— A me mi sa che invece scendevi due volte, vecchio scemo — lo contraddisse Cirocco. Lui ci si fece una bella risata.
— Oh, via, Rocky. Non è possibile, che dici? — Parve restare un attimo meditabondo, incominciò a contare sulle dita, ma s'infrenò quasi subito. Nova si sforzava di non ridere, temendo che si offendesse. Era proprio un tipo simpatico, anche se un po' stordito.
— Ora tu non te ne stare troppo a preoccupare, mia cara — le disse. — Trattalo col dovuto rispetto, comunque. A me non me ne importa di scaldarmi il mangiare, però non mi dispiace nemmeno di averlo focoso, non so se mi spiego.
Nova, purtroppo, non capì. Annusò, l'odore le piacque, e così infornò una bella cucchiaiata. Era a base di pomodoro e sedano, ed era gustoso e piccante e freddo. Ne mandò giù un'altra sorsata… e fu allora che accusò l'effetto della prima. Inghiottì, boccheggiò, mentre sentiva quell'intruglio spingerle ondate incandescenti per le cavità nasali e arderle furibondo dietro i bulbi oculari. Allungò precipitosamente una mano ad afferrare il bicchiere ricolmo d'idromele, e ingurgitò fino all'ultima goccia. Andava giù ch'era una meraviglia. Sapeva di miele.
Anche il gazpacho era buono, purché sorbito con cautela. Se ne stettero lì assieme seduti a mangiare, e fu un pasto eccellente, seppure un poco rumoroso. Tutti quei vegetali crudi crocchiavano gagliardamente sotto i denti, e loro tre parevano altrettanti conigli alla greppia. Nova sospettava che a seguitare con quella dieta dopo un poco avrebbe sentito la mancanza della carne, però bisognava riconoscere che Calvin ci sapeva fare davvero, con la sua cucina vegetariana nemica dei fornelli.
E poi quell'idromele era favoloso. Non solo spegneva gli ardori dei cibi più piccanti, ma le mandava per tutto il corpo un senso di calore, scioglieva la tensione delle membra e del cervello, e ammorbidiva piacevolmente ai suoi occhi i contorni delle cose…
— Nova, è ora di alzarsi.
— Che… — Balzò subito a sedere. Le faceva male la testa, e stentò alquanto nel mettere a fuoco Cirocco. — Che ore sono?
— Qualche ora dopo — le sorrise Cirocco. — Mia cara, ho l'impressione che tu ti sia sbronzata un pochettino.
— Davvero? — Stava quasi per confessare a Cirocco che era la prima volta, ma rifletté che avrebbe fatto la figura della poppante, e quindi sostituì l'ammissione con una risata. Un attimo dopo temette di dover dare di stomaco, poi il malessere passò.
— Be', e adesso che facciamo?
— È semplice — rispose Cirocco. — Prima aspettiamo che ti passi un po' la sbornia, poi torniamo a Tuxedo Junction. Sono pronta a partire.
SETTE
I titanidi avevano sgobbato otto riv a preparare il banchetto. C'era un intero sorrisone arrosto, e anguille e pesci cotti, gelatinizzati, rinfilati nelle loro pelli e ingegnosamente inglobati in blocchi di appetitosa gelatina trasparente. Il comparto frutta era degnamente rappresentato da una torreggiante struttura in foggia d'albero di Natale, traboccante di cento diverse specie di bacche, meloni, pomi e agrumi, rivestito con verdi foglie di zucchero filato e internamente illuminato da una miriade di fotosfere. C'erano dieci tipi di pàté, sette qualità di pane, tre zuppiere di minestra, malferme pagode di cotolette di sorrisone, artistici pasticcini dai gusci sottili come bolle di sapone… roba da capogiro. Cirocco non vedeva una simile profusione dall'ultimo Festival Rosso, vent'anni prima.
C'era abbastanza cibo per un centinaio di umani o venti titanidi. Con solo nove persone per far piazza pulita di tutto.
Cirocco spizzicò un po' qua e un po' là, e si sedette, masticando lentamente, ad osservare il resto della compagnia. Peccato, davvero, che non avesse un poco più di fame. Era tutto molto buono.
Sapeva di essere la più fortunata delle donne. Molto, molto tempo prima, quando ancora avrebbe potuto preoccuparsi del proprio peso, non aveva mai avuto bisogno di farlo. Poteva mangiare quanto le pareva senza aumentare di un solo grammo. Da quand'era divenuta Maga, la sua massa aveva oscillato da un minimo di quaranta chili — dopo un digiuno di sessanta giorni — a un massimo di settantacinque. Si trattava, in gran parte, di una questione di scelte deliberate. Il suo organismo non era legato all'osservanza di rigidi parametri metabolici.
Attualmente si trovava all'estremità superiore della gamma. Tre visite alla fontana della giovinezza in meno di un chiloriv costituivano un'assiduità senza precedenti. Le si era formato su tutto il corpo uno strato uniforme di grasso, e le sue mammelle, le natiche, le cosce, s'erano fatte voluttuose. Sorrise dentro di sé, tornando con la memoria alla quindicenne Cirocco Jones che alta e allampanata, piatta come un uscio, avrebbe ucciso, pur di sfoggiare seni come quelli. A trent'anni li aveva considerati un fastidio non grave e peraltro necessario. Sarebbero tornati utili, negli estenuanti giorni a venire. E, alla fine, nulla sarebbe rimasto di quel loro incontenibile rigoglio.
Nel frattempo, Conal si stava comportando in modo ancora più spavaldo del solito.
Sedeva alla sinistra di Cirocco, e si godeva la festa. Al suo fianco c'era Robin. Non la smettevano di porgersi reciprocamente bocconcini ora di questo ora di quel cibo. Dato che nessuno poteva abbuffarsi d'ogni cosa, appariva naturale suggerirsi a vicenda qualche particolare leccornia, ma Cirocco sospettava che fra quei due ci fosse ben altro. Di certo se ne sarebbero lo stesso stati lì a ridacchiare scioccamente come bambocci anche se, invece di quel bendidìo, avessero avuto da offrirsi stantìe razioni militari.
Dovrei sentirmi sbalordita, no?, si disse Cirocco.
Le venne da pensare che quella storia sarebbe andata a finir male, che probabilmente non sarebbe nemmeno dovuta incominciare… Ma poi si rimproverò. Quello era un atteggiamento da pusillanimi. A prendere la vita in quel modo, i rimpianti per tutte le cose non fatte e lasciate intentate avrebbero inanellato un interminabile rosario da snocciolare tristemente negli anni della vecchiaia. Rese quindi onore in silenzio al loro coraggio e gli augurò ogni bene.
Quei due scemarelli pensavano che nessuno si fosse accorto della loro relazione clandestina. In Iperione c'erano probabilmente dei titanidi che la ignoravano, ma non certo qui in Dione. Cirocco vedeva Valiha, Rocky e Serpentone — un trio di cui nessuno degli altri umani era ancora a conoscenza — osservarli con affettuosa comprensione. Cornamusa sapeva, ma come sempre non palesava in alcun modo la sua opinione. Virginale sapeva, ma nonostante la sua crescente amicizia con Nova non ne avrebbe mai parlato, soprattutto perché la giovane titanide si rendeva ben conto della modestia delle proprie nozioni circa le costumanze umane, e non si sarebbe di sicuro esposta al rischio di recare pur involontariamente un dolore alla ragazza.
Dei nove componenti il gruppo ne rimaneva uno. Nova, appunto. Cirocco riteneva che stesse facendo notevoli progressi, ma era ancora troppo impregnata di giovanile egocentrismo per accorgersi di qualcosa che sua madre si preoccupava di nasconderle. Continuava quindi a essere beatamente ignara del peccato di Robin.
Perché di peccato si trattava. Cirocco si domandava se Robin se ne fosse già resa conto, e come avrebbe reagito allorché il peso della colpa le fosse piombato addosso. Si augurava di poterle prestare un po' d'aiuto. Nutriva un sentimento di tenero affetto verso quella piccola strega.
Volse uno sguardo dattorno alla tavola ad abbracciare la sua eterogenea brigata. Voleva bene a tutti. Per un attimo si sentì prossima alle lacrime, ma riuscì a ringoiarle. Non era quello il momento. Si costrinse a sorridere, ed accettò con un'osservazione garbata il pasticcino che le veniva offerto. Serpentone arrossì di piacere. Ma Cirocco si accorse che Cornamusa la teneva d'occhio.