu bello sentirsi tenere così stretta stretta.

— Ti voglio ringraziare per… per la compagnia — gli disse.

— Piacere tutto mio, signora, mi duole dirlo.

Lei rise, ma sapeva che Conal era davvero turbato per non essere riuscito a portarla all'orgasmo.

— Voglio che tu sappia che mi piaci tantissimo, Conal.

— Anche tu mi piaci, Robin.

Conal si ridistese supino. Continuò a tirare boccate dal suo sigaro, e Robin osservò le azzurrognole volute di fumo levarsi verso il soffitto. Passò pigramente un piccolo piede nudo su e giù per una gamba di lui. Conal mosse a sua volta la gamba fino a toccare col suo il piede di lei, e con le dita ruzzarono ingenuamente un poco tutt'e due come ragazzi, ridendo piano, poi ristettero di nuovo silenziosi.

Conal gettò il sigaro dalla finestra, si alzò su un gomito, e si chinò a deporle un bacio su un capezzolo. Le fece un gran sorriso.

— Allora, pronta a un nuovo giro?

— Pensavo che ormai non me lo avresti chiesto più.

SEI

Nova aveva odiato a lungo il fatto di trovarsi su Gea. Ma abbastanza di recente si era verificata, nel suo atteggiamento, una svolta sostanziale, e adesso lei si divertiva più che a un Sabba Nero.

Tutto era incominciato col nuoto. Nuotare le dava un piacere voluttuoso che non aveva mai immaginato possibile. Era meglio di tutti gli altri sport messi insieme; davvero non c'era confronto.

Sarebbe stato spaventoso aver vissuto senza mai imparare a nuotare.

Poi c'era il volo. Aveva volato a vela, su alla Congrega, ma non era la stessa cosa. Misurarsi con la selvaggia potenza e l'infinita duttilità delle Libellule era un'esperienza deliziosa. Ci aveva preso gusto molto in fretta, sebbene dubitasse di poter mai diventare brava come Conal.

E infine, diletto altrettanto insostituibile, veniva il cavalcare i titanidi.

All'inizio parevano fiacchi e monotoni come ascensori. Standoci a cavalcioni ci si accorgeva a malapena del movimento, tanto la loro andatura era uniforme e senza scosse. E anche se trottavano abbastanza di buon passo, non si poteva certo parlare di velocità.

La cosa importante, aveva scoperto Nova, era trovare il titanide giusto.

E adesso infatti se ne stava avvinghiata all'ampio dorso di una certa Virginale (Quartetto Mixolidio) Mazurca, una femmina di due anni, e correva più veloce del vento. Era stato semplicissimo, in realtà. Siccome tutti i titanidi avevano più o meno le stesse dimensioni, Nova aveva erroneamente creduto che fossero tutti adulti. Era stata una grossa sorpresa scoprire che Virginale aveva solo due anni, e un piacere accorgersi che in lei allignava ancora una vena di sventataggine. Ora che Cirocco Jones, dopo il rapimento di Adam, stava quasi sempre via, Nova trascorreva ogni momento libero — quando non era in acqua o a lezione di volo — sulla schiena di Virginale. Andandosene in giro assieme, avevano visitato gran parte del territorio di Dione a sud del fiume Ofione.

Stavano procedendo lungo il bordo della foresta, nella fascia in cui gli alberi si diradavano e il terreno saliva dolcemente verso i torreggianti bastioni degli altipiani meridionali. Nova indossava i suoi indumenti da cavallerizza, che Conal aveva definito costume alla Robin Hood. Erano di morbida pelle verde e la rivestivano completamente, lasciandole scoperto solo il viso. Comprendevano tra l'altro un paio di stivali marrone e guanti dello stesso materiale, e un tricorno verde adorno d'una penna bianca.

Virginale scavalcò volteggiando un tronco caduto e per un attimo Nova si trovò senza peso, reggendosi saldamente in groppa con i talloni stretti sui fianchi della titanide e le mani afferrate alle braccia che quella protendeva all'indietro. Toccarono il suolo, e Nova balzò in piedi rimanendo agilmente eretta sul dorso sussultante, guardando di sopra la spalla di Virginale mentre scendevano giù per l'argine scosceso che portava ad uno dei quattro affluenti del fiume Briareo. Era un'esperienza esaltante: una caduta governata, con gli zoccoli della titanide che percuotevano la ripa solo a tratti evocando un fragoroso corteggio di piccole rocce, zolle di terra, ciottoli, rimbalzanti tutt'intorno a loro ma incapaci di tener dietro al tuffo a capofitto di Virginale. Freddo e aspro il vento della corsa sferzava i capelli di Nova.